Recensione della Saga di Prydain di Lloyd Alexander

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Taran non vuole essere un semplice Assistente Guardiano di Maiali, ma sogna la vita di un eroe, con potenti spade e mille avventure da affrontare. Invece deve occuparsi di un maiale di nome Hen Wen nella fattoria del mago Dallben che lo ha cresciuto insieme aColl. Una vita che il ragazzino considera piatta e spesso ingiusta. Tutto ciò fino a quando il maiale scappa spaventato e Taran, per recuperarlo, inizia una delle più straordinarie avventure mai avvenute a Prydain, la terra dove l’autore, Lloyd Alexander, intreccia la fantasia e molti elementi noti della letteratura gallese. Una serie di eventi che ruoteranno proprio intorno al maiale, dotato della capacità di vedere nel futuro.

Le avventure di Taran non mancheranno di difficoltà e ripensamenti, tanto meno di esseri creati o assoggettati dall’oscuro signore di Annuivin, Arwn: la sua sete di potere e malvagità minaccia la pace di tutta Prydain che vorrebbe vedere sotto il suo indiscusso dominio. Una presenza malvagia che già da tempo ha sottratto a tutti gli uomini molti dei segreti legati ai mestieri più noti e che ora vuole completare ciò che ha lasciato in sospeso. Lungo il cammino il giovane Assistente guardiano di maiali si scontrerà con  iFigli del Calderone, creature immortali nate dal famoso Calderone Nero, scapperà dagli uccelli spia, i Gwythaints, e dovrà vedersela con gli inganni della bella e potente Achren, un tempo consorte del malvagio Arwn.
Ma come ogni eroe che si rispetti, anche Taran troverà degli aiuti lungo la strada spesso ispida e crudele. Come Gurgi, un essere strano fatto di foglie e rami, il re bardoFflewddur Flam e la sua arpa che non gli permette di dire troppo bugie al suo intrepido proprietario o il finto burbero Doli del Popolo Fatato, alle prese con la voglia di rendersi invisibile. Ci saranno anche incontri significativi per la crescita del ragazzo che alla fine troveremo uomo, come quello con Gwydion, principe della casata dei Figli di Don, un mentore e un esempio per il giovane Taran, e quello con Eilonwy, la bella principessa maga che non vuole diventare una dama e che spesso esaspera il nostro eroe.
Quella di Taran è l’avventura di ogni eroe: ci sono obiettivi e missioni, ci saranno sbagli e lezioni da imparare, ma anche tanta consapevolezza che niente è impossibile se si ha degli amici pronti a tutto.

È un fantasy scritto negli anni ‘60/’70 forse poco conosciuto, specie in Italia dove reperire i testi in formato cartaceo è diventata essa stessa un’avventura, ma se siete fortunati cercate questi cinque volumi, spesso raggruppati in due grandi libri:
-LA SAGA DI PRYDAIN (Il libro dei tre; Il calderone nero; Il castello di Llyr)
-TARAN DI PRYDAIN (Taran il girovago; Il sommo re).

Una saga adatta ai più giovani, forse, ma credo che ogni amante del genere letterario dovrebbe leggere e che può insegnare qualcosa anche ai più grandi. Perché Taran diventerà quell’eroe che ha sempre sognato senza saperlo, e attraverso prove non proprio eclatanti, ma vere e che lo forgeranno soprattutto come uomo in quella che scoprirà essere l’avventura più grande: la vita.

“…ci sono delle occasioni in cui la ricerca importa più di quello che si riesce a trovare.”
(Dallben- Il libro dei tre)

Riuscirà un semplice ragazzino a cambiare il suo destino e a riportare la pace in una terra fatata e minacciata dal male? La risposta sembra scontata, ma il cammino non lo è altrettanto.
Quindi, cosa aspettate? Percorrete anche voi le strade di Prydain insieme a Taran!

Recensione “Il rumore del pallone sul cemento” di Dario Santonico

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Chi trova un amico trova un tesoro”.
Sembra una frase consunta e spesso di poco valore, ma in questo caso non potrebbe calzare meglio. Perché, tra le pagine di “Il rumore del pallone sul cemento”, edito presso Bookabook, di amicizia e del suo valore inestimabile ce n’è a iosa.

Protagonisti sono i due bambini prima, e due adulti poi, Domenico e Giulio che si incontrano da bambini un po’ per caso e un po’ per gioco, ma non c’è nulla di finto in ciò che si instaura fra loro. Un legame forte che si consolida nel tempo, perché seppur questi due ragazzi siano diversi, seppur con storie alle spalle che dovrebbe allontanarli, Domenico e Giulio portano avanti la loro amicizia come un trofeo da esibire senza fronzoli o macchinazioni, ma solo perché c’è dell’affetto vero come collante. Li conosciamo da bambini, li sbirciamo da adolescenti e li ritroviamo da adulti quando, come un po’ tutti noi, affrontano le amare spine della vita, quella vera che graffia e ti lascia i segni sul cuore. Un legame forte, come spesso si crea tra chi ci si riconosce a primo sguardo come proprio simile.

È questa una storia che mettere in risalto i sentimenti veri a autentici dell’amicizia, che ci mostra come il tempo non scalfisce ma spesso anzi rafforza i veri legami, quelli che non hanno bisogno di pubblico né di spettatori. Un racconto che mette a nudo le fragilità umane e allo stesso tempo il coraggio di coltivare l’amicizia come un raro e prezioso fiore.

Dario Santonico, il giovane autore di questo romanzo, in questi mesi ci ha portato prima a essere curiosi sulle vicende di questi giovani protagonisti e i lettore ben presto si tufferà in una storia reale e fresca come solo chi conosce i veri valori può trasmettere.

Buona lettura.