L'Osservatore

I malumori e i sospetti su Pietro Orlandi


La Commissione Parlamentare d’Inchiesta incaricata di indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sta iniziando manifestare malumori su Pietro Orlandi. Malumori alimentati dalle accuse che Pietro Orlandi sta lanciando non solo contro la nomenclatura ecclesiastica, senza presentare mai una prova, ma anche contro i magistrati italiani, colpevoli di non indagare nella direzione da lui voluta: la pista vaticana. Gli attacchi contro il Vaticano da parte del fratello di Emanuela procedono senza sosta, rilevandosi però delle polpette avvelenate. L’ultima pista, la pista inglese, non solo è stata dimostrata falsa da grafologa Sara Cordella, che ha fatto notare come la firma del cardinale Ugo Poletti apposta sui documenti che proverebbero la permanenza di Emanuela Orlandi a Londra, sarebbe un copia-incolla di una firma ripresa da altri documenti, ma è stata messa in discussione dallo stesso presidente della Commissione Parlamentare, De Priamo, insieme alle presunte chat sui tombaroli pagati dalla Santa Sede per far sparire il corpo di Emanuela Orlandi. Insomma, sembra proprio che, a differenza di quanto sperava Pietro Orlandi, questa Commissione non abbia alcuna intenzione di farsi manipolare dal fratello di Emanuela. Oltre ai sospetti che Pietro Orlandi stia semplicemente cercando un posto al sole in politica, come è successo con Roberto Vannacci, c’è anche il disagio di alcuni commissari che hanno dato un’occhiata alla pagina Facebook che Pietro Orlandi ha aperto per parlare di sua sorella Emanuela, ormai ridotta a Brand Promozionale, e in cui si nota un profluvio di insulti e di diffamazioni lanciate dagli oltre ventimila iscritti della pagina contro magistrati e cardinali tali da far ritenere ai commissari parlamentari che quella pagina possa essere censurata da un momento all’altro e che Pietro Orlandi possa essere querelato da non poche personalità, cosa che metterebbe in grave imbarazzo la Commissione che rischierebbe anche di essere sciolta. Eventuali denunce contro Pietro Orlandi da parte di magistrati impegnati nell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela creerebbe un pericoloso cortocircuito tra Parlamento, Vaticano e magistratura italiana, con tutte le conseguenze del caso sotto il profilo politico. Le accuse più gravi di Pietro Orlandi non riguardano solo quelle lanciate contro prelati tacciati delle peggiori nefandezze, ma anche contro gli inquirenti, accusati di fare gli interessi del Vaticano, insinuando una loro eventuale corruzione. Di fronte all’insistere con accuse tanto infamanti, non è detto che qualcuno prima o poi non perda la pazienza e lo trascini in tribunale. Uno degli ultimi commenti di Pietro Orlandi sulla sua pagina Facebook dedicata a Emanuela contiene falsi e contraddizioni che qualche commissario ha notato. Il 7 marzo dell’anno scorso Pietro Orlandi, nel programma DiMartedì, si è spinto a dichiarare che ci fu una trattativa tra due capi della gendarmeria vaticana e il magistrato Giancarlo Capaldo per la restituzione del corpo di Emanuela Orlandi. Se davvero ci fosse stata una trattativa, Capaldo avrebbe dovuto far arrestare i gendarmi per omicidio e occultamento di cadavere. Cosa che dimostra non solo che non ci fu nessuna trattativa, ma in questo modo Pietro Orlandi ha in pratica accusato Capaldo di reato di omissione in atti d’ufficio e favoreggiamento verso i colpevoli della scomparsa di Emanuela Orlandi. Insomma, ci sono abbastanza elementi da aver sollevato più di un sospetto da parte dei componenti della Commissione Parlamentare che Pietro Orlandi stia conducendo un gioco politico che nulla ha a che fare con la scomparsa della sorella.