Valerio Scanu – “Finalmente Piove” (Believe, 2016).

Non ci eravamo dimenticati di lui, soltanto messo un po’ da parte. E’ arrivato pero’ il tempo di riprendere tra le mani questo successo sanremese di un anno fa. Pop d’autore mescolato ad elettronica e senso di epica ci danno l’esattezza della condizione umana nel tempo d’attesa: essere sé stessi non è sempre facile. Ci salva la convinzione e la tranquillità. Cosi colpisce infatti il tiro alla fune tra passato e ricordo: vivere e e rinascere, al tempo della pervasione e della nutrizione d’amore femminile. Un disco qualunque, direte pure voi: ma un disco che va.

Gorillaz – “Humanz” (Parlophone, 2017).

Il 28 di Aprile è anche il giorno del ritorno dei Gorillaz,… e ti pareva (aggiungo io!). Tutti i gusti, tutti i frutti? Ni. Tutti si aspettavano un disco scaccia-sassi, scaccia-pensieri… ci ritroviamo (ma soltanto al primo ascolto pero’!) davanti ad una involuzione dichiaratamente r’n’b del progetto 3D di Damon Alborn e Jamie Hewlett. Scordatevi “Clint Eastwood”, “Feel Good Inc.”, “Stylo” e la voce dichiaratamente decadente di 2-D, l’ego virtuale alla chitarra di questi due fumettisti del rap… 20 brani e un’accozzaglia di featuring (inutili!?) rendono il nuovo concept album dei Gorillaz lontano anni luce dai demon days e dall’isola delle meraviglie di “Plastic Beach”… scompaiono i suoni midi della tastiera della Clementoni, quel senso di inutilità e di infantilismo che aveva caratterizzato la loro canticchievolezza iniziale. Da quando sono passati da “questa parte”, con le secret gig, human e on-stage… sono scomparsi i videowall, è scomparsa la realtà virtuale, le installazioni si sono uman(i)zzate e hanno perso in fantasia. Sono diventati un luogo non-luogo in cui far incontrare Blur e Oasis per una finta dichiarazione di pace Albarn-Gallagher in “We Got The Power”, sono un’apocalisse a luci spente che lascia spazio a poche voci femminili (da Jehnny Beth a Grace Jones), una involuzione tricipite del poderoso bua-ah-ah dei De La Soul e un dichiarato senso di cartoonismo che per quanto mi riguarda, possono benissimo ficcarselo dove sanno loro!

Francesco Gabbani – “Magellano” (BMG, 2017).

Fresco, goliardico, innamorato, irriverente. Il disco italiano per Kiev (Eurovision Song Contest 2017).

[…] But the true voyagers
are only those who leave
just to be leaving;
hearts light, like balloons,
They never turn aside
from their fatality
and without knowing
why they always say:
“Let’s go!”Charles Baudelaire

Si consiglia anche l’ascolto (in risalita) dei suoi precedenti “Greitist Itz” del 2014 (DIY Italia) e “Eternamente Ora” (BMG) del 2016.

Goldfrapp – “Silver Eye” (Mute Records, 2017).

Will Gregory e Alison Goldfrapp: ovvero “animali sociali” a caccia della preda nella tarda Inverness britannica. Un suono timido e minimale che racconti la voglia di riuscire, e di cambiare. Synth, piano e voce, aggregati alla produzione di Leo Abrahams, John Congleton fanno di “Silver Eye”, un disco maturo, spontaneo e graffiante nella sua “mutezza”, nella sua incapacità di emettere suoni rilevanti; una perla assoluta di questa primavera scolastica musicale. 43 minuti ripartiti per 10 tracce nate a Dallas e impiegate per conquistare un’America che non balli più soltanto al suono “stemperato” di 4 anni fa (“Tales of Us”, Mute Records, 2013), o delle hit “Black Cherry”, “Train”, “Rocket”, etc. ma che dia sostanza a quello che dice e a come lo dice. Si raccomanda l’ascolto di “Systemagic”, “Become the One” e “Everything Is Never Enough”. Tra asperità faunistiche e discese ardite, un disco diesel che verrà fuori piano piano (con convinzione).