Il “Made in Italy” globalizzato.

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Quante aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all’estero in nome della globalizzazione e continuano a vendere con il marchio “Made in Italy”?
Il “Made in Italy” non è di proprietà delle aziende, ma del nostro Paese.
Chi lo usa deve produrre in Italia.
Se emigra utilizzi per i vestiti, le auto, i caschi per le moto, le caffettiere, i marchi “Made in China” o “Made in Romania” e vediamo chi comprerà i suoi prodotti.
La delocalizzazione ha regalato profitti giganteschi alla Confindustria e la disoccupazione agli italiani.
In alcuni casi questo è avvenuto, come per la Romania, attraverso incentivi alle aziende provenienti dai contributi versati dall’Italia alla UE, i famosi “fondi europei”.
Ci siamo pagati la delocalizzazione con le nostre tasse…
Aziende create da generazioni di tecnici, operai, ingegneri, designer italiani non si possono spostare come un pacco postale in un qualunque luogo della Terra perché “costa meno”. In posti dove spesso non esistono controlli, garanzie, leggi, norme di tutela ambientale.
E’ necessaria subito, per bloccare l’emorragia, una legge che tolga il diritto dell’uso del “Made in Italy” alle aziende che non ne hanno diritto. Oltre al danno della disoccupazione non possiamo subire anche la beffa del marchio abusivo.