Sproloquio delirante forse n°1

E lui le parla di stelle quando avrebbe voluto leccarla e lei che finge di capire stordita dal feromone e dal freddo un cane che piscia indifferente e un gioco di parole assurde sulla testa scoppiata di un barbiere che non può radersi da solo una sirena lontana con gente in divisa o in camice in fondo non cambia molto nemmeno per quel cielo indifferente che osserva e tossisce affumicato pure lui indeciso sul da farsi che tanto è uguale prima o poi tutto finisce anche sto sproloquio meglio prima d’accordo ma il fatto è che siamo uno scherzo di natura con una iper-coscienza di se che ci porta a credere di essere unici e importanti quando si tratta solo di molecole ben combinate ma non per questo meno insignificanti e basta un attimo un attimo solo, qualora il tempo esistesse.

Hermann

Siamo seduti in un locale un po’ confusionario e io sono già abbastanza stordito di mio.
Hermann parla parla e parla. Qualcosa starà dicendo, faccio solo finta di seguire il fiume torbido delle sue parole annuendo e soffiando aria dalla piega delle labbra atteggiate a ghigno.
Anvedi quella, che fica! praticamente urla costringendomi a seguire il suo sguardo che si scontra con un essere più basso che largo, privo di collo, con baffi neri, un occhio puntato sul soffitto e l’altro che ci scruta malizioso.
Ma chi? chiedo inorridito aspettandomi già il peggio.
Che patacca. continua lui con un luccichio strano all’angolo della bocca.
Ma che sta a sbavà?
Ho capito me stai a pià per culo. E abbasso lo sguardo sul mio piatto colmo di un qualcosa che non identifico. Cinese, Giapponese o frittata alle erbe multicolorata e senza dubbio bruciata?
Che cazzo ci faccio qui? E come ci sono arrivato?
Bevo che è meglio, birra artigianale Ritual Lab giù a fiumi. Forse c’è uno sbalzo di tempo, non so.
Lui riattacca. E quella? Mi volto e vedo una donna, più o meno piacente, diciamo passabile va.
Dico. Boh, si, niente di che. E butto giù liquido.
Come gnente de che? E’ bonissima oh. Che cià che nun te piace?
A Ermà nun o so, nun è er tipo mio.
Nun è er tipo tuo? E che cazzo vor dì? Daje! dimme na cosa che proprio nun te piace de questa.
Forzato torno a guardarla. Ehh bohh le caviglie.
Le caviglie??? Sbraita attirando l’attenzione di tutti gli altri avventori che ora vedo storditi anche loro. Oppure è l’effetto doppler della birra e di qualcosa che ho preso prima di entrare in quell’inferno.
E che cianno ste caviglie?
So un po’ grosse. Azzardo anche poco convinto e ormai rassegnato con la testa piegata sulla frittata.
Ma che cazzo te frega de cavije? Una gamba di qua e una gamba di là e vai. Bum Bum Bum Bum.
Accompagnando con il corpo il gesto di gettare le gambe della sventurata sulle rispettive spalle di lui e muovendo le pelvi sulla sedia di certo non progettata per sopportare quello sport sopra di lei.
Okay Ermà annamo! Scatto in piedi, metto soldi in modo spropositato in mano al ragazzo del posto che ci blocca l’uscita e mi fiondo fuori. Hermann mi segue bofonchiando qualcosa.
Lo convinco promettendogli pizza e mortadella da Roscioli. Intanto scandaglia intorno a noi alla ricerca di femmine da impalare mentalmente.
Dio che arsura, birra please.

Non lo leggete

Thomas Mann
La montagna incantata (1924).
Diviso in due volumi, è un romanzo pericoloso. Fa star male fisicamente.
La malattia, il tempo, il sentimento presunto, la bellezza e la rinuncia alla vita, il crogiolarsi nell’essere accudito, il far parte di una comunità, lo scontro di idee e ideologie, l’amore perso o peggio mai avuto, l’amicizia, il duello, la guerra.
Leggendo, vivi le stesse emozioni del protagonista. Stanchezza cronica e sonno che sfocia in incubi angoscianti e fastidiosi. Non ti fa pensare, lo fa per te.
Sentirsi male è meglio che stare bene, più completo.
Cosa c’è di più facile se qualcuno si occupa di te e ti accudisce come nell’infanzia? Quando tutti ti dicevano cosa fare  e come vedere le cose.
Accettarlo di buon grado era la cosa migliore, più comoda per tutti.
Ora però misuro la febbre anch’io.
E’ l’instabilità della vita e di quando il tuo umore dipende da un buongiorno smozzicato o da una nuvola che passa.
Sale la pressione, sale la temperatura quando sei in balia delle cose intorno a te e perdi stabilità.
Sei sferzato dal vento e dagli eventi e dalle persone che ti guardano le scarpe o ti carezzano con gli occhi salutandoti.
Continuo a leggere, da pag. 302 a 316 assoluto capolavoro.
Nel secondo volume la morte si fa viva, dalla minaccia alla concretezza.
I mille pensieri e le filosofie espresse dai protagonisti, tutto vero e tutto falso al tempo stesso.
Fatali illusioni  che dividono e minacciano la bolla del sanatorio del romanzo e il mondo intero.
Fino a farlo scoppiare.
E’ un bene?
E’ un male?
Poco importa, si resta lì ad ammirarlo.
Incantati.