Recensione “Storie complicate di donne normali” di Franco Feliciani

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“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai (Oriana Fallaci)”. Così si potrebbero descrivere le otto donne di questa raccolta di racconti, ma si avrebbe comunque l’impressione di dire poco su di loro.
A raccontarci la loro normalità in contesti spesso non facili è l’autore Franco Feliciani in “Storie complicate di donne normali”, edito presso la casa editrice Le Mezzelane.

Il lettore scopre così otto donne le cui esistenze può sbirciare dal buco della serratura e partecipare con loro a quelle che spesso sono azioni e vite davvero comuni, ma non per questo banali o prive delle difficoltà che le circonda.
Spesso le avversità sono differenti, ma portano lo stesso ad una solitudine che porta queste donne a riscattarsi. Conosciamo così Bianca, che ha dovuto ricominciare daccapo dopo il terremoto che le ha portato via la sua famiglia in “Breve ma intenso”, o Cristina in “Tutto può cambiare” che può contare solo su di sé dopo l’abbandono, senza sensi di colpa, di un compagno frivolo e attaccato al successo.

“Chi ha sofferto comprende sempre il dolore, lo conosce, lo sa ammansire e ha imparato a gestirlo”(Breve ma intenso)

Ma ancora, l’autore mette in evidenza come il dolore, la depressione e il pregiudizio siano presenze fisse nella vita delle donne che, più degli uomini, devono dimostrare il loro valore in una società che le vuole spesso solo madri e figlie, e mai donne in carriera o donne libere; dove l’uomo, spesso ma non sempre, è la causa di questi malesseri, come per Alisa, che dà il nome al quinto racconto, una figura quasi di passaggio in questa storia dove affronta la violenza familiare come un fardello che deve sopportare senza ribellarsi.

Il messaggio però non è per nulla negativo una volta raggiunta la parola Fine, ma anzi si respira la speranza con la quale Franco Feliciani intinge le sue storie, per trasmetterci che le soluzioni partono da dentro di noi se lo vogliamo.

Tutto può cambiare, anche un destino che pare sprofondato nell’ombra”(Tutto può cambiare)

Storie di donne semplici, dunque, quotidiane se ci si sofferma a riconoscersi in una o nell’altra, dove la normalità è l’unico ornamento che esse indossano, insegnandoci come questo basti per essere delle persone speciali.

Recensione “La vita e così sia”- Giuseppe Zanzarelli

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Per trovare un po’ se stessi occorre leggere e leggere poesie. Ne sono da sempre consapevole e la silloge “La vita e così sia”ha confermato ciò.

L’autore è Giuseppe Zanzarelli, poeta e scrittore de Le Mezzelane, che sa sprigionare, attraverso l’inchiostro, parole profonde e significative, istantanee di una vita che ci portiamo dentro, spesso chiusa in gabbie di convenzioni. Ogni poesia ha una storia, un nucleo proprio che racconta i sentimenti e i pensieri.

Troviamo interrogativi esistenziali, che scandiscono il tempo sia dentro l’anima che fuori:

“È forse vita l’attesa senza scopo,
un treno senza sorprese,
una canzone che ti coglie […]”
(È forse vita)

Si percepisce la nostalgia di ciò che ci circonda e non possiamo avere, o che non v’è più:

“Di te ricordo la voce
e qualche sogno, […]
i tuoi occhi,
che mia vidi,
che mai mi videro”
(Di te)

Una silloge di immagini lievi e soffici come nuvole, ma intonse di emozioni forti, che creano eco nell’anima.
Un autore Zanzarelli che sa cogliere gli attimi che ognuno vive sia nell’abbandono che nel ritrovarsi, che cattura un’istantanea della propria vita, fatta dell’arte delle parole e della musica che spesso suona per noi, senza saperlo:

“Mi ritrovo qui, tra i rami del luppolo giovane,
tra i poeti che cantano le stagioni migliori,
tra le note e le strofe del mio maestro […]”
(Occhi dispersi nelle crepe delle strade)

Poesie, dunque, vive che ci germogliano dentro appena la voce le fa rivivere, che pongono domande sul domani e su di noi, disegnando con chiarezza ciò che ci aspetta al di là del presente:

“Si va su una strada ripida e sconnessa,
che da dentro appare lenta,
e nessuno conosce la propria fermata,
magari un dolore procura ansia,
poi passa, si sogna l’eternità […]”
(Si va…)

Poesie, sì, parole, certo, ma non è solo questo. C’è tanta forza in quest’opera, in ogni sua pagina che racconta un po’ dell’autore e un po’ di noi, se saremo così attenti da saper cogliere le similitudini.

Buona lettura.

Recensione Antologia del 2° concorso “La pelle non dimentica”

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La violenza in generale, quella sulle donne nello specifico, è una realtà palpabile, che attanaglia la nostra società. Si può fare molto per fermarla, sopratutto educando le nuove generazioni.

Questa antologia è il risultato del II° Concorso de “La pelle non dimentica“, indetto dalla Casa Editrice Le Mezzelane: una raccolta di racconti e poesie che interpreta questa triste realtà della violenza spesso casalinga contro le donne.

Nelle sue pagine si legge delle difficoltà psicologiche e fisiche che sono alla base delle violenze vere e proprie: ci si addentra nel mondo nascosto del dolore di tante donne che spesso hanno paura di parlare.

La casa editrice Le Mezzelane con questa antologia vuole contrastare questa triste realtà,  attraverso la lettura e la diffusione dell’opera.

Il ricavato sarà devoluto ad Artemisia Centro Antiviolenza: un’associazione fiorentina che offre consultazioni  e sostegno per donne che si trovano in difficoltà.

Recensione “Le streghe di Salem” di B. Sebastiani

Tremate, tremate, le streghe son tornate!” …o meglio ancora, sono appena uscite allo scoperto. Non vi aspettate però le famose scope volanti, i nasi adunchi o qualche calderone fumante: solo i fatti, crudi e veri così come Madama Storia ce li ha trasmessi e che Bruno Sebastiani ci riporta nel suo libro “Le Streghe di Salem”, edito presso la casa editrice Le Mezzelane.

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Con una narrazione che vuole avvicinarsi al lettore moderno ed evidenziare come spesso anche un resoconto ufficiale nasconda più di quanto dica, l’autore ci invita a sbirciare nel puritano villaggio di Salem, anno del Signore 1690. Anche a chi non è avvezzo al mondo di streghe e Inquisizione sarò capitato di sentir parlare di quella piccola comunità che è diventata, nei secoli, la culla della magia e la sede di eventi strani e sinistri.

Ha tutto inizio quando in quel villaggio timorato da Dio e beffeggiato dal diavolo, alcuni eventi allarmano una comunità improntata sul dominio dei sensi e l’abolizione dei divertimenti.
Prima due, poi un piccolo gruppo di ragazze cominciano a comportarsi in maniera strana: convulsioni, versi animaleschi e sguardi vacui disturbano la loro serenità. Al primo silenzio imposto dal pastore del villaggio segue una denuncia per stregoneria che coinvolge magistrati e altri funzionari, tutti apparentemente uomini in grado di far fronte a un evento del genere, ma che ben presto si ritrovano se non complici, quantomeno coinvolti in quella che l’autore, ne è convinto, sia solo un’isteria collettiva, dettata da menti ignoranti e ristrette, che temono a tratti più le chiacchiere che il tanto decantato dio.

“Questo ci porta a riflettere su come il vivere in una comunità ristretta,tanto in termini fisici quanto come ampiezza di vedute, comporti un pedaggio esorbitante per il vivere stesso, nel senso che è più doloroso che un fatto compromettente si risappia e più è facile che ciò avvenga”

Basta, infatti, che una delle presunte ragazze –troppo piccole per prendere marito, troppo grandi per dirsi completamente innocenti- affermi di aver sognato qualcuno che stava per consegnarla al maligno che il poveretto sia colpevole senza dubbi. Accuse fatte di aria, insomma, dove non esiste difesa ma solo accusa: sono 144 i presunti alleati di satana, 54 dei quali troverà una morte senza un equo processo. Una carneficina che sa di tiro a bersaglio, dove le freccette porteranno solo ad una normalità apparente che poggia su morti innocenti e sensi di colpa tardivi.

Il lavoro di Sebastiani si pone l’obiettivo di riportare le fonti a disposizione e analizzarle nel quadro storico che ne fa da cornice con un tono spesso ironico e oggettivo, che forse non sarebbe stato male avessero anche i magistrati delle vicende narrate.

Affrontare la Madama Storia non è mai semplice, specialmente se il lettore può dirsi un “non appassionato”: questo lavoro dimostra come un’ottima narrazione, scevra della pedanteria linguistica dei secoli, possa avvicinare i più scettici e incantare chi non è a digiuno di fatti simili.

Recensione “Storie del secolo breve”- Alberto di Girolamo

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È come vedere una foto animarsi, poter ascoltare le voci e i suoni del passato senza spostarsi da casa. Questa è l’impressione che si ha leggendo “Storie del secolo breve” di Alberto Di Girolamo, edito presso la casa editrice Le Mezzelane.

Quattro le storie, quattro i micromondi narrati in una Sicilia contadina, fatta di lavoro e privazioni, di mestieri dimenticati e riti dispersi nel tempo. Come quel fidanzamento combinato di Paolino e Rosaria che sembra non poter avere un esito positivo in vista dell’imminente leva miliare. Si può quasi spiare nella vita quotidiana di una giornata tipica, quella delle persone normali; si respira l’aria dell’attesa e dell’incertezza prima dello scoppio di una guerra che sembra promettere solo cose buone, solo conquiste e niente fastidi; si ascoltano le chiacchiere di persone riunite per farsi la barba ma che parlano di politica e cercano di convincere gli altri delle proprie idee; si può palpare la voglia, quella di Paolino, di non farsi travolgere dagli eventi, ma di dominarli a tutti i costi.

Oppure si può capire la miseria del post-guerra girovagando alla ricerca di cibo con Vito, detto l’Asino. Un personaggio ingenuo, dalla mente semplice che non chiede altro che poter mangiare, che divide il mondo in cose “del Signore” o del “diavolo”, che vive alla giornata. Una purezza d’anima che tuttavia non lo proteggerà dagli scherzi della noia di chi vede in lui solo un poco di buono.

In queste pagine si dà voce anche alla fuga di contrabbandieri e alla legge che vuole la sua rivincita nelle gesta di Tano: emerge la speranza, da sempre l’ancora di salvezza nel sorriso dell’essere umano davanti alla prospettiva di una nuova vita.

Si finisce per conoscere anche il viziato Romeo, il presunto riscatto di una famiglia tutta al femminile che si rivela ozioso e cinico, che coltiva l’unico mestiere che non lo affatica: quello del casanova.

“Oltre allo sparviero che ghermisce, sapeva essere all’ occorrenza l’allodola che lusinga, l’usignolo che incanta, il pavone che abbaglia”.

Un mestiere poco redditizio, che lo porta a sacrificare l’amore di una donna che lo venera pur di non perdere i suoi agi.

Sono racconti veri, sono istantanee che la nostra memoria non ha conservato, ma che hanno gettato le basi per quella vita che molti di noi conoscono.
Nelle parole dell’autore c’è un’esperienza fatta di ricordi e memoria, un invito a camminare assieme a lui per una Sicilia bella e antica dove il dialetto ha la forza delle radici; una terra di lavoro e fatica, di onore e rispetto sicuramente, ma venata di amore e speranza.