—Sì, vedo gente in parata, in questo modo, con tacchi e infradito per strada, e cosa vuoi che dica, c’è parte del suo messaggio che genera già rifiuto.

“Quale parte del messaggio?”

-Le tue.

“Sì, ma quale.”

—Beh, sono gay e i loro diritti …

“A proposito dei tuoi diritti?” Vediamo se ho capito: per vedere un gruppo di persone in un perizoma per strada, c’è qualcosa in te che non prende più sul serio i loro diritti, vero?

“No, vediamo, non è nemmeno quello …”

“È quello che mi hai appena detto.”

“Non mi stai capendo … parlo delle forme …”

“No, scusa, sei tu che non lo capisci.” Spiego: per me, per essere una frocio, anche se sono vestita “come al solito” per strada e senza musica o danza, è possibile che il mio viso sarà rotto  perché va di pari passo con il mio ragazzo. Quindi, gratis. Il mio diritto di camminare mano nella mano con il mio ragazzo senza farmi dividere la faccia, lo rivendico ogni giorno dell’anno. Ma il giorno della parata dell’orgoglio è una festa, e come festa, invece di vestirmi mentre vado al lavoro, mi vesto come voglio davvero. Se ricordo bene, tu e i tuoi colleghi del Carnevale due anni fa vestiti da suore-puttane, con calze con giarrettiere e mutandine rosse sotto l’abitudine. Non ricordo di aver pensato: oh, beh, lì i tuoi diritti stanno già iniziando a macinare. Perché? Perché capisco che i carnevali sono una festa, esattamente come lo è l’orgoglio. L’unica differenza è che tu nei Carnevali non devi ricordare al mondo che, oltre ad avere il diritto di divertirti nel modo più bizzarro che ti viene in mente, non meriti di essere picchiato gratis andando di pari passo con la tua ragazza. E finché non lo capirai, non capirai che l’orgoglio deve essere così com’è.