Tempus fugit…take a break!

Credo che chiunque abbia vissuto la sua giovinezza fino agli anni novanta abbia avuto l’opportunità di imparare un grande insegnamento dalla vita. Qualcuno è riuscito a farne tesoro, qualcun altro, totalmente accecato dalla modernità, ha dimenticato tutto e ha perso di vista il senso delle cose, il reale “senso” delle cose, ciò che nella vita possiamo dire che è davvero importante. Ecco, forse il problema sta tutto lì. Con l’avvento del nuovo millennio tutto ha acquistato una velocità diversa, siamo passati da una tranquilla maratona allo scatto del centometrista. Chi è nato prima, fino agli anni ottanta, questo scatto, questo cambio di velocità lo ha notato eccome, diversamente i “millennials” ci sono nati in corsa, sono nati già centometristi. La differenza con la “Generazione Y” è che noi “vecchi” eravamo abituati a viaggiare in macchina, questo comportava che il panorama scorreva lentamente; avevi modo di vedere le altre auto sulla carreggiata, di vedere quelle lunghe autostrade di notte o le macchie verdi degli alberi e dei prati che come in un cinema scorrevano oltre il finestrino, avevi anche tempo per della sana e benefica “noia”. I “millennials” invece sono la generazione dei voli low cost. Sali sull’aereo, ti siedi, fai le tue migliaia di chilometri in poco tempo senza accorgerti di nulla e senza vedere un tubo e in poco tempo sei bello e che arrivato a destinazione. Il bello è l’approdo, non il momento che lo precede, non l’esperienza di viaggio. L’importante è arrivare e in meno tempo possibile.
Il viaggio è la esatta metafora di ciò che ci distingue nella vita di tutti i giorni e in tutti i suoi aspetti; dai rapporti di amicizia a quelli sentimentali. La “lentezza” o l’attesa alla quale siamo stati abituati ci ha offerto una grande lezione di vita che non dovremmo mai scordare. Ci ha insegnato (o avrebbe dovuto insegnarci) a prendere tempo per riflettere sulle cose veramente importanti e ad ottimizzare.
Avevamo pochi mezzi e dovevamo usarli al meglio. Se partivamo per una vacanza avevamo un rullino di 36 foto, e in quelle 36 foto dovevamo riassumere i ricordi di una intera estate; vien da se che dovevamo scegliere con molta attenzione i momenti meritevoli di essere impressi su pellicola e nei nostri personali ricordi. Stesso si dica per la comunicazione nell’era “no-digital”, avevamo poco spazio sul retro della cartolina per condensare un sentimento in poche semplici parole, così come un gettone telefonico scandiva quegli scatti in cui ci toccava racchiudere l’intera conversazione che non poteva essere spesa in vaghe chiacchiere.

E siamo cresciuti con questi insegnamenti, con il dono della sintesi in 160 caratteri di un sms, con il “ti penso” manifestato con uno squillo, con l’attesa prima dell’arrivo di una lettera o l’attesa dei tempi di sviluppo di una fotografia da incorniciare o infilare in un diario. Oggi ci riempiamo di foto o di mail,  ci riempiamo fino alla nausea di parole e messaggi vocali, il tutto avvolto da una quasi gratuità dei mezzi di comunicazione. Non dobbiamo studiare la parola giusta al momento giusto nè dobbiamo attendere tempi di risposta lunghi, possiamo dirne in quantità e a tutti e quindi dispensiamo parole sempre più vuote, veloci e gratuite.

Ciò che oggi manca, in questo mondo iper-connesso e che corre senza sosta, è proprio il piacere dell’attesa. E come diceva Gotthold Ephraim Lessing: “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”

Tempus fugit…take a break!ultima modifica: 2019-08-02T18:31:23+02:00da Dr.Prometheus
  1. Descrizione “perfetta” Dell abissale differenza generazionale di VIVERE, oggi. Un viaggio oppure il semplice giorno.
    Forse è vero, l’uomo distrugge o almeno non sa usare al meglio ciò che il progresso gli mette a disposizione.