gli approdi sono quelli che ci mancano di più il cammino per se stesso stanca le muscolature più allenate e l’orizzonte che gira gira è sempre lo stesso in forme diverse schiacciate dal quel cielo indifferente che tutto sovrasta osservando amorfo le nostre follie scuotere gli animi e i corpi a perdere consumati dall’uso e dalle vane speranze nelle chiese e nelle fabbriche nelle scuole e nei bordelli negli ospedali e nelle discoteche nelle bevande e nelle droghe basterebbe poco in fondo un approdo armonico nel quale fondersi e sfumare dolcemente perdendo coscienza e acquistando sostanza evaporando come particelle mano nella mano
Mese: maggio 2022
Mi perplimo
Che poi alcune volte , assumendo la posizione classica del pensatore, ti chiedi: ” ma chi cazzo m’o fa fà?”
Delirato molto anni fa. Giuro, non facevo uso di droghe.
un respiro lieve e una piega del viso atteggiata a sorriso…
il traffico mi coinvolge e mi conta tra le sue fila inconsapevolmente arruolato…
stringo lievemente il volante e fisso il retro della strana cosa davanti a me fatta di cristallo, ferro, plastica, con fluidi che la percorrono e un cuore caldo che brucia aria e trasforma una semplice idea in moto…
di lato dei campi, sono offuscati dalla bruma come un dipinto leonardesco e come esso sfuggono via senza che si riesca realmente ad afferrarli…
si, afferrare realmente qualcosa, quello stupido attimo che mi sta trasportando lontano da me e dalle cose tutte come un pallone aerostatico al quale resto appeso, colorato fantoccio, assurdamente fiducioso della mano che mi agita…
e il vento spazza l’aria e confonde le idee agli sparuti passanti ancora assonnati e già avvelenati dagli impegni del giorno…
e volo via in un eterno spazio nel quale sono leggero, etereo finalmente completo…
e mentre sono lì che svolazzo su tutto il paesaggio e vedo case piccole e il mare e il fiume e il nastro grigio delle strade e gli alberi verdi e i campi sfumati…
un rumore insistente, provocante, cattivo mi getta a terra, mi richiama follemente a quella che in modo ridicolo chiamiamo realtà e l’immagine sullo specchietto retrovisore mostra un signore sconvolto dalla mia presente assenza, è molto agitato si muove e credo che urli attraverso i vetri che ci separano…
sorrido furbescamente, innesto la prima marcia, sollevo lentamente il piede sinistro, spingo il destro, sento stridere le gomme, ecco sono in marcia insieme a tutti gli altri e insieme a loro vado alla ricerca della fine di questa giornata che mi sta aspettando con perfida pazienza…