Nuove Primavere

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“Nulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo: ogni giorno, ogni ora s’incontrano, si osservano e nello stesso tempo, costrette per civiltà o per bizzarria personale a insistere nella finzione, serbano un contegno indifferente e staccato, non si salutano né scambiano parola. Tra loro si forma un fluido d’inquietudine e di curiosità esacerbata, un isterico bisogno, inappagato o innaturalmente represso, di conoscenza e di scambio, e soprattutto, infine, una sorta di ansioso riguardo: poiché amiamo i nostri simili e li onoriamo finchè non si è in grado di giudicarli; e dall’incompleto conoscersi nasce il desiderio”

(Thomas Mann)

Chat-tanooga Choo Choo!

Pippo-al-computer-disegni-da-colorare-per-bambiniUna delle domande che solitamente vengono fuori nelle mie conversazioni in questa piazza virtuale è “Da quanto tempo frequenti la chat?” e non è un quesito casuale ma ha lo scopo di capire quanto dall’altra parte vi sia esperienza in questo tipo di interazione.
Rivolgendo la domanda a me stesso la risposta è: grossomodo trent’anni. Un numero che può sorprendere ma include anche il periodo in cui la chat non era così accessibile come oggi e le conversazioni avvenivano tra un ristretto numero di utenti connessi ad una BBS amatoriale con poche linee telefoniche a disposizione. In quegli anni imparai la netiquette, il significato degli smiley realizzati con i segni di punteggiatura ed a coltivare la curiosità per il mondo telematico di cui si intuiva avrebbe avuto di lì a poco uno sviluppo clamoroso.
Internet era agli inizi, gli abbonamenti pochi e cari, la velocità ridicola se paragonata a quella odierna della fibra ottica eppure questa rete di piccole banche dati tenute in piedi da valorosi appassionati riusciva a creare davvero una comunità di entusiasti che prima o poi avrebbero concretizzato questi contatti virtuali in affollate e rumorose pizzate collettive, con numerosi scambi di posto dettati dalla momentanea affinità e dagli interessi che finalmente fluivano tra i cuori e le menti senza più l’anonimato ed i tempi di attesa delle finestre testuali delle BBS.
Bei tempi, davvero memorabili. Non esisteva Whatsapp, Facebook, nulla di nulla.
Con l’arrivo di internet su larga scala ho cominciato ad estendere le mie incursioni anche a chat molto più globali come la mai dimenticata Yahoo, per certi versi abbastanza simile come impostazione a quelle di Libero ma collegata a tutte le chat Yahoo internazionali, ricordo che passavo intere serate su quelle americane un po’ per imparare la lingua e un po’ per divertirmi alle spalle di questi simpatici sbruffoni convinti, oggi come allora, che il mondo intero sia stato creato per intrattenerli 🙂 Ricordo di aver inziato una corrispondenza con una ragazza messicana, sposata ad un poliziotto che la maltrattava, poi una ragazza americana che mi inviò un paio di racconti che avevo poi tradotto per lei in Italiano: dopo qualche settimana di silenzio seppi con incredulità dallo zio che era poi morta in un incidente. Ho poi conosciuto (e incontrato) alcune persone qui in Italia, e la varietà di situazioni che ho sperimentato (non tutte piacevoli) mi ha reso più prudente e saggio nell’interfacciarmi con il mondo della chat.
Le più sgradevoli sono le piazziste, il cui intento cammuffato da modi suadenti e seducenti sfociava immancabilmente nella proposta di un investimento od una partecipazione a club piramidali di qualche tipo, o anche più banalmente all’invito a mettere like a profili o prodotti online.
Su un registro appena più alto si trovano le indebitate mollate dal marito, con prole e mutuo a carico in cerca di sostegno o quantomeno partecipazione alle spese, serenamente confortate dalle statistiche in cui il pietire talvolta premia.
Non parliamo poi degli omosessuali che proprio non riescono a fare a meno di tormentare inutilmente chi la pensa diversamente da loro, alla pari con i “troll”, burloni nullafacenti che spesso insultano senza ragione e talvolta si travestono da profili femminili pensando di condurre un gioco che, scoprendo (stranamente) di non avere di fronte uno dei tanti “morti di figa”, ben presto li annoierà a morte.
La foto nel profilo è mia, non recentissima ma riguardo all’aspetto giovanile è abbastanza veritiera. Per quanto detto sopra ho però ritenuto saggio modificarla leggermente per renderla più anonima e non rintracciabile dai motori di ricerca perchè di svitati e stalker è pieno il mondo e tutti si danno appuntamento in chat.
Come ho scritto nel profilo per me questa è una panchina su cui mi siedo ed attendo chi voglia accomodarsi per due chiacchiere senza stress, parlando del più, del meno. In genere non contatto quasi mai per primo a meno che il profilo od anche solo il nickname contengano indizi di una unicità sempre più rara, ben cosapevole che un dialogo potrebbe crescere nel tempo o spegnersi nel giro di pochi minuti.
Fortunatamente, i risultati in questi trent’anni sono stati nel complesso incoraggianti perchè una bella mente vale il tempo passato ad aspettarla: dentro a gusci impenetrabili ho sempre trovato esempi di forza e bellezza disarmanti che, con avveduta ragione, hanno dolorosamente imparato a loro volta a proteggersi.

Come fosse il primo giorno

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Quella di oggi è stata una giornata emotivamente pesante, una delle persone a me più care mi ha casualmente informato della imminente morte del suo amato compagno a quattro zampe, questione di ore ed il tumore che gli è stato diagnosticato lo avrebbe portato via per sempre dalla sua vita.
Non ho mai avuto occasione di incontrare il suo cane, ne ho visto alcune foto sullo smartphone e sul profilo Facebook però mi ha raccontato di lui così tante cose da poterne immaginare molto bene il carattere e sentire fisicamente il legame tra loro, così tanto da averlo ritratto una lunga poesia in cui ne raccontavo la vita, dal suo essere cucciolo fino alla odierna vecchiaia.
Quando ho ascoltato il messaggio vocale in cui lucidamente ma disperatamente mi descriveva la situazione mi è venuta alla mente quella magnifica e profonda citazione che recita “L’unica vera colpa dei nostri animali domestici è quella di non vivere abbastanza a lungo” ed anche se questa consapevolezza dovrebbe sempre accompagnare il momento in cui decidiamo di averli accanto a noi, il dolore indescrivibile della loro perdita ci ricorda l’importanza di ogni momento condiviso in cui ogni piccolo istante diventa una perla, e la loro memoria un inestimabile tesoro.
Dopo averle risposto cercando il più possibile di trasmetterle la mia vicinanza in quei momenti precedenti il distacco, ho avuto la suggestione di immaginare cosa poteva diventare quella circostanza dal punto di vista del suo cane.
Ed ecco tornarmi alla memoria la straziante scena del film Highlander in cui la compagna di una vita dell’immortale guerriero sul letto di morte si chiede per quale sortilegio il tempo non sia per lui passato come lo è trascorso per lei, e per quale motivo le sia rimasto accanto nonostante la vecchiaia e la malattia. Forse agli occhi dei nostri animali siamo davvero degli Highlander, sempre giovani e forti, amorevoli guide e dispensatori di cibo, coccole, giochi e talvolta giuste punizioni. E per questo ci amano, per il mondo così diverso dal loro di cui li abbiamo resi partecipi, condividendo i momenti felici e consolando quelli più tristi, per questo e tantissimo altro desiderano che siamo noi l’ultima immagine che vedranno, l’ultimo ricordo destinato a durare per l’eternità, ed il desiderio e la speranza che quel mondo ai loro occhi così bello continuerà ad esistere anche dopo di loro, un mondo per il quale ha realmente meritato arrivare fino in fondo…

Il falso Contatto

Contact

Pur avendo, come la maggior parte di noi, ricevuto una educazione cattolica di base con il tempo ho progressivamente percepito una consistente distanza ed estraneità ad un modo dogmatico di intendere e coltivare il proprio sentimento spirituale.

L’idea di Religione che avevo maturato era diventata quella di un condensato di risposte accettabili al mistero ed alla complessità dell’Universo che tenta allo stesso tempo di regolare la reciproca convivenza in modo da sopravvivere e perpetuarsi come riferimento collettivo.

Meditare e interrogarsi sulle ragioni della propria esistenza e sul modo in cui percepiamo il mondo è una prerogativa umana straordinaria che ha ispirato in alcuni individui una consapevolezza così grande e incontenibile da sentire il desiderio di condividerla, codificarla e tramandarla: a ben guardare la maggior parte dei precetti delle varie religioni sono tutt’altro che campati per aria e, nelle loro enunciazioni non fondamentaliste, sono ampiamente condivisibili per il loro buon senso e la tensione verso un mondo ideale.

Mi sono quindi chiesto come mai ad un certo punto molte delle religioni più antiche siano arrivate alla presunzione di possedere l’unica Verità possibile e la spiegazione che mi sono dato ha sia ragioni legate al controllo delle masse da parte degli abili intermediari del culto, sia alla progressiva idolatria del Libro che le ispira.

Se per trovare consolazione e certezze si ha un bisogno compulsivo di prendere in mano Bibbia o Corano e rileggere e recitarne ossessivamente i passi allora il senso delle parole degli uomini illuminati che le hanno ispirate è stato del tutto travisato perchè invece di trasmettere quella ispirazione primigenia e diventare nutrimento dell’anima sono diventate uno spinello per menti confuse e senza cuore.

La definizione di “oppio dei popoli” tanto cara a Marx alla luce di quanto sopra non sembra tanto lontana dal vero, personalmente però trovo per questa deriva molto più calzante l’esempio dello stolto che invece di guardare la luna fissa il dito che la indica.

La scelta della immagine tratta dal flm Contact del regista Robert Zemeckis non è casuale, se vi capita tra le mani guardatelo ma se non capita cercatevelo perchè non è affatto il solito film di fantascienza ma contiene riflessioni profonde sulla fede, sulla scienza e sulla impossibilità di trasmettere ad altri la propria Verità nello stesso modo in cui noi la percepiamo.

Il senso del Cammino

Shades

Non ho mai fatto mistero della straordinaria esperienza che è stata per me il Cammino di Santiago, a tal punto che la percezione della vita stessa è diventata quella di un viaggio non più obbligato ma necessario e soprattutto voluto. Le due ombre che si allungano sulla strada polverosa proiettate dal sole nascente alle spalle è una immagine che i pellegrini conoscono bene e nella quale amano riconoscersi.

Tutti noi abbiamo un nostro cammino, una strada che ci chiama ed un passo con il quale affrontarla, unico e differente da quello di chi occasionalmente ci accompagna. Sono differenze minime ma sulla lunga distanza diventano consistenti ed inevitabilmente si finisce per riprendere la propria cadenza perdendosi di vista, a volte per poco tempo, a volte per sempre. L’importanza di quel tratto di strada assieme, corto o lungo che fosse, sta nel constatare come in quei momenti la fatica fosse più leggera ed i pensieri tutti rivolti al futuro, alla prossima meta.

Non tutti gli incontri sono stati memorabili o positivi ed anzi la negatività ed il pessimismo di alcuni era così radicato da allontanarci spontaneamente, ma questo mi ha insegnato a considerare il malessere altrui non come qualcosa da curare ad ogni costo ma una fase necessaria per la ricerca della propria pace interiore, per trovare la forza di perdonarsi e andare oltre.

Se dovessi quindi scegliere fra le tante riflessioni nate sul Cammino direi che questa riassume abbastanza bene il senso dell’accompagnarsi:

“Si porta avanti insieme quel che assieme ci porta avanti”

Non tutti saranno d’accordo, immagino, ma è semplicemente un altro modo di intendere sostegno e condivisione e finora non ho trovato (almeno per me) risposta migliore di questa.

Sagge parole

Senza nome

“Noli umquam docere porcum cantare
perdes tempus et irritabis porcum”

“Mai insegnare il canto ad un maiale,
perderai il tuo tempo e irriterai il maiale”

Questo motto latino (trovato in rete ma sicuramente desunto da qualche testo classico) esprime piuttosto bene l’avvertimento a non sprecare il proprio tempo con persone che non solo non hanno la capacità di comprendere ed apprezzare quel che viene loro trasmesso ma che in risposta a questi lodevoli intenti oppongono anche una certa insofferenza nel sentirsi indotti ad un cambiamento o un miglioramento che loro stessi non vedono necessario.

Nessun cambiamento può mai avvenire davvero se non si è predisposti ad accoglierlo accettando la fatica ed il tempo necessario per consolidarlo e vederne i risultati. Il vecchio detto “Quando l’allievo è pronto il Maestro arriva” prende le mosse proprio da questa semplice considerazione.

La delusione peggiore però arriva da persone che fingendo di accettare e gradire questo apporto nella loro vita stanno in realtà assecondando chi sta spendendo per loro tempo ed energie, con il solo scopo di carpire altri vantaggi molto più materiali ed immediati: suppongo non occorra fare esempi espliciti per capire di cosa si parla ma tantissime relazioni sono in realtà una menzogna abilmente tenuta in vita fino ad arrivare all’inevitabile momento in cui si viene smascherati.

Rubare il tempo altrui è forse davvero il peggior crimine che si possa commettere perchè non c’è risarcimento che possa compensare qualcosa perduto per sempre e magari inutilmente…