I POOH di PARSIFAL – TIMIDE STERZATE DI PROGRESSIVE by Jankadjstrummer

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I Pooh di Parsifal

Solo un paio di anni fa, a tutto avrei pensato tranne di dover scrivere un articolo sui Pooh, ma spesso accade che la nostalgia e le insistenze dei lettori tirano brutti scherzi; cosi ripesco un disco che bene o male ha accompagnato i giovinetti degli anni ’70 alle prese con i primi amori. Nelle feste in casa dei liceali era immancabile l’ LP Parsifal dei Pooh. La particolarità di questo disco sta nel timido tentativo, peraltro rimasto tale, di accostarsi alla nuova onda del  progressive. Questo album si compone di otto brani  melodici accompagnati dall’orchestra e da una suite di oltre dieci minuti che si ispira proprio a Parsifal, un dramma sacro di Wagner in cui la religiosità, il misticismo si coniuga con l’eroismo ma anche con i sentimenti. Proprio questa suite rappresenta per molti un bell’esempio di progressive proprio per la composizione ben articolata del  brano, in realtà non sono molto d’accordo con questa definizione perché ritengo che forse è più corretto parlare di pop-sinfonico con arrangiamenti ben costruiti che elevano la famosissima coppia “ Facchinetti-Negrini “, capaci di scrivere testi mistici e fantastici ed una buona musica pop. Ma Camillo Facchinetti detto Roby, Donato “Dodi” Battaglia, Stefano D’Orazio e Bruno Canzian in arte Red hanno sterzato solo per un attimo verso la sperimentazione, verso l’underground progressive scegliendo un itinerario molto più facile, che li ha portati ad un successo che dura da oltre 40 anni   ( è del 1968 “Piccola Katy” ). Ma veniamo alla suite Parsifal: dolci accordi di pianoforte danno il tempo alla narrazione del racconto che si diluisce fino alla ricerca dell’infinito. Il cavaliere senza macchia e senza peccato è alla ricerca del Sacro Graal, simbolo cristiano mistico che rappresenta  la ricerca del soprannaturale  e della vita eterna,  ma quando incontra la donna amata intesa come la vita terrena decide di rinunciare alla sua missione, e di concedersi definitivamente  alla sua amata (“le tue armi al sole e alla rugiada hai regalato ormai, sacro non diventerai“). L’amore terreno che si contrappone al sacro che in questo caso era la sua missione eroica. Torniamo però all’inizio del disco “L’anno, il posto, l’ora…” ha un testo direi epico, con una bella introduzione di chitarre arpeggiate acustiche ed elettriche molto ben congegnate. Il brano si compone di  due parti, la prima più eterea e sognante che è una metafora dell’amore irraggiungibile sfiorato solo per un attimo, con un lirismo straordinario che si fonde magnificamente con la musica , (“l‘anno il settantatrè il posto il cielo artico, l’ora che senso ha, d’estate è sempre l’alba, l’incontro di ogni giorno con l’immensità credo finisca qua) poi un crescendo di immagini che denota una prolungata attesa alla ricerca della bellezza da rivedere almeno per un istante in modo che possa imprimersi  e suggellarsi nella mente “suoni di vento e d’acqua che fermare vorrei… ma non c’è tempo ormai“, fino  a fondere in un crescendo corale sia con il suono che con la voce “e non dite a lei: non lo rivedrai, dite: non si sa, forse tornerà“, Ma come è accaduto per Parsifal la canzone, apparentemente semplice, è sempre in bilico tra il trascendente, il mistico e la vita reale, quella vera, quella vissuta, nella seconda parte infatti tornano le immagini nitide del quotidiano : “all’orizzonte là, il sole è un occhio immobile, è notte ma la notte qui d’estate è solo una parola” prima che un coro concluda con un bel fendente ben assestato affascinata e stanca la mia anima va, verso la libertà“.  Parlare degli altri brani che compongono questo lavoro diventa un pò superfluo: “Solo cari ricordi” è un branetto beat molto leggero che si ricorda per un assolo di chitarra finale., si ricorda ancora meno “Io per te per gli altri giorni”. Poi due ballate d’amore molto gradevoli in cui è ben in evidenza la chitarra e il piano “La locanda” e  “Lei e Lei”. La seconda facciata si apre con “Come si fa”  che si caratterizza per un bell’arpeggio di chitarra che apre il brano. “Infiniti noi” è un classico dei Pooh ben costruito per il successo di pubblico mentre in “Dialoghi” è molto bella la chitarra arpeggiata che poi diventa sottofondo del canto. Credo che le due perle del disco, l’apertura e la chiusura  valgano ad annoverarlo come l’unico lavoro dei Pooh meno commerciale, più di ricerca che la premiata azienda sia riuscita a sfornare. Un album romantico, epico che lavorando sulle immagini prova a descrivere emozioni e stati d’animo ancora sinceri.

JANKADJSTRUMMER

 

I POOH di PARSIFAL – TIMIDE STERZATE DI PROGRESSIVE by Jankadjstrummerultima modifica: 2020-05-28T19:30:06+02:00da giancarlopellegrino