Per essere una mamma green (o quasi)

Sono sempre stata un po’ “green”, fin da ragazza credo, in realtà mi definivo semplicemente “antiquata” o “come mia nonna”, perchè ho sempre amato le tradizioni e lo stile di vita di una volta, semplice, a contatto con la natura, apprezzando i racconti della madre di mio padre, i suoi insegnamenti, i suoi regali.

Nel tempo, un po’ per le conoscenze acquisite, per le nuove persone incontrate sulla mia strada (anche virtualmente) ed altre esperienze di vita che mi hanno dato tanto, diciamo che sono “peggiorata” e diventata ancora più pignola in questo senso, soprattutto in alcuni campi.

In sostanza vorrei riassumere cosa si può fare per essere “abbastanza green” (dico abbastanza perchè la perfezione non esiste, non può esistere!), per far del bene alla propria persona, alla famiglia, all’ambiente; naturalmente il troppo stroppia, diventa difficile star dietro proprio a tutto, a volte impossibile per motivi di lavoro, di organizzazione famigliare, di luogo in cui si abita, ma si può fare comunque tanto e tutti insieme ancora di più.

  • Intanto si possono abbattere gli sprechi: vestiti riciclati dei fratelli o degli amici per i bambini, idem lettini, passeggini, molti libri e giochi;
  • ancora meglio se acquistate una fascia rigida, che solitamente va da zero a 18 kg, si lava con il bucato di tutti i giorni, non ingombra, non deve essere smaltita, costa come un passeggino ad ombrello (e molto meno di un trio dei più scarsi) ma serve davvero a soddisfare le esigenze di mamma e bambino ed è in fibre naturali;
  • allattare i bimbi e a lungo: il latte della mamma va sempre bene, protegge molto di più dalle malattie, non servono ciucci, biberon, scaldabiberon, latte artificiale (che influisce ovviamente sull’ecosostenibilità);
  • fare autosvezzamento: il bambino mangiando il nostro cibo ci aiuta ad essere più attenti nell’avere un’alimentazione sana per tutta la famiglia e senza acquistare omogenizzati ed altri prodotti confezionati si aiuta nuovamente il pianeta;
  • acquistare prodotti biologici, ma soprattutto a km zero, dal contadino vicino a casa, ai GAS  o anche al supermercato, ma prediligendo prodotti locali o perlomeno italiani!
  • bere l’acqua del rubinetto e cercare di ponderarne il consumo, come già evidenziato nel mio articolo.
  • preparare dolci fatti in casa, per la merenda, la colazione… così non avranno coloranti e conservanti e molto altro (a casa mia ad esempio vanno a ruba i muffin, che ho anche fatto in versione vegana);
  • usare i pannolini lavabili, se possibile anche di notte (ma a volte dipende proprio da bambino a bambino): un pannolino U&G impiega circa 500 anni a decomporsi, quindi è immaginabile quanto inquinamento ambientale si crei per ogni piccolo essere umano;
  • per la casa usare aceto, bicarbonato, acido citrico e altri detergenti il più possibile ecologici per pulire, lavare i piatti o in lavatrice;
  • organizzarsi per le commissioni in paese in modo da non usare la macchina: a piedi con i piccoli in fascia e i grandi per mano, o bicicletta per tutti, fa bene al pianeta, ma anche alla forma fisica;
  • per il corpo usare burro di karitè e olio di mandorle come idratanti per tutta la famiglia, saponi di Aleppo e Marsiglia e pochi altri di uso quotidiano facendo attenzione all’INCI e sperimentando anche shampoo alternativi come acqua e bicarbonato o acqua e farina di ceci (che è ottima anche per molte altre ricette di bellezza);
  • usare l’henné per tingere i capelli: costa poco, è naturale, ci sono diverse colorazioni e rinforza ed illumina i capelli, a casa in poche ore.
  • scegliere attività per la domenica e l’estate che siano all’aria aperta, in montagna, in campeggio, al fiume, perchè i bambini hanno bisogno di sperimentare, sporcarsi, osservare animali, insetti e fiori e soprattutto stare in compagnia di altri bambini;
  • per i regali ai più piccoli scegliere giochi di legno, educativi, creativi ed evitare quelli rumorosi, luminosi ecc. che implicano l’utilizzo di pile e spesso rendono i bambini troppo eccitati; meglio ancora un libro da leggere insieme per farsi le coccole prima della nanna e iniziare ad appassionare alla lettura.

Ecco qua i miei spunti… e voi cosa fate per essere “abbastanza green”? Attendo i vostri suggerimenti!

Come nascono le mie fasce porta bebè… e il loro nome

Come ho già accennato nel mio presente articolo “Mi sono reinventata” non è stato facile trovare il tessuto a trama diagonale e l’investimento iniziale per le fasce porta bebè non è stato nemmeno dei più irrisori, per le mie tasche insomma.

Vorrei però spiegare, soprattutto dopo che qualcuno mi ha detto che le fasce non le faccio io, come nasce davvero una fascia porta bebè artigianale, quale lavoro c’è dietro a quello che sembra solo un lungo pezzo di stoffa.

Intanto mi sono arrivati rotoli da 11 metri, grossi e pesanti con cui ho praticamente invaso la cucina. Man mano che ho potuto in termini di tempo, li ho srotolati e lavati a 30/40°, con detersivo ecologico e senza ammorbidente, tenendo presente che in lavatrice ce ne sono stati non più di 2 per volta (ne avevo 16!).

Poi ho steso il tessuto, che nel frattempo si è ristretto di circa un 8% e una volta asciutto mi sono fatta aiutare a piegarlo per fare una pila ordinata.

C’è anche da dire che già in precedenza avevo fatto un po’ di calcoli per capire quanti metri di stoffa ordinare, in quanto, in base alla misura e poi al successivo restringimento del cotone, dovevo capire se ci sarebbe stato dello spreco o se sarei riuscita a sfruttare al meglio tutta la metratura: ho deciso per gli 11 metri per colore perché dopo il lavaggio sarebbero rimasti circa 10 metri e 20 centimetri, con cui posso fare 2 taglie 6 oppure una 7 e una 5 e così via.

Si arriva quindi al momento del taglio in base alla misura della fascia che si vuole realizzare, abbastanza semplice e veloce, con le 2 estremità in diagonale, per aiutarsi poi a legare meglio la fascia.

Lunghissimo invece il lavoro di imbastitura a mano, girando l’orlo 2 volte, affinché risulti bello anche il rovescio della fascia (in quanto è bello anche il colore al rovescio!).

Infine si passa alla macchina da cucire, con filo del colore necessario e cucitura anche delle etichette.

Se poi ci scappa anche un ricamo? Ebbene, intanto devo cercare un disegno che mi colpisca e finora ho cercato solo soggetti che rappresentassero una coppia come madre-figlio o qualcosa di significativo per me, perché la fascia crea essenzialmente un duo che si ama e poi magari ci sta bene anche una scritta che sottolinei questo legame. Dopo di che il disegno deve essere ricalcato sulla carta velina con apposito pennarello e poi stirato sulla fascia, per avere la traccia da seguire con il filo.

La fase di ricamo è piuttosto lunga, si parla anche di 10 ore di lavoro, a seconda del soggetto e/o della difficoltà (che si traduce in quante sono le parti più piccole e la quantità dei colori da alternare) e infatti diciamo che nel vendere poi la fascia questa parte di lavoro non viene mai del tutto ripagata, ma mi appaga l’anima farlo e sapere che sarà solo per quella mamma e quel bambino, un pezzo unico mai più riprodotto (ho deciso questa filosofia al momento della realizzazione del sito).

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Terminato il ricamo la fascia deve essere nuovamente lavata per cancellare la base del disegno e poi naturalmente stirata.

La confezione non è sempre richiesta, a chi la vuole però preparo un pacchetto con scatola e fiocco in lana, allegando all’interno la stampa delle istruzioni di lavaggio e di sicurezza, più la prima legatura da fare alla nascita (anche se non è l’unica), cioè il triplo sostegno.

Poi ci sono i nomi che ho dato alle fasce: al momento dell’ordine di disegni e colori alla tessitura, ho pensato che come tutte le più note ditte produttrici dovevo dare un nome ad ogni linea e così ho avuto l’idea di associarle ad un nome di donna (perché la fascia è femmina) nonché  personaggio di fantasia di film o cartoni animati, visto il mio amore per il fantasy.

Così, in base al disegno che riportano, sono nate Pearl (la bambina del libro/film “la lettera scarlatta”), Coral (la mamma di Nemo), Ariel (la sirenetta), Minou (la gattina degli Aristogatti) e Morla (la tartaruga de “la storia infinita”) e a breve ci sarà un nuovo arrivo… ma non vi voglio ancora svelare come si chiamerà, altrimenti capirete anche quale sarà il disegno del tessuto…

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Dopo tutto ciò forse avrete capito che in fin dei conti non posseggo una tessitura (che bello sarebbe!) ma le fasce le faccio io… che ne dite? Ci metto testa, cuore, ho sempre qualcosa che mi frulla in testa… direi che è una cosa che mi appassiona davvero tanto.

Venite a trovare i miei lavori sul mio sito www.fascebebeelfadelphia.com e ricordatevi quanto amore e tempo ci va per farvi avvolgere da una fascia di Elfa Delphia!

Mi sono reinventata…

Ce l’ho fatta… è successo… o forse doveva accadere… o forse l’ho fatto accadere.

Sta di fatto che dopo più di 22 anni in un’azienda che per certi aspetti mi ha dato tanto, ma che dall’altra parte mi ha delusa e amareggiata, si è chiusa una porta e ho cercato di aprire il famoso portone…

Così ho maturato l’idea, il progetto, che mi stava a cuore da molto tempo: le fasce porta bebè.

Ho conosciuto il babywearing nove anni fa, quando alla nascita della mia seconda bimba, Elettra, mia cugina mi regalò una fascia lunga che mi cambiò letteralmente la vita: la bambina era così esigente che non potevo mai posarla e con la fascia invece riuscivo a gestirla e nel contempo a dedicarmi alla sorella grande, alla casa, alle commissioni in generale. Per me è stata davvero la salvezza, una manna dal cielo, tanto che mi sono informata sui benefici e i vantaggi del portare per mamma e bambino e non ho mai più usato un passeggino, nemmeno con la nascita della terza.

All’inizio è stata dura, nessuno dei miei familiari e amici è afferrato in questo campo, quindi ho dovuto tirarmi su le maniche da sola: cercavo una teleria nelle vicinanze (Biella è famosa per il tessile), ma nessuna poteva fornirmi il tessuto che cercavo per confezionare le fasce ad hoc, a trama diagonale in cotone 100% e tantomeno con qualche colore o disegno particolare.

Allora ho contattato una ragazza che compra tessuti del genere già da qualche anno e finalmente ho trovato il rivenditore che faceva per me.

E’ stata dura per me capire come funzionano i filati… come si predispongono i colori, che disegno scegliere, che investimento fare: già, perché non si tratta di acquistare qualche metro di stoffa, ma molte metrature! Quindi dovevo avere le idee ben chiare di cosa farne, di quale colore e disegno potessero piacere e di come inventare qualcosa di davvero nuovo ed originale per differenziarmi da altre produttrici artigianali.

Ed ecco che ho pensato di acquistare anche del tessuto tinta unita e di fare un ricamo centrale, con un punto semplice che non influisse sulla trama diagonale, che è la caratteristica che permette alle fasce rigide  di sembrare quasi elastiche, per avvolgere e sostenere bene dalla nascita.

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Nell’attesa di ricevere le metrature di stoffa, piena di curiosità per come sarebbero state dal vivo e non solo su disegno, ho lavorato sul web per creare il sito: non sono proprio una profana nell’utilizzo della tecnologia, ma a questo punto mi sono sentita davvero incompetente! E’ stato un lavoro abbastanza lungo e complesso capire come costruire i collegamenti, il negozio virtuale, i pagamenti… man mano che procedevo pareva mancare sempre un pezzo, mi veniva un’altra idea, aggiungevo, toglievo… volevo che fosse chiaro, semplice, ma anche ricco di spunti e aiuti alle mamme che vogliono comprare una fascia, ma che non sanno nemmeno perché la fascia sia così utile.

Alla fine ce l’ho fatta, o quasi… perché mi viene sempre in mente di aggiungere qualcosa!

E poi c’era da creare un logo, ordinare le etichette, le scatole per le confezioni, capire cosa sarebbe stato interessante e simpatico inserire nel pacco… mi sognavo le fasce anche di notte!

Quando è arrivato il materiale, ho preso subito ripetizioni di ricamo e di cucito dalla mia cara mamma (chi aveva mai usato una macchina da cucire??? Io no!) e mi sono buttata…

Mio marito mi ha creato un piccolo laboratorio, ormai pieno di stoffe, di fili, la macchina da cucire, il manichino… adesso c’è proprio tutto.

Ho già venduto qualche fascia tramite conoscenze e la cosa che più mi ha resa felice non è stato vendere come accade spesso in un qualsiasi negozio, dove prendi l’articolo e poi paghi alla cassa, ma dare consigli, aiutare a scegliere la misura, sentirmi ringraziare per la mia disponibilità e poi vedere le foto dei bimbi felici o beatamente addormentati nella loro fascia, cuore a cuore con la mamma, sapendo di aver regalato felicità, praticità e soprattutto amore.

Reinventarsi si può, voglio essere positiva e fiduciosa in questi nuovi percorsi, voglio credere in me stessa e in una società migliore… soprattutto perché i bimbi portati e cresciuti ad alto contatto saranno certamente adulti migliori.