De Humanarum Natura: di inchiostro e Rock

Sapete quando nei più classici film hollywoodiani il protagonista invoca la “manna dal cielo”? quando inveisce contro ogni divinità pseudo-esistente e recita la classica battuta “se ci sei, dammi un segno della tua presenza”.
Ecco, una cosa analoga, una coincidenza o un segno è arrivato. Ma posto che non credo in divinità, penso sia solo “la cosa giusta al momento giusto”.
Negli ultimi giorni mi interrogavo come solito fare sui comportamenti umani, in primis sui miei comportamenti che mi hanno causato quelle che prima facie potremmo definire “delle grane” relazionali.
Il 2018 è stato sicuramente “l’anno della contrizione”, ho passato molto tempo a pentirmi e dolermi dei miei “peccati”, o quelli che ritenevo tali. Ho avuto modo di parlare molto con me stesso, sviscerare situazioni e fare tante riflessioni che qui non esplicherò nel dettaglio per non tediare e per non tirare fuori troppi affari personali, l’unico scopo di questo piccolo post è raccontare un qualcosa che nel suo piccolo mi ha colpito, le piccole cose quotidiane insomma.
Come dicevo, l’anno della contrizione; pentimenti, porre in discussione qualsiasi cosa, pronunciare sentenze a me avverse e tutto il resto. Non dico che non sia stato utile eh, al contrario, forse era proprio quello che ci voleva in quel dato momento per comprendere alcune sfumature della complessità umana.
Poi le cose sono iniziate a cambiare di punto in bianco e siamo arrivati al 2019, “l’anno della assoluzione”. Cosa intendo per assoluzione? che sono esente da ogni colpa? che tutti i miei peccati sono stati perdonati? o che qualcosa ha emendato di punto in bianco tutto e mi ha ripulito la coscienza? No, il bello sta proprio qui. Quelli che io chiamavo peccati probabilmente non erano realmente peccati. Se fossi stato l’imputato di un kafkiano processo probabilmente i miei “reati” sarebbero stato definiti colposi e non dolosi, con una netta e significativa diminutio di pena e benchè io nel corso dell’ultimo anno abbia anche tentato la via dell’oblazione eh. Ma abbandonando il campo della giurisprudenza morale, possiamo andare più a fondo in questa sorta di autoanalisi. Quelli che io chiamavo peccati per i quali mi dolevo manco fossi un flagellante, altri non erano che caratteristiche della mia personalità. Limiti? forse sì, ma preferisco chiamarle caratteristiche, nel bene e nel male.
In ogni caso, mentre negli ultimi giorni mi “arrovellavo il Gulliver” su questi argomenti, trovando il mio personale “balsamo di Galaad” nelle nuove visioni e teorie suggeritemi dal mio intelletto instancabile, ecco che arriva la conferma, quel “segno” di cui parlavo a inizio post. Si presenta così, una mattina qualsiasi e ancora piuttosto calda di ottobre sotto forma di una ragazza in metro. La suddetta ragazza, vestita con una maglietta a maniche corte, si muove distratta cercando un appiglio per sostenersi e così, sotto i miei occhi concentrati in altri pensieri e letture, appare il messaggio in tutta la sua chiarezza. Un tatuaggio posto sull’avambraccio, una frase scritta con caratteri semplici stile vecchia macchina da scrivere: “I CAN’T CHANGE“.
Oh numi! la frase coglie subito la mia attenzione e non può che rappresentare la chiosa delle mie lambiccanti riflessioni.
Mi chiedo subito cosa abbia spinto la fanciulla in questione a tatuarsi quella frase. Che significato gli avrà attribuito? avrà in sé il germe della rassegnazione? dalla serie “sfiduciata ammetto il mio dolore intimo nel non poter cambiare come sono“, o la granitica risolutezza: “senti, sia chiaro da subito, io non posso cambiare!“. Forza o afflizione, this is the question. Sta di fatto che quella frase apparsa per caso su un braccio di una sconosciuta è proprio la risposta all’invocazione citata nel prologo del post: “se ci sei, dammi un segno della tua presenza”.
La chiave e la risposta sta tutta lì: io non posso cambiare, specie quelle caratteristiche che fanno parte di me. Dovrei sentirmi in difetto per questo? in difetto perché qualcuno si permette di dire che non vanno bene o che sono sbagliate? GIAMMAAAAI! chi sei tu per dire che non vanno bene e perché dovrei sentirmi in difetto per come sono? Io non posso cambiare
Ora giunti alla fine del post vi chiederete: “ok, ma a noi che ci frega di tutta sta filippica piuttosto personale”? La risposta è che non è personale. A parte il fatto che non vi ho raccontato poi infine nulla di personale e me ne sono ben guardato dal farlo, il tutto è così volutamente generico che la cosa può adattarsi ad ognuno di noi e fungere da “morale” per tutti.
Incidiamoci sulle carni in modo ben visibile (metaforicamente parlando eh) questa avvertenza, questa istruzione o monito che dir si voglia, come sui flaconi di sciroppo troviamo scritto “agitare prima dell’uso”. E’ un avviso che noi diamo ai nostri personali “consumatori” di affetto.
Sappi, tu, “I CAN’T CHANGE”. Anzi, vuoi saperla tutta? I WON’T CHANGE!

And this bird you can not change…