LaBisbeticaDora

Recensione "Jane Austen si racconta" di Giuseppe Ierolli


Jane Austen: lettrice, scrittrice, ma soprattutto una ragazza con una grande passione.

Ironica, divertente e, a tratti, puntigliosa: per me questa è sempre stata Jane Austen. Una scrittrice che cerca di dare vigore a un mondo considerato troppo superficialmente; una donna che incanta con parole e personaggi, un’autrice che fece della sua più grande passione la sua ragione di vita. “Niente donne perfette” avrebbe detto lei stessa e, infatti, Jane non lo era, per nostra grande fortuna.

Di Jane molti ne hanno parlato, tantissimi continueranno a farlo. Ci sono libri, ci sono film, ci sono tentativi di emularla in romanzi che prendono spunto dalle sue opere, ma ben poca ombra è rispetto alla luce delle sue opere. Di lei si sa solo ciò che lei stessa, nella corrispondenza con i suoi parenti, lascia intravedere ed è comunque poca cosa. La sorella Cassandra provvide, dopo la sua morte avvenuta nel 1817, a distruggere molte lettere personali, forse quelle relative a fatti e situazioni che non si voleva far trapelare.L’autrice di Orgoglio e Pregiudizio o e di Emma, però, doveva essere qualcosa di più di quella che traspare nella biografia redatta dal nipote, ben attento a non mettere in cattiva luce nessuno.

Tuttavia, il libro a lei dedicato da Giuseppe Ierolli, ci permette di scavare molto più in profondità di quanto non appaia in superficie. “Jane Austen si racconta” (Edizioni Utelibri) è il tentativo ben riuscito di ricostruire la vita di una ragazza prima, e una giovane donna poi, che voleva scrivere e amava i libri; un lavoro che ci mostra una Jane dedita alla famiglia, amorevole con i nipoti e legatissima alla sua amata sorella Cassandra, dove tuttavia traspare quel vezzo ironico che ritroviamo nei suoi romanzi.

Il libro di Ierolli è un susseguirsi di epistole, e il loro commento, dalle quale si scorgono squarci di vita quotidiana, la stessa che traspare nei suoi lavori. Jane Austen non ha mai scritto di ciò che lei stessa non padroneggiava, ritenendo saggio non compiere voli di fantasia quando il materiale a cui attingere è ben fornito di esempi. Lo consiglia lei stessa alla nipote Anna, anch’essa in procinto di scrivere un romanzo:

“Lascia che i Portman vadano in Irlanda, ma dato che tu non sai nulla delle Usanze di laggiù, faresti meglio a non andare con loro. Correresti il pericolo di fare descrizioni inesatte. Resta fedele a Bath e ai Forrester. Là sarai a casa tua.”

Un consiglio molto rilevante, perché rispecchia il suo stesso stile, le sue stesse scelte. Jane non farà mai l’errore di parlare di qualcosa che lei stessa non avesse potuto ascoltare e considerando che lei non scriveva fantasy la sua scelta credo sia molto azzeccata. Quello che aveva le bastava; tutto ciò che la circondava era fonte di ispirazione. A proposito non posso non ricordare un passo contenuto in Emma, che in qualche modo può essere applicato alla sua scrittura: “Una mente vivace e serena può farlo senza vedere nulla, e nulla di ciò che vede non la interessa.

Da quest'opera il lettore può delineare la figura di una ragazza che scriveva abusando delle maiuscole, che apprezzava i doni del fratello marinaio tanto da includere l'episodio in una scena di Mansfield Park; emerge una donna in ristrettezze economiche e il suo mondo che ruotava sulla dipendenza da gli altri, ma anche un'attenta osservatrice dei caratteri.

Sicuramente questo libro può trovare accoglimento soprattutto negli appassionati dell’autrice: non senza un pizzico di presunzione posso dire che solo chi ha amato Persuasione o Mansfield Park, solo che ha riconosciuto la sua abilità ironica in Northanger Abbey, può essere attratto dalle minuzie di una donna normalissima che parlava di sentimenti forse perché non aveva potuto esprimere i suoi, una scrittrice che ci regala descrizioni superbe anche di personaggi subdoli come Mr Collins.

Il lavoro è magistrale e, dopotutto, l’autore Giuseppe Ierolli è il massimo esperto dell’Austen in Italia. Dietro a questa ricostruzione si intravede la passione del lettore di Jane prima che l’autore di un libro a lei dedicato.

Mi piace pensare che la mia cara scrittrice oggi riderebbe di noi che ne facciamo un tale elogio, apostrofandoci con la sua solita ironia, che non abbandonò mai il suo modo di scrivere. Il suo stile, lei ne era consapevole, poteva non piacere, ma ciò non la portò mai a conformarlo a quello che era il gusto degli altri. Lei stessa lo dice. In risposta alle sempre più pressanti richieste del reverendo J.S. Clarke (bibliotecario della tenuta del principe reggente) circa alcuni consigli di futuri protagonisti dei suoi lavori, Jane replica che: “No – devo mantenere il mio stile e andare avanti a Modo mio; E anche se non dovessi mai avere successo in quello, sono convinta che fallirei totalmente in qualunque altro.

E visto che ancora oggi noi parliamo di Elisabeth Bennett e Emma Woodhouse la scelta è stata vincente.