The Charlatans – “A Head Full of Ideas” (Then Records, 2021).

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Un uomo ha bisogno d’essere ascoltato. Poche semplici parole per una collezione della Then Records da 30 galloni  in qua che celebra il “Best Of” di una band che  registrato 13 album in studio da Top 40 – tre dei quali al primo posto – insieme a 22 singoli di successo, quattro dei quali nella top 10 di Manchester. Brit-pop come vuole la tradizione per tutti quelli che sono usciti da lì, tra Stone Roses e Kula Shaker di traverso tra le intemperie del momento, con un pizzico di power rock che non manca nelle chitarre di Tim Burgess e soci, pronti a sdoganare la voglia di divertimento dei ggiovani. Gli alti delle montagne russe sono stati accompagnati da alcuni bassi sconvolgenti, ognuno dei quali avrebbe potuto abbattere una band meno resiliente, da esaurimenti nervosi alla quasi bancarotta e alla morte di due dei membri fondatori. In qualche modo, non solo hanno continuato, ma si sono adattati e trasformati. Il classico suono dei The Charlatans – organo Hammond, Northern Soul e ritmi influenzati dalla house, chitarre spavalde e la voce solare ma in qualche modo struggente di Tim Burgess – è immediatamente riconoscibile. E nonostante tutto quello che hanno passato, la loro musica è ora più rilevante che mai. E si parte fin dall’inizio con “The Only One I Know”.

Electric Wizard – “Wizards Bloody Wizard” (Spinefarm Records, 2017).

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“‘Wizard Bloody Wizard’ is the latest / ninth studio album from Electric Wizard; produced by guitarist / vocalist Jus Oborn and guitarist Liz Buckingham, and mixed by Oborn, this six-track, all-analogue affair is the follow up to 2014’s ‘Time To Die’… When Electric Wizard put out ‘Time To Die’, the atmosphere in the camp was bleak; faced with various behind-the-scenes goings-on, the core creative team of Oborn and Buckingham were faced with a stark choice – go under or fight back… which they did. On its release, ‘Time To Die’ was hailed as right up there with the best of the Wizard output, with Kerrang!’s 5-K review citing it as ‘the heaviest, nastiest album ever!’… Fast forward three years, and 2017 finds EW in a less-haunted space, spectres from the past now laid to rest and new plans underway…‘See You In Hell’ will be the lead single from ‘Wizard Bloody Wizard’, and an accompanying video has been filmed; international touring plans are being locked into place, and the road ahead is as devoid of twists and turns as it’s ever been, with the line-up – completed by bassist Clayton Burgess and drummer Simon Poole – impressing as a force, and the forthcoming album imbued with fresh feeling and ambition.”

Mahmood – “Ghettolimpo” (Universal, 2021).

ghettolimpo

Il nuovo album di Mahmood è finalmente arrivato! “Ghettolimpo” è un nuovo mondo dalle molteplici sfaccettature, ogni traccia racconta una simbologia e la storia di un personaggio che come in un videogioco si rivela all’ascoltatore brano dopo brano, livello dopo livello. Un Olimpo popolato dagli dèi, a cui si uniscono le esperienze degli eroi moderni più semplici, che a volte e spesso arrivano dalla strada, dal ghetto. Nel “Ghettolimpo” di Mahmood non troviamo figure onnipotenti appartenenti a un luogo irraggiungibile, ma persone straordinarie che cercano di dare un senso alla propria vita.

Duran Duran – “Future Past” (BMG, 2021).

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Estetica anestetica e glam a luccichini. 40 anni di Duran Duran, 40 anni di wild boys. Forse un po’ più boys e meno wild ma a questo ci pensa l’età. Simon Le Bon e soci restano una delle band più eccitanti e progressive del pianeta con un album consapevole dell’età che avanza e del persistere del più grande mistero della vita (irrisolto): la dinamica e il movimento dietro tutte le più grandi scoperte del mondo. A livello musicale spiccano per il classico sound anni 80: “Invisible” e “Anniversary” singoli apripista di tutto un mondo sconosciuto new-wave che va dai Frankie Goes To Holliwood al più eloquente Michael Hutchence (dietro alle sbarre) degli INXS. The Blair Witch Project al neon e propagazioni di luci sul dancefloor, disco-stu e piccole grandi rio cantate (“Wing” e “Falling”), le sorprese più succulenti sono certamente “Tonight United” e la visione alterata del mondo di “Nothing Less”. Notorious o meno, tanti i featuring all’interno dell’album: parti corali o singole troviamo Tove Lo, Ivorian Doll, Chai e Mike Garson a fare da cornice ad un progetto che scava a fondo nei flussi di coscienza dell’uomo. Riuscito electro-clash o meno, stiamo pur sempre parlando dei Duran Duran!

Kings of Leon – “Walls” (RCA, 2018).

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Con un disco cosi, si parte alla grande! L’album risultà ahime già un po’ datato, come l’esperienza accumulata dai fratelli Followill per quella che è  una tra le rock band più sopravvalutate del mainstreaming indie rock degli  anni 2000. L’introspezione c’è, il tormento pure. E l’amore… ah l’amour… Galvanizzanti come non mai, con i primi cinque brani in apertura cosi pop-rock (fino alla discesa post-atomica di “Over” che ne chiude in qualche modo il cerchio) sono reduci anche da brani un po’ cosi cosi come “Eyes on You” e da un forte desiderio di California, nei ritmi suadenti e  tropicali di “Muchacho” e “Conversation Piece” (per loro che sono di tutt’altra parte degli USA, vedi alla voce Nashville) che ne rappresenta un po’ il giro di boia in questo mare magnum di memoria. Ricordi, onori,  passioni. Quando il blues va un po’ giù c’è sempre il rullante di Nathan a creare una nuova magia, un nuovo sogno. E poi vengono su le chitarre di Caleb e Matthew. Ma basta chiacchiere e spazio alla musica: si parte nientemeno che da un pezzone come “Find Me”. Maximum decibel assicurati.