Era di maggio.

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Era di maggio.
Un popolo in marcia per dare la dignità agli ultimi.
Quelli senza un reddito, un aiuto, quelli fuori dal “giro” della politica dei papponi, dei raccomandati, degli incompetenti. Quelli che non si sono venduti.
Quelli di cui nessuno si occupa, in fila alla Caritas per un pezzo di pane, in giacca e cravatta, con la moglie e i bambini per mano, o anziani a frugare nei resti degli ortomercati per una zuppa, a chiedersi in che Stato si trovano.
Un Paese, unico in Europa insieme alla Grecia, e tra i pochi nel mondo, a non avere un reddito di cittadinanza.
Un reddito di dignità. Il popolo in marcia tra Perugia e Assisi gridava “Onestà! Onestà!”.
I turisti presenti tra Perugia e Assisi, inglesi e tedeschi per la maggior parte, guardavano stupiti e si chiedevano perché così tanta gente, circa 50.000 persone, gridasse “Onestà!”.
Nei loro Paesi era un dato acquisito.
Difficile spiegargli che la corruzione costa fino a 100 miliardi di euro all’anno, che le liste elettorali sono inquinate da ceffi da galera, inquisiti, rinviati a giudizio e perfino condannati, ma puntualmente abbracciati in pubblico da segretari di partito per un pugno di tessere.
Per la politica italiana importa solo vincere o perdere.
E’ come un torneo senza regole in cui tutto è lecito e l’onestà non è contemplata, è anzi un orpello inutile, un fastidio dei soliti moralisti che “non capiscono”, che vogliono fare perdere il partito ridotto ormai a un comitato di affari, a un guscio vuoto. a un osso di seppia.
Come se la politica si riducesse a perdere o a vincere e non al bene del Paese.
Chi gridava “Onestà!”, nonostante tutto, nonostante la fatica di vivere in Italia dove essere onesto non paga, era felice di riconoscersi negli occhi degli altri, li sentiva come fratelli, era immerso in un fiume di gente onesta, tanta, quasi inaspettata, in un Paese distrutto da annunci falsi e disinformazione vera. Un’oasi in un Paese corrotto e tutti avevano gli occhi allegri da italiano in gita.