L'Osservatore

Il caso Orlandi tra miti e suggestioni


La scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma nel lontano 1983, è stato un classico esempio di come un caso di cronaca nera venga trasformato in un affare di Stato. Un po’ troppo per una ragazza dalle semplici origini, finita al centro di un intrigo a metà tra una spy story e un romanzo di Dan Brown. La colpa di Emanuela Orlandi fu una sola: essere cittadina vaticana. Se fosse stata cittadina americana nessuno ne avrebbe parlato. Sarebbe stata considerata una delle tante adolescenti sparite nel nulla senza che riempissero le prime pagine dei giornali e i talk show televisivi solo perché non abitavano in Vaticano. Nel caso Orlandi, invece, la sua residenza in quel piccolo e affascinante Stato ha contribuito ad alimentare una narrazione mendace della vicenda, con ipotesi suggestive che hanno avuto l’effetto di confondere le acque e depistare le indagini. La vicenda di questa ragazza di quasi sedici anni, figlia di un funzionario della Santa Sede, nata a cresciuta tra eccellenze e porporati, ha tenuto banco per anni, chiamando in causa terroristi stranieri, servizi segreti, banche vaticane, malavitosi romani, prelati pedofili. Un giallo la cui soluzione poteva essere a portata di mano se non fosse stato intossicato da mitomani e mistificatori affamati di protagonismo e da giornalisti in cerca di notorietà che hanno messo in piedi un circo mediatico buono solo per il profitto editoriale e il ricavo televisivo. Il fatto che la ragazza abitasse aldilà delle mura leonine ha alimentato racconti ricchi di suggestioni, prendendo il sopravvento nelle indagini giudiziarie e nel racconto mediatico, attirando una legione di impostori che si sono accreditati come detentori di una verità che non possedevano. Una schiera di millantatori che hanno strumentalizzato il dramma di una ragazza per questione di denaro, di notorietà, di sconti sui processi giudiziari. Con accuse che tirano in ballo quasi sempre la Santa Sede, tanto che è convinzione diffusa la tesi secondo cui il Vaticano debba per forza avere qualche responsabilità nella scomparsa di Emanuela. Questa “certezza” popolare, alimentata ad arte dai media, sta ostacolando la ricerca della verità, portando a sottovalutare filoni investigativi più comuni, come quello di un delitto a sfondo sessuale maturato in ambienti vicini alla ragazza. L'ipotesi che dietro al dramma della studentessa di musica sparita nel cuore della capitale ci sia quello che il pm Domenico Sica definì “un adulto molto vicino alla ragazza”, comincia a farsi strada anche tra chi, fino a ieri, puntava il dito contro il Vaticano e che solo adesso sta cominciando a rendersi conto che il mistero Orlandi potrebbe essere drammaticamente più semplice di quanto finora raccontato.