La Verità corrisponde alla Realtà

PUTIN E LA SUA “Z” QUALE SIMBOLO DI STERMINIO FINALE DEI POPOLI CHE NON SI SOTTOMETTONO AL VECCHIO IMPERIALISMO RUSSOFONO DI MARCA STALINIANA. INIZIO E FINE DEL PARTITO COMUNISTA IN RUSSIA E DINTORNI


Con la pubblicazione, nel 1848, del Manifesto del Partito comunista, K. Marx e F. Engels fecero del c. un metodo di lotta politica fondato su un’articolata concezione della storia come lotta di classe.

Il comunismo divenne la nuova modalità di organizzazione dei rapporti sociali di produzione, una volta che il superamento del capitalismo da parte della classe operaia avesse consentito a quest’ultima di impadronirsi dei mezzi di produzione: cosa che non avvenne mai!

Dopo la Seconda guerra mondiale, i regimi comunisti dell’Europa orientale nello scenario della guerra fredda e la Repubblica Popolare di Cina, guidata da Mao Zedong, rappresentarono le principali novità.

Sui tempi e le modalità di attuazione del comunismo ‒ concepito non come un ‘ideale’, ma come un processo storicamente necessario e quindi comunque mondialmente veniente ‒ si confrontarono nelle organizzazioni sindacali e politiche del movimento operaio, posizioni rivoluzionarie e riformiste.

In Russia, il comunismo si impose istituzionalmente con V.I. Lenin (1870 – 1924).

Questi che fu politico e rivoluzionario russo, sostenne obbligatoriamente l’ideologia comunista di Carl Marx e fu protagonista in tal senso della sanguinosa rivoluzione comunista dell’ottobre del 1917, influenzando il sorgere del movimento comunista in ambito internazionale.

Costui sostenne la necessità di giungere direttamente alla fase socialista, saltando quella democratico-borghese: a tal fine egli elaborò la teoria del partito rivoluzionario, composto di militanti di professione, il cui scopo era impadronirsi, per amore o per forza” ma più per forza che per amore, del potere pubblico.

La Rivoluzione d’ottobre (1917) e la successiva dittatura del Partito comunista tradussero purtroppo in pratica non senza lacrime e sangue la prospettiva di Lenin.

Il mancato estendersi della rivoluzione in Occidente riaccese il dibattito nella stessa dirigenza comunista, che si spaccò tra sostenitori della rivoluzione permanente da estendersi in ogni Paese (L.D. Trockij) e fautori del ‘socialismo in un solo Paese’ propugnato da Stalin (Gori in Georgia Il 6 dicembre 1878 – Mosca 5 marzo 1953) : questi ultimi – gli stalinisti - prevalsero e l’URSS diventò il Paese-guida del movimento comunista mondiale, dopo che l’ucraino Trockji, nato il 7 novembre 1879, a Bereslavka, Ucraina e divenuto avversario politico di Stalin, fu da un emissario di questi assassinato vigliaccamente alle spalle da un colpo di piccozza in testa il 21 agosto 1940 a Delegazione Coyoacán, Città del Messico.

Dopo la Seconda guerra mondiale, rimasero i regimi comunisti dell’Europa orientale tra cui la Russia e quello della Repubblica Popolare di Cina, guidata da Mao Zedong, sui quali calò lo scenario della cortina di ferro fino alla fine della “guerra fredda intendendo con questa espressione la contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947 tra le due potenze principali emerse vincitrici dalla seconda guerra mondiale: Stati Uniti ed Unione Sovietica.

La guerra fredda durò dal 12 marzo 1947 al 26 dicembre 1991 e fu segnata dalla caduta del regime comunista dell’Unione sovietica in Russia ed a seguire di tutti i partiti comunisti d’Europa.

Negli anni ‘70, la messa in discussione del regime comunista russo trovò espressione nel cosiddetto eurocomunismo, teorizzato da alcuni partiti comunisti europei, che contestavano i milioni di morti ammazzati in Russia sotto il regime stalinista per bloccare ogni forma di dissenso.

Il crollo del muro di Berlino (1989) nonché dei regimi comunisti dell’Est europeo e infine la dissoluzione dell’URSS (1991) hanno segnato una svolta epocale, decretando la fine dell’esperienza politica comunista iniziata con la Rivoluzione bolscevica del 1917, anche se un discorso a parte – ma non troppo – va fatto per la Cina popolare.

LA RUSSIA DI PUTIN

Putin, nato a San Pietroburgo nel 1952, ha oggi 69 anni.

La sua è una visione politica del mondo che si è formata sul retaggio di Stalin, la parte più OMICIDIARIA ed autocratica del comunismo russo, rispetto a quello più moderato di Trokji che purtroppo non prevalse e, come abbiamo visto, fu assassinato su mandato dello stesso Stalin..

Da quel po’ che filtra in occidente, Putin sembra oggi condizionato dagli specchi deformanti di una propaganda volta a compiacerlo, da paure di tipo paranoico sulle minacce che verrebbero dalla Nato, nonché dalla convinzione di essere investito della missione parareligiosa di salvare la Russia e preparare un nuovo ordine eurasiatico da Lisbona a Vladivostok, così come teorizzava poco tempo fa un uomo a lui molto vicino: certo Dmitrij Medvedev.

La nuova carta geografica imperialista del nuovo impero russo postsovietico con a capo l’ex appartenente al KGB comunista russo, V. Putin, comprenderebbe, in prima battuta, l’annessione di tutti gli Stati slavi ex comunisti che sono tradizionalmente divisi lungo linee linguistiche in Slavi occidentali (che comprendono i Cechi, gli Slovacchi, i Polacchi, i Casciubi e i Sorbi) Slavi orientali (che comprendono i Russi, i Bielorussi, gli Ucraini e i Ruteni) e Slavi meridionali (tra cui i Serbi, i Bulgari, i Croati, i Macedoni.. ...

Il linguaggio di Putin, una delle poche vie di accesso ai suoi ragionamenti, sembra ricordare certe espressioni staliniste soprattutto per quel che riguarda la sprezzante definizione dei nemici ucraini (e dei nemici tout court) come insetti traditori: in particolare quei russi che di fronte all’invasione russa dell’Ucraina hanno lasciato il paese, sono stati bollati da lui come moscerini da sputare con disgusto.

Altre volte ha definito i suoi nemici come mosche o vermi, come ha ricordato qualche settimana fa Marco Imarisio sul Corriere.  Questo tipo di linguaggio era caratteristico sia di Hitler che di Stalin (ma anche di Lenin) come osservava già prima della caduta del Muro uno studioso polacco-tedesco,Andrzej Kaminski, in una storia comparata dei campi di concentramento.

Quanti erano giudicati di ostacolo ai progetti del regime nazionalsocialista, così come coloro che venivano considerati nemici dal regime sovietico, “non erano soltanto individui da sterminare, ma anche parassiti dannosi, dai quali la terra – la terra russa per gli uni, la terra in generale per gli altri – doveva essere ripulita”.

Come si capisce questa riduzione degli esseri umani a parassiti, pidocchi, vermi, bacilli della tubercolosi, vipere ecc., eliminava allora – e forse contribuisce a eliminare oggi – qualunque idea che si stia assassinando persone innocenti.

Le ideologie in mano al potere autocratico sono peggio della benzina gettata sul fuoco!

Falce e martello, Fascio, Croce uncinata; che è stata scelta quale simbolo del nazismo per significare la distruzione totalitaria del Cristianesimo come programma prioritario (fallito!) del nazismo stesso.

Uno dei maggiori studiosi della Russia sovietica, Moshe Lewin, descrisse in un suo saggio il bolscevismo leninista di“Stalin allo specchio,” mettendolo a confronto con il nazismo di Hitler.

Oggi c’è Putin con le sue Z (=Sterminio totale fino all’ultimo nemico) stampigliate su tutti i carri armati che hanno invaso l’Ucraina.

Più di un elemento quindi della forma mentis di Hitler e di Stalin si ritrova anche nell’ex funzionario del Kgb, Putin, come alcuni dei fantasmi e delle ossessioni.

Di sicuro è comune ai tre lo scollamento dalla realtà di cui si è detto, cioè l’essere immersi in un mondo parallelo costruito anche grazie alla propria stessa propaganda. Ed è comune la percezione paranoica di un pericolo costante che proviene da alcune categorie, che per questo – per “difenderci” da esse – vanno eliminate.

Lo sterminio degli ebrei svolgeva per Hitler questa funzione, doveva proteggere la Germania da elementi (“insetti”) che volevano infettarne la purezza; Ecco la “soluzione finale” di Hitler contro gli Ebrei ed ecco la guerra di annientamento di Putin, detto il macellaio, contro il Popolo ucraino.

Non è una guerra motivata contro il governo di un Popolo, ma una guerra immotivata mossa per l’annientamento esistenziale di un Popolo, l’Ucraino, colpevole solo di Democrazìa che dà cattivo esempio ad una dittatura conclamata.

Ma anche per Stalin le purghe servivano a proteggere il regime e il proprio potere da chi lo minacciava. Putin, soprattutto dopo il fallimento della rapida conquista di Kiev, va sostenendo qualcosa di analogo:

la “operazione militare speciale” sarebbe stata resa necessaria dall’urgenza di bloccare la minaccia della Nato e di “denazificare” l’Ucraina, un paese che ormai alcuni giornali di Mosca definiscono non soltanto controllato da una cricca di nazisti, ma in maggioranza nazifascista. Sono accuse folli alimentate da una propaganda cieca.

SE LA “DEMOCRATURA” RUSSA VOLGE COME SEMBRA ALLA DITTATURA

La Russia, che fino a qualche anno fa definivamo con il neologismo consolatorio (per noi) di “democratura”, va ormai considerata in mano a Putin una dittatura in piena regola sotto molti punti di vista.

E tuttavia se il confronto tra la forma mentis dei tre dittatori, la somiglianza tra le loro ossessioni e fobie, hanno un fondamento, allora questo ha conseguenze rilevanti.

Il fatto che Putin non ragioni come noi, tanto da dare l’impressione di vivere in un mondo parallelo non privo di tratti onirico-paranoici, potrebbe rappresentare un ostacolo non da poco per la fine della guerra in Ucraina... E, in caso di vittoria putiniana, l’inizio di un’altra chissà dove.

Secondo uno dei maggiori storici contemporanei la Russia di oggi soddisfa la maggior parte dei criteri che gli studiosi utilizzano per descrivere il fascismo.

In quanto idea basata sul culto dell’irrazionalità e della violenza, il fascismo non è mai stato sconfitto.

Possiamo affermare che sia stato sconfitto solo nel campo di battaglia della seconda guerra mondiale. Ora è tornato e stavolta il paese che combatte una guerra di distruzione fascista è la Russia. Se la prepotenza stragista della Russia di Putin dovesse vincere, i fascisti di tutto il mondo si sentiranno in un certo senso rinvigoriti. In tutte le sue varietà, è caratterizzato dal trionfo dell’arbitrio sulla ragione. Le persone non si trovano quasi mai d’accordo su ciò che concorre a descrivere il fascismo. Ma la Russia di oggi soddisfa la maggior parte dei criteri che gli studiosi tendono ad applicare per definirlo. C’è un culto per un unico leader, Vladimir Putin. c’è Il culto della morte, come nella seconda guerra mondiale. Non è la prima volta che l’Ucraina è oggetto di una guerra fascista. La conquista del paese era il principale obiettivo bellico di Hitler nel 1941. Hitler pensava che l’Unione Sovietica, che allora governava l’Ucraina, fosse uno stato ebraico: progettò di sostituire il dominio sovietico con il proprio e rivendicare il fertile suolo agricolo dell’Ucraina. L’Unione Sovietica sarebbe stata affamata e la Germania sarebbe diventata un impero. Immaginava che sarebbe stato facile perché l’Unione Sovietica, nella sua mente, era una creazione artificiale e gli ucraini un popolo coloniale.

Le analogie con la guerra di Putin sono sorprendenti. Il Cremlino definisce l’Ucraina uno stato artificiale, il cui presidente ebreo dimostra che non può essere reale.

Dopo l’eliminazione di una piccola élite, si pensa, le masse accetterebbero felicemente il dominio russo. Oggi è la Russia che nega al mondo il cibo ucraino, minacciando la carestia nel sud del pianeta.

Molti esitano nel vedere il fascismo nella Russia di oggi perché l’Unione Sovietica di Stalin si definiva antifascista. Ma questo non ha aiutato a definire cosa sia il fascismo. Con l’aiuto di americani, britannici e altri alleati, l’Unione Sovietica sconfisse la Germania nazista e i suoi alleati nel 1945. La sua opposizione al fascismo, tuttavia, fu incoerente. Prima dell’ascesa al potere di Hitler nel 1933, i sovietici trattavano i fascisti solo come un nemico capitalista tra i tanti. I partiti comunisti in Europa consideravano tutti gli altri partiti come nemici. Questa politica in realtà contribuì all’ascesa di Hitler: sebbene fossero più numerosi dei nazisti, i comunisti e i socialisti tedeschi non potevano collaborare. Dopo quel fiasco, Stalin dovette ripensare la sua strategia politica, chiedendo che i partiti comunisti europei partecipassero a governi di coalizione per bloccare i fascisti. Tutto questo non è durato a lungo. Nel 1939, l’Unione Sovietica si unì alla Germania nazista come alleato de facto e le due potenze invasero e si spartirono la Polonia. I discorsi nazisti furono pubblicati sulla stampa sovietica e gli ufficiali nazisti ammiravano l’efficienza sovietica nelle deportazioni di massa. Ma i russi oggi non parlano di questo fatto, poiché le leggi sulla memoria lo rendono un crimine. La seconda guerra mondiale per Putin fa parte del mito storico legato all’innocenza russa e alla grandezza perduta. Il fatto fondamentale invece che Stalin abbia contribuito a scatenare la seconda guerra mondiale alleandosi con Hitler deve essere considerato indicibile e impensabile: Ma la verità è solo ciò che corrisponde alla realtà L’ambiguità di Stalin riguardo al nazi-fascismo è la chiave per comprendere la Russia oggi. Sotto Stalin, ai sovietici il nazi-fascismo prima era indifferente, poi era cattivo, poi andava bene finché – quando Hitler tradì Stalin e la Germania invase l’Unione Sovietica – fu di nuovo ritenuto malvagio.

Ma nessuno ha mai stabilito cosa significasse. Era una scatola da riempire con qualsiasi cosa. Molti comunisti furono epurati come fascisti nei processi farsa di staliniana memoria. Durante la Guerra Fredda gli americani e gli inglesi divennero i fascisti. E l'”antinazifascismo” non ha impedito a Stalin di prendere di mira gli ebrei nelle sue ultime purghe.

L’antinazifascismo sovietico, in altre parole, era una politica del “noi e loro”.

Ma questa politica non definisce il nazifascismo.

In fondo, la politica nazifascista parte, come diceva il pensatore Carl Schmitt, dalla definizione di nemico.

IL NUOVO NAZIFASCISMO ANTISTORICO DI PUTIN

Nella Russia del 21° secolo, “l’antifascismo” è semplicemente diventato il diritto di un leader russo di definire i nemici nazionali. I veri fascisti russi, come Aleksandr Dugin e Aleksandr Prokhanov, hanno avuto molto spazio nei mass media.

E lo stesso Putin ha attinto al lavoro del pensatore fascista russo Ivan Il’in, vissuto tra le due guerre.

Per Putin un “fascista” o un “nazista” è semplicemente qualcuno che si oppone a lui o al suo piano di distruggere l’Ucraina. Gli ucraini sono “nazisti” perché non accettano di essere colonizzati dai russi e resistono.

Un viaggiatore degli anni ’30 non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad identificare il regime attuale di Putin con quello del ventennio fascista di Mussolini in Italia:

Da quel tempo però molta acqua è passata sotto i ponti ma evidentemente non per Putin, al quale è rimasta la nostalgia di quand’era nel KGB russo, i famigerati servizi segreti dell’Unione sovietica attivi dal 1954 al 1991, confermando così la saggezza del vecchio proverbio popolare secondo cui “il lupo cambia il pelo ma non il vizio”.

La Costituzione italiana recita:

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.”

Ma Putin non ha orecchie per intendere e quindi non intende. Egli, giocando col fuoco della minaccia nucleare, si è fatto il pericolo pubblico numero 1 della Terra ed occorre perciò fermarlo prima che sia troppo tardi per lui e per tutti!

LE PROVE CHE ATTESTANO LA GUERA DI STERMINIO FASCISTA DI PUTIN CONTRO GLI UCRAINI

la propaganda esageratamente fasulla, la guerra come atto di pulizia etnica e le fosse comuni intorno alle città ucraine rendono tutto molto chiaro circa le effettive intenzioni di Putin.

La Russia sarebbe innocente a causa del suo antico passato. L’esistenza dell’Ucraina è frutto di una cospirazione internazionale. La guerra è la risposta.

Poiché Putin parla dei fascisti come del nemico, potremmo trovare difficile capire che potrebbe in effetti essere lui stesso fascista. Ma nella guerra della Russia contro l’Ucraina, “fascista” significa semplicemente “nemico subumano”, qualcuno che i russi si sentono legittimati a uccidere.

L’incitamento all’odio rivolto agli ucraini rende più facile ucciderli, come vediamo a Bucha, Mariupol e in ogni parte dell’Ucraina che è stata sotto l’occupazione russa. Le fosse comuni non sono un incidente di guerra, ma una conseguenza prevista di una guerra di distruzione di massa fascista o nazista che dir si voglia.

I fascisti che chiamano i loro nemici “fascisti” sono la dimostrazione di un fascismo portato al suo estremo illogico come culto dell’irragionevolezza.

È il punto di arrivo di un incitamento all’odio che ribalta la realtà. È l’apogeo della volontà di potenza sul pensiero. Chiamare gli altri fascisti pur essendo fascisti è la pratica putinista per eccellenza. Jason Stanley, un filosofo americano, definisce questa azione “propaganda minacciosa”.

Timothy Snyder è uno storico, scrittore e accademico specializzato nella storia dell’Europa orientale e dell’Olocausto. Professore di Storia presso l’Università di Yale, è membro permanente dell’Istituto di Scienze umane di Vienna. Tra i suoi libri, pubblicati in Italia dalla Rizzoli, Terra nera.

L’Olocausto fra storia e presente, Venti Lezioni e La paura e la ragione. Il collasso della democrazia in Russia. .

Se la democratica Ucraina perde – egli ha scritto – sarebbe una sconfitta per le democrazie di tutto il mondo.

VICE