Motorbass – “Pansoul” (PIAS, 1996).

motorbass

Pietra miliare del big beat francese, anni 90 fate largo ai Motorbass e a Philippe Zdar, mani ovunque prima ancora che fosse Air o Daft Punk mania. I Letfield e i The Prodigy, poi, mettono a soqquadro la smania di soul e funky dell’edm mondiale, fatta fino ad allora solo di maranza e di cortocircuiti techno. Le parole si reiterano fino alla noia, i bassi e la batteria la fanno da padrone: piatti, “Pansoul” è tutto questo ma anche un miracolo di patterns beffardi, blips and clicks versati con guanti di velluto e vocals che spasimano. Chic e ostentazione di benessere, la morale; “Baby wanna dance?”, il significato.

Elbow – “Giants of All Sizes” (Polydor Records, 2019).

Elbow-Giants-Of-All-Sizes

“Seven Veils” e “My Trouble” recuperano il gusto per certi arrangiamenti raffinati e cesellati, ed il grande amore della band per certo prog britannico qui sboccia definitivamente e si tramuta in tessuto sonoro di altissima classe (esaustivo in tal senso il secondo singolo “Empires”, che a tratti rimanda ai primissimi Genesis). “White Noise White Heat” torna ad inscurire ed inspessire il tono complessivo, “The Delayed 3:15” è quintessenzialmente Elbow, ma è “On Deronda Road” a stupire con la sua scampagnata in territori elettronici e sintetici, prima che il disco chiuda con l’anthemica “Weightless”. Un lavoro bellissimo questo “Giants…”, che forse col tempo verrà certificato come il migliore dal (probabilmente) inarrivabile “The Seldom Seen Kid”. Un disco che ci restituisce gli Elbow in forma smagliante.