#3#

Il suo invito fu inaspettato. Sapevo quanto ci tenesse a non condividere con gli estranei il suo studio. Parlava, quasi con sufficienza, della sua passione per la pittura e si schermiva se gli veniva chiesto se era bravo. “Chi, io? Ma no. Ci provo a dipingere, ma non sono bravo”, poi ad un aperitivo in centro in un bar semideserto, mi chiese se volevo vedere le sue tele.
Lo guardai stranita, con il bicchiere dello spritz fermo a mezz’aria. “Davvero me le farai vedere?”. “Certo”. E mi presentai il giorno successivo. Mi aprì con il sorriso sulle labbra e io ricambiai. Mi fece entrare. “Vuoi un caffè? Vino bianco?”. “Il vino andrà benissimo.” Mi guardai in giro osservando l’appartamento. Stavo guardando i vinili quando tornò con il vino. “Vieni” mi disse. Lo seguii per il corridoio fino a quando aprì una porta. L’odore di pittura e trielina mi invase le narici. La stanza era luminosa ma non grandissima. Molte tele erano appese alle pareti. Altre appoggiate a terra. Mi colpirono i paesaggi. Alcuni sembravano strani, quasi di un altro mondo. “Non dici nulla” mi disse sorseggiando il vino. “Sono piacevolmente sorpresa” gli risposi senza guardarlo ma continuando ad osservare le tele. Si avvicinò, mi mise una mano sul fianco e appoggiò le labbra sul collo. Percepivo il calore della sua mano e il suo fiato leggero che mi solleticava. Mi girai verso di lui. Lo guardai. Lui alzò la bocca quel tanto che bastava per potergli dare un bacio. Gli sfiorai le labbra e lui ricambiò. Poi mi prese il bicchiere dalla mano e lo posò sul tavolo ingombro di pennelli e colori. Le sue mani mi circondarono il viso e mi baciò con enfasi. Pensai che forse stava esagerando. Poi rallentò. Nel contempo mi spingeva all’indietro e mi ritrovai contro il muro. Le sue mani sul viso. Le mie sui suoi fianchi. E quel bacio così bramato nel tempo.  Poi mi prese le mani e le bloccò sul muro. Trattenni il fiato. “Voglio che mi pensi. Sempre. Voglio essere il tuo pensiero fisso. Il tuo tormento. La tua voglia inconfessabile. Il tuo segreto più oscuro.”
Quando feci per andarmene, mi mise una mano sulla nuca baciandomi poco sotto l’orecchio. “Ci rivedremo molto presto. Ne sono sicuro.” Fu il suo sorriso sexy e rassicurante a farmi tornare il giorno dopo.

 

 

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#2#


Era uno di quei pomeriggi invernali freddi e nuvolosi, seduti sul divano cercavamo qualcosa di interessante da guardare alla tv, poi la mia attenzione è stata catalizzata da un film che avevo già visto qualche anno fa, Innamorarsi, con Meryl Streep e Robert De Niro.
“Lascia qui!” Ti avevo detto subito con il timore che tu potessi cambiare subito canale.
Mi hai guardato quasi di traverso.
“Ma dici sul serio?” Mi hai risposto con il telecomando a mezz’aria.
“Certo che si. È una storia bellissima. Ti prego…” e ti avevo fatto gli occhioni dolci.
Tu hai capitolato. Non sapevi resistere e poi sapevo che non ti piaceva discutere per un film. Ma capivo che ti stavi annoiando perché ogni scusa era buona per alzarti, poi quando sei tornato ti ho guardato.
“Sdraiati e metti la testa sulle mie gambe”.
Hai alzato un sopracciglio.
“Sarò scomodo a guardare il film in quella posizione.”
” E chi ha detto che voglio farti guardare il film…”
Non capivi ma hai obbedito.
Io guardavo il film e nel frattempo ti accarezzavo i capelli, ci infilavo le dita, giocavo con le ciocche. Tu mi hai preso il palmo e me l’hai baciato.
Io ho ricambiato, baciandoti sulle labbra.
Poi ho ripreso a coccolarti e ti sei rannicchiato addosso a me.
Ho sorriso, preso la coperta dal bracciolo e ti ho coperto.
“Ma dai” mi hai detto “tanto non mi addormenterò.”
“Non importa. Non voglio che prendi freddo”.
E ho ripreso a giocare con i tuoi capelli, poi hai chiuso gli occhi sospirando. Eri talmente rilassato che ti sei addormentato come un bambino.
Quando è finito il film ho spento la tv e ti ho guardato dormire.
Gli occhi chiusi, il respiro leggermente pesante, il corpo completamente rilassato.
Avevo sete, ma era troppo bello averti tra le mie braccia.
Quando ti sei svegliato ti stavo guardando.
Hai sorriso.
“Da quanto stavo dormendo?”
“Poco…troppo poco”.
E ti ho baciato.

 

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#1#

Un sabato pomeriggio come tanti.Di quelli dedicati allo shopping (che poi magari non compri nulla), e alle chiacchiere tra amiche.
Il centro era pieno di gente.
Qualche coppia mano nella mano, famiglie con passeggini e bambini capricciosi, gruppi di amici.
Quel giorno eravamo solo io e Ilenia. Lei parlava del nuovo arrivato in ufficio.
“È carino sai? Ma è troppo impostato.”
“Forse è timido e sta cercando di ambientarsi. Perché non lo inviti fuori per un aperitivo? Magari lo aiuti spiegandogli le dinamiche dell’azienda.”
Ilenia mi aveva guardato stranita.
“Sei seria?”
“Certo. Pensaci. D’altronde tu non ti sei mai fatta problemi con nessuno. Lui non dovrebbe far eccezione”.
Lei rise poi mi trascinò dentro ad un caffè.
C’era poca gente all’interno e ci sedemmo al tavolo all’angolo.
Scrutai la sala per vedere se ci fosse qualcuno di nostra conoscenza, quando la mia attenzione fu calamitata da un uomo seduto insieme ad una donna poco vestita, molto truccata e che parlava di continuo.
Di primo impatto mi inquietò. Era tutto tatuato, compreso la faccia.
Lui sembrò accorgersi del mio sguardo e si girò verso la mia direzione.
Io feci finta di guardare altrove. Ma sentivo i suoi occhi fissi su di me.
Anche Ilenia se ne accorse.
“Quel tipo ti sta fissando.”
“Lo so. Me ne sono accorta.”
Ordinammo i caffè e chiacchierammo, ma lo sguardo di lui era sempre fisso su di me.  Stava iniziando ad essere imbarazzante.
Quando ad un tratto la donna che era con lui si alzò e si diresse verso la toilette.
Lui si protese sulla sedia per un attimo, poi si alzò e si diresse verso la cassa.
E si girò nella nostra direzione. Fu in quel preciso momento che decisi di sostenere il suo sguardo. Se era un gioco, era meglio giocare in due.
Lui parve capire il mio pensiero, fece un mezzo sorriso e scosse la testa.
Ma durò poco perché torno la sua tipa.
“Fine dei giochi” sussurrò Ilenia.
“Io direi di fare ancora qualche giro per negozi e poi tornare a casa. Che dici?”
“Concordo”.
E ci alzammo per andare a pagare, mentre i 2 uscivano dal locale.
La mano di lui sulla schiena di lei, la sua testa girata verso di me.
Poi sparirono.
Riprendemmo il nostro giro tra le vie del centro, fermandoci ogni tanto ad osservare le vetrine.
Fu quando ci stavamo dirigendo verso l’auto, che lo scorsi in mezzo alla folla.
Lui si dirigeva verso di me, io verso di lui.
Occhi negli occhi. Ci sfiorammo e girammo la testa per guardarci.
La tizia con lui pareva non essersi accorta di nulla.
Invece io mi accorsi della scossa che mi pervase dalla testa ai piedi.
Ma cercai di non pensarci più. E non fu semplice. Quegli occhi e quello sguardo me li portai per tutta la settimana.
Il sabato successivo tornai in centro da sola.
Stesso percorso. Stesso caffè.
Di lui nemmeno l’ombra. Rimasi delusa. Forse era solo di passaggio.
Entrai in un negozio e guardai distrattamente qualche vestito. Quando uscii me lo trovai di fronte. Era vestito nello stesso modo e aveva lo stesso sguardo. Ma senza la donna appariscente.
Allungò la mano nella mia direzione.
“Piacere Andrea”.
Ricambiai la stretta.
“Elena”.
Sorrise. “Piacere mio. Oggi sola?”
“Eh si.”
Volevo chiedere se lo fosse anche lui, ma mi trattenni. E come se mi avesse letto nel pensiero mi disse “anch’io”.
Poi rimanemmo a guardarci. La gente ci scansava e fluiva attorno a noi. Qualcuno ci guardava senza capire. Sembrava di stare in uno di quei film, in cui tutti si muovevano al rallenty.
Poi il tempo parve fermarsi.
Quando ad un tratto si avvicinò.
“Vorrei baciarti. È da quando ti ho visto che ho voglia di farlo.”
“Fallo” è l’unica cosa che riuscii a dire.
Poi sentii la sua mano dietro la nuca e la sua bocca sulla mia.
E il tempo si fermò di nuovo.

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