Colfosco (Corvara in Badia)

Colfosco (Calfosch in ladinoKolfuschg in tedesco) è il borgo abitato più elevato dell’Alta Badia (1.645 m s.l.m.), ed è un centro turistico ben attrezzato, che si trova nel cuore delle Dolomiti.

Fa parte del comune italiano di Corvara e si trova alle pendici del massiccio del Sella e del Parco naturale Puez-Odle sulla strada che da Corvara porta al Passo Gardena, verso la Val Gardena.

Nonostante facciano parte ormai dello stesso comune, i due piccoli paesi di Corvara e Colfosco hanno avuto storie nettamente distinte e hanno fatto parte anche di territori diversi. Benché i due centri abitati si siano sviluppati uno accanto all’altro, ci sono differenze ragguardevoli nella loro storia.

Colfosco appare per la prima volta in un documento dell’anno 1153, da quale risulta che il conte di Sabiona comprò Colfosco dall’abate di San Candido, e la località all’epoca sembra fosse solamente un pascolo sul quale i contadini di Laion e della Val Gardena conducevano le loro mandrie a pascolare. Con il passare del tempo gi abitatori dapprima stagionali, iniziarono poi pian piano a stabilirvisi ed a rimanervi anche d’inverno, e non più solo d’estate. I primi masi di Colfosco erano, com’era consuetudine del momento storico, di proprietà delle famiglie nobili.

Mentre di Corvara si hanno notizie storiche soltanto dal 1292, ed apparteneva al tempo all’antica signoria della Val Badia, e faceva parte della giurisdizione di Marebbe, di Colfosco al contrario si ha traccia certa già un secolo e mezzo prima, precisamente dall’anno 1153, e l’abitato faceva parte fin dal 1296 della giurisdizione di Selva di Val Gardena, oltre che del vescovato di Bressanone, ed è stata annessa alla Val Badia solo nell’anno 1828.

Colfosco – Veduta

Associazione turistica Colfosco - Colfosco - Alta Badia

Brunico (Bz)

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A Brunico si riannodano i fili. Qui, dove le Valli di Tures e Aurina dal nord e la Val Badia dal sud convergono nella verde Val Pusteria, qui dove l’Aurino sfocia nella Rienza, proprio qui il fascino mondano incontra l’autenticità altoatesina: in forma di architettura, cultura e offerte per il tempo libero.

brunico

cosa vedere a brunico

Per vedere il centro di Brunico si può calcolare una mezza giornata. Nel caso si volesse visitare anche i vari musei, allora un giornata intera è indispensabile. E così ho fatto io 🙂 Partendo dal B&B Niedermairhof, con una passeggiata di soli dieci minuti, arrivo in centro città. Punto iniziale del mio itinerario per Brunico è la chiesa delle Orsoline, eretta agli inizi del XV secolo in stile gotico e addossata alle mura della città: il campanile stesso faceva parte delle strutture difensive. A fianco del complesso troviamo la porta dell Orsoline, vero varco d’ingresso alla cittadina medievale che conduce alla Via Centrale/Stadtgasse.

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Nel 1252 Brunico nacque come borgo fortificato circondato da un fossato e da mura ai piedi di un castello. E’ ancora riconoscibile l’impianto medievale, con l’accesso da quattro porte e asse principale sulla via Centrale tuttora tra le più belle dell’Alto Adige.
La strada corre fra porta delle Orsoline e porta Ragen, costeggiata da edifici ricchi di particolari, il più delle volte limitati a semplici Erker o a cornici affrescate.
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Una piccola sosta alla chiesa di S. Maria Assunta, la chiesa parrocchiale, con l’organo più grande dell’Alto Adige, e ritorno in zona porta Ragen per la salita al castello.
Lungo il vicolo castello si incontra la chiesa di S. Caterina, di origini gotiche ma con interni barocchi e con un elegante campanile con guglia a doppio bulbo.
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In pochi minuti a piedi arrivo all’ingresso del castello. La fortezza fu costruita negli anni della fondazione di Brunico e comprendeva inizialmente il mastio e due edifici residenziali. Oggi ospita il quinto museo della montagna “MMM RIPA”, di Reinhold Messner. Il nome significa “uomo di montagna” in lingua tibetana. Questo è stato il museo di Messner che mi è piaciuto di più: all’interno sono esposti opere e oggetti d’uso quotidiano delle più importanti culture alpine nel mondo.

Rifugio Fondovalle in Val Fiscalina, alle soglie del parco naturale delle Dolomiti di Sesto in Alto Adige

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Il comune di Sesto si estende dall’imbocco della valle presso San Candido fino al Passo della Croce. Sesto è caratterizzato da una vivace storia ed oggi è una delle destinazioni turistiche più frequentate dell’Alto Adige. Oltre alla località principale di San Vito, Sesto comprende anche i borghi San Giuseppe, Außerberg, Quiniga, Monte di Mezzo, S. Giuseppe e Ferrara. Il territorio comunale si estende da 1.244 m fino ai 3.152 m della Cima Tre Scarperi. La formazione montuosa più interessante della zona però, sono le Tre Cime di Lavaredo, alle quali Sesto deve anche la sua popolarità. Le Tre Cime di Lavaredo sono il punto d’attrazione numero uno della regione, ed è anche il simbolo dell’Alta Val Pusteria.

Circondato dalle Alpi Carniche e dalle Dolomiti di Sesto, il comune si estende nell’omonimo parco naturale Dolomiti di Sesto, che comprende anche la gigantesca meridiana di Sesto. Sciare o slittare sulla Croda Rossa nella regione sciistica Tre Cime Dolomiti, fare sci di fondo nella romantica Valle Fiscalina, oppure intraprendere un’escursione al Rifugio Fondo Valle, questi sono i nostri consigli per un soggiorno invernale a Sesto. Particolarmente amati in estate sono il Giro delle Tre Cime di Lavaredo e la via ferrata del Monte Paterno. In una vacanza con bambini dovete assolutamente visitare le renne sulla Croda Rossa, che si muovono liberamente anche nell’area sciistica ed escursionistica.

Sesto per i ciclisti significa l’itinerario del Dolomiti Superbike ed il percorso dello Stoneman Trail, ideato dal mountain biker Roland Stauder. Niente gara, solo pura sfida.

Merano e i giardini della Sissi

Merano ha molte storie e una di queste è raccontata dal Sentiero di Sissi. La popolare Imperatrice Elisabetta d’Austria amava compiere lunghe passeggiate. Dal centro di Merano, passando per angolini tranquilli, residenze nobiliari, dimore storiche e giardini antichi, è possibile oggi raggiungere a piedi la dimora imperiale di Castel Trauttmansdorff sulle tracce di Sissi. Sul tratto del sentiero che dai Giardini conduce fino al Parco dell’Imperatrice Elisabetta in centro a Merano, diversi luoghi ricordano le visite di Sissi nella città termale. Ben segnalato, il Sentiero di Sissi è ovviamente percorribile anche con carrozzine e passeggini.

Lana, il paese frutticolo più grande dell’Alto Adige, offre un centro vivace e una vasta gamma di monumenti culturali.

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Il comune di Lana si trova sul versante meridionale della conca di Merano, all’imbocco della Val d’ Ultimo, ed è comodamente raggiungibile sia in treno che in macchina. Situato tra 250 e 1.910 m s. l. m, Lana è il paese-simbolo della frutticoltura, infatti, ricopre una delle aree frutticole più antiche ed estese dell’Alto Adige. Il cosiddetto “frutteto dell’Alto Adige“, immerso in un paesaggio alpino, è un paese dall’aspetto moderno e piacevole, adatto alle famiglie, che offre una grande varietà di monumenti culturali assolutamente da visitare.

Dal punto di vista storico, il comune è dotato di circa una quarantina di chiese, cappelle e monasteri sparsi per il territorio, tra cui le leggendarie rovine dei castelli Leone, Braunsberg e Brandis.

Lana soddisfa ogni necessità: gli amanti dello shopping possono fare una passeggiata tra le vetrine dei negozi, nella vivace zona pedonale “Am Gries”, mentre chi cerca il contatto con la natura può fare una gita al Monte San Vigilio, montagna di casa. Consigliamo una tranquilla e rilassante escursione lungo la passeggiata Brandis, oppure una camminata lungo la romantica Passeggiata Gola. Chi invece preferisce il golf, può avventurarsi sul verde campo da golf Brandis a 9 buche.

Il ricco programma culturale di Lana propone le Giornate della zucca, il festival LanaLive, la Festa della fioritura, gli spettacoli teatrali nella gola di Lana, nonché il suggestivo Mercatino di Natale.

Riva del Garda (Trento)

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Sulla sponda nord del Lago di Garda sorge Riva del Garda, un luogo dove l’azzurro dell’acqua e del cielo, il verde della vegetazione mediterranea e il bianco delle spiagge danno vita ad un’opera d’arte.

Riva del Garda (già RivaRipa in latinoRìva in dialetto locale) è un comune italiano di 17 407 abitanti[1] della provincia autonoma di Trento, quinto per popolazione dopo TrentoRoveretoPergine Valsugana e Arco. È il secondo comune per popolazione tra quelli che si affacciano sul Lago di Garda, dopo Desenzano del Garda. Fa parte della Comunità Alto Garda e Ledro. Centro turistico internazionale per lo più per la villeggiatura estiva.

La nascita della Repubblica Italiana avvenne a seguito dei risultati del referendum istituzionale di domenica 2 e lunedì 3 giugno 1946, indetto per determinare la forma di stato da dare all’Italia dopo la seconda guerra mondiale.

Per la prima volta in una consultazione politica nazionale votavano anche le donne: risultarono votanti circa 13 milioni di donne e circa 12 milioni di uomini, pari complessivamente all’89,08% degli allora 28 005 449 aventi diritto al voto.

I risultati furono proclamati dalla Corte di cassazione il 10 giugno 1946: 12 717 923 cittadini favorevoli alla repubblica e 10 719 284 cittadini favorevoli alla monarchia[1]. Il giorno successivo tutta la stampa dette ampio risalto alla notizia.

La notte fra il 12 e 13 giugno, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, prendendo atto del risultato, assunse le funzioni di capo provvisorio dello Stato. L’ex re Umberto II lasciò volontariamente il paese il 13 giugno 1946, diretto a Cascais, nel sud del Portogallo, senza nemmeno attendere la definizione dei risultati e la pronuncia sui ricorsi, che saranno respinti dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946; lo stesso giorno la Corte integrò i dati delle sezioni mancanti, dando ai risultati il crisma della definitività.

BUON PONTE LUNGO,RILASSATEVI PER QUANTO E’ POSSIBILE

Floriana@

La tristezza ha il sonno leggero

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Somiglia a una commedia italiana (della nostra più felice tradizione) la narrazione di Marone, capace di raccontare con sensibilità e crudezza, pudore ma persino divertimento. Un romanzo che vive di rimandi e ispirazioni non solo letterarie: “Il giovane Holden”, Franzen, “La famiglia” di Scola. Con il pregio di non strizzare l’occhio ai conflitti in corso, o al conformismo sui desideri delle coppie.

Erri Gargiulo ha due padri, una madre e mezzo e svariati fratelli. È uno di quei figli cresciuti un po’ qua e un po’ là, in bilico tra due famiglie e ancora in cerca di se stesso. Sulla soglia dei quarant’anni è un uomo fragile e ironico, arguto ma incapace di scegliere e di imporsi, così trattenuto che nella sua vita, attraversata in punta di piedi, Erri non esprime mai le sue emozioni ma le ricaccia nel¬lo stomaco, somatizzando tutto.
Finché un giorno la moglie Matilde, con cui ha cercato per anni di avere un bambino, lo lascia.
Da quel momento Erri non avrà più scuse per rimandare l’appuntamento con il suo destino.
Circondato da un carosello di personaggi mai banali, Erri deciderà di affrontare, una per una, le piccole e grandi sfide a cui si è sempre sottratto. Imparerà così che per essere felici dobbiamo essere pronti a liberarci del nostro passato, capire che noi non siamo quello che abbiamo vissuto e che, se non vogliamo vivere una vita che non ci appartiene, a volte è indispensabile ribellarci. Anche a chi ci ama.
Sarà pronto, ora, a prendere la decisione più difficile della sua esistenza?

La bellezza della valle di Funes circondata dall’Odle (Alto Adige)

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La natura, in questa Valle (che ha dato i natali a Reinhold Messner) lunga complessivamente 24 chilometri e popolata da soli 2.600 abitanti residenti, la fa da padrona. Qui i turisti sono benvenuti ma a precise condizioni.

C’è chi in modo interessato la definisce, e a ragione, uno dei paesaggi più belli e suggestivi dell’intero Alto Adige. Di sicuro la Val di Funes è un gioiello di questa porzione di Italia che si sviluppa a Nord di Bolzano, sul lato orientale della Valle dell’Isarco, arrivando ai piedi delle vette delle Odle, dichiarate giusto dieci anni fa dall’Unesco, come parte integrante delle Dolomiti, patrimonio dell’umanità. La parola d’ordine per chi viene da queste parti è “tranquillità”, d’estate come soprattutto d’inverno, quando ciaspolate, sci di fondo e discese con lo slittino si sostituiscono ai percorsi di nordic walking, ai sentieri e alle ferrate disseminati lungo l’intero gruppo delle Odle. La natura, in questa Valle lunga complessivamente 24 chilometri e popolata da soli 2.600 abitanti residenti, la fa da padrona e basta uno sguardo in direzione delle imponenti torri rocciose dolomitiche e dei verdissimi prati e dei boschi di conifere che le circondano per rendersene conto.

Il meraviglioso castello di Sissi (Trauttmansdorff) a Merano

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Castel Trauttmansdorf (chiamato anche Castel Neuberg (di Nova), in ted.Schloss Trauttmansdorff) è un castello che si trova a Merano (BZ). Ospita il Touriseum, il museo provinciale del Turismo. Nel 2001 è stato aperto l’orto botanico che circonda il castello: Touriseum e giardini di castel Trauttmansdorff.

Nel XIV secolo nel luogo dove ora sorge il castello c’era un altro castello, chiamato Neuberg, che ebbe fra i proprietari gli Angerheim e i Suppan. La famiglia Trauttmansdorff lo acquistò nel 1543 mentre si trasferivano dalla Stiria nel Tirolo meridionale, oltre a due castelli nei pressi di Trento. Franz, il figlio dell’acquirente, lo fece ampliare. Due generazioni più tardi questo ramo della famiglia Trauttmansdorff si estinse, segnando il tramonto di un’epoca: la nobiltà perse interesse per i castelli di sua proprietà e si ritirò nelle residenze urbane. La conseguenza fu il decadimento del castello Neuburg nell’anno 1777. Tra il 1777 e il 1778 crollarono la torre e la cappella.

Soltanto nel 1846 Joseph von Trauttmansdorff, conte di Stiria, si trasferì a Merano, neonata “città di cura”, ricomprando il castello 150 anni dopo che i suoi parenti l’avevano abbandonato. Ridotto a rovine, lo ampliò fino alle dimensioni che lo caratterizzano al giorno d’oggi, integrandolo con elementi neogotici. Il castello fu rinominato Trauttmansdorff e fu il primo esempio di castello neogotico nel Tirolo. Nel 1867 Joseph morì ed il suo corpo venne deposto nella cripta, situata attualmente sotto la cappella del castello. Morto scapolo, il suo ingente patrimonio passò in eredità al cavalier Moritz von Leon, molto probabilmente figlio illegittimo del conte.

Nel 1870 ospitò Elisabetta di Baviera, la principessa d’Austrai Sissi, durante le sue cure a Merano. Con le figlie Gisella e Maria Valeria, rispettivamente di 14 anni la prima e di 2 anni la seconda, l’imperatrice occupò l’ultimo piano dell’edificio. Questa visita rese la cittadina sudtirolese estremamente famosa come luogo termale. Vissero nelle stanze del secondo piano dell’edificio. Il seguito dell’Imperatrice era invece composto da 102 persone e fu sistemato in alcune residenze nei dintorni della struttura. Fu grazie all’Imperatrice Elisabetta che Merano divenne una nota “città di cura”. A pochi mesi dal suo arrivo a Merano, infatti, i giornali viennesi annunciarono i progressi fatti dall’Imperatrice, che non godeva di ottima salute, beneficiando del clima mite presente nella città dove si stanziò per sette mesi. Nel settembre 1889 Elisabetta tornò per la seconda volta a castel Trauttmansdorff, otto mesi dopo che suo figlio Rodolfo d’Asburgo-Lorena, nonché principe ereditario, si era suicidato a Mayerling.

L’ospite dell’imperatrice fu Moritz von Leon, che però fu costretto a rivendere tutti i suoi beni, compreso il castello e le residenze di Pienzenau e Fragsburg, con le relative tenute a Friedrich von Deuster di Kitzingen, proveniente da Kitzingen, non distante da Würzburg. Deuster partecipò attivamente alla vita della città di cura in pieno sviluppo. Diventò membro della direzione corse dell’ippodromo, acquistò Fragsburg, fece allestire frutteti e giardini tutto attorno al castello e rialzò l’ala orientale con una sala in stile neorococò. Questi portò il castello a nuovo splendore, che terminò con l’inizio della prima guerra mondiale.[1]

In seguito alla prima guerra mondiale, Friedrich von Deuster fu espropriato dei suoi beni, come molti cittadini germanici in Italia, sotto il Fascismo, e divenne sede dell’Opera Nazionale Combattenti e fu chiamato Castel di Nova (dal nome del torrente che scorre poco distante). Nel periodo caratterizzato dal fascismo gli arredi del castello furono quasi completamente perduti e l’edificio diventò cadente. L’ONC tentò di trovare un acquirente per la proprietà del castello, senza però riuscirci. Nel corso dell’occupazione tedesca della provincia dopo l’armistizio dell’8 settembre fu usato dalla Wehrmacht.

Nel 1977 l’Associazione Nazionale Combattenti fu sciolta e la proprietà passò all’amministrazione provinciale, che nel 1990 lo adibì a sede del Touriseum, aperto nel 2003 dopo anni di restauri. I giardini del castello sono stati realizzati in collaborazione con il Giardino esotico Pallanca.[2] Nel 2001 fu aperto anche l’orto botanico di Merano.