In sogno

Schermata 2022-12-21 alle 23.51.53

Ci arrivai non so come.
Sapevo che la tua bella e antica casa era lì, al limitare del bosco.
Mi attendevi sulla soglia, sorridente e serena.
Una piccola porta di legno, reso grigio dal tempo, conduceva sul retro.
Quando la apristi vidi un’altra te, in un giardino fiorito e curato.
Incurante di noi, era intenta a strappare erbacce e piantumare nuovi fiori.
Ti guardai cercando di capire, di spiegarmi la tua doppia presenza.
Sentii il tuo pensiero prendere forma in una voce circostante ma limpida.
Mi dicesti che non c’era separazione, eravate due soltanto ai miei occhi.
La casa e tutto il resto esistevano nel sogno soltanto per renderti tangibile.
Aver cura del tuo giardino ti aveva reso quel che sei.
I fiori dentro di te, i colori e profumi dei tuoi ricordi.
E le erbacce cresciute col tempo speso in situazioni inutili.
Molti rovi nel mio giardino e fiori selvatici.
A malapena ho potuto entrarvi ma tu hai detto di volerlo un giorno visitare.
Ora sono qui, con guanti e cesoie, cercando di poterlo almeno attraversare…

Una lettura consigliata

la-gabbia-silvia-ziche-04

A chi nel tempo ha curiosato nel mio profilo non sarà certamente sfuggita la personale predilezione per le vignette di Silvia Ziche, disegnatrice Disney di talento assoluto e creatrice di un proprio personaggio, Lucrezia, talmente autoironico da essersi guadagnato la simpatia indiscussa del pubblico femminile ma anche, trasversalmente, di quello maschile.
Nel tempo ho acquistato quasi tutte le raccolte di Lucrezia sia per me sia per regalarle in occasione di feste e compleanni (e sono sempre stati doni graditissimi!).

Nell’ultimo suo lavoro (“La Gabbia”, edizioni Feltrinelli) tuttavia non c’è Lucrezia a farla da padrona ma una ragazza che si confronta con la morte della madre appena avvenuta: attraverso con un percorso delicato, a volte surreale ma estremamente preciso nel tratteggiare gli stati d’animo della protagonista, i ricordi prendono forma e rendono il lettore partecipe della complessità di un rapporto che spesso nel momento dell’estremo saluto ci lascia con la sensazione di un confronto mai risolto, condannandoci alla presenza discontinua di uno spettro che di tanto in tanto fa tintinnare le sue catene…
Non voglio naturalmente svelare nulla del finale o troppo della trama però il messaggio che ho sentito maggiormente passare da quelle vignette è che il giudizio che noi ci formiamo delle persone, soprattutto quelle più care, è vergognosamente incompleto e che per quanto potremmo lavorarci di più ci saranno sempre zone oscure volutamente impenetrabili.

Confini che sono regolarmente fonte di sofferenze, incomprensioni, infelicità diffusa (la vignetta di questo articolo è tratta dal libro) e che possiamo solo sperare, a posteriori, di poter conoscere per meglio comprendere, soprattutto per chiudere un ciclo e passare oltre.

Il gusto della poesia

film_ratatouille-1024x576

Nel tempo mi sono ormai convinto che una poesia possa tranquillamente essere paragonata ad una ricetta di cucina in divenire: si parte con l’idea di soddisfare un certo gusto ma se strada facendo si trovano ingredienti diversi da quelli immaginati, più genuini e saporiti, allora il risultato può essere totalmente diverso e persino migliore. Per questo il processo creativo è due volte appagante, all’inizio quando posseduti dal sacro fuoco si cavalca l’ispirazione ed a lavoro finito quando inevitabilmente ci si torna sopra per renderlo perfetto. Nel momento in cui forma e contenuto sono in armonia e non chiedono l’un l’altro di avere più voce, solo allora il lavoro può considerarsi davvero concluso e pronto per essere servito in tavola.