Si si, penso di si, annuisco enfatizzando come un coglione, che in fondo ci sono portato.
E poi mettersi di nuovo a pensare lo trovo troppo faticoso e soprattutto inutile se non per contribuire al surriscaldamento generale.
Meglio barcollare così durante il giorno e soccombere la notte sotto il ticchettio forte del meccanismo temporale, in balia dei sogni che ti prendono per mano e ti sgrullano come un panno alla finestra.
Il paesaggio con la nebbia, la vecchietta in bici con le mollette sui pantaloni alle caviglie, quel pelo fulvo umido tra le cosce, un bavero alzato, un bacio smozzicato, le cime di una nave in partenza, il rombo di un jet a doppio compressore con camera di combustione e vista sul mare.
E il vento in spiaggia, il caldo, la pioggia, le corse nel bosco, l’affanno e il pianto soffocato.
Riecco Lupa che ulula al cielo coperto con una velatura di zucchero filato…
Mò basta.