Onore a Baby Ram. Da Cuore a Cuore.

Tutti veniamo dalla stessa Fonte/Sorgente. Tutti siamo Uno.

È solo questione di ricordarlo, rimuovendo blocchi e impedimenti. E riconoscendo le azioni di chi, per disposizione diversa, vorrebbe portarci altrove, pur con il nostro benestare di un qualche genere.

Se questa è la premessa, la funzione di un presumibile maestro è solo quella di schiarire la strada e farla brillare. Di indicarla anche, seppur solo al limite.

Così, la sua presenza nella vita di chi ha scelto il percorso “devozionale”, potrebbe considerarsi molto condizionata, limitata, e, per certi rispetti, vincolata a quella specifica assistenza.

Tuttavia, per come le cose sono, e per come tendiamo a crearle, soprattutto quando in azione è il Cuore, il vincolo che si viene a creare  tra due esseri, entrambi straordinari, non può ridursi solo questo, e non può essere limitato al semplice approvvigionamento di una guida, o di un qualche tipo di navigatore. Perché fin da subito esso manifesta le proprietà di un’attenzione ai confini dell’assoluto per i soggetti coinvolti, per quanto in una estensione e valore tendenzialmente infiniti.

Così, nel tempo e nello spazio, sciolto un voto, un legame, espletata una mansione, non può non attivarsene un’altra. Immediatamente. Perché è lo stesso rapporto Creatore-Creatura, Creatore-Universo, ad assumere in un qualche senso, e più di uno, rilievo.

Quindi, il legame maestro-discepolo non avrà mai fine – perché, come fa a finire l’Amore? – rivivendo per sempre l’un essere nell’altro, al punto che si faticherà a rinvenire estremità, pur rimanendo operanti le relative svariate individualità.

Quando ho rinvenuto in me l’esigenza forte di cercare un maestro, è accaduto perché cercavo disperatamente e ostinatamente Dio, o, perlomeno, un Dio.

Così, per un qualche motivo, ho trovatoBaba. E, grazie a lui, nel ritrovare l’Amore, ho ricominciato la ricerca di Me stesso. E a ritrovare ciò che sempre sono stato.

A distanza di un qualche tempo, e di punti diversi di una ricerca che, so per certo, ma la cosa non mi spaventa, non finirà mai, le cose non sono più le stesse. E tutto ha un sapore universalmente diverso.

Non posso più cercare un Dio, e l’unica cosa che posso permettermi, all’attuale stato della mia conoscenza, è un Amico. Un Amico incorrotto. Perché, forse, è questo ciò che più mi preme ritrovare in me. L’Essere che onestamente sono. Fin dall’origine. E al di là di ogni sogno, ogni abbaglio, ogni inganno.

In quel particolare istante, Sai Baba ha rappresentato fisicamente ciò che il mio Se mentale/emozionale chiedeva e il mio Se Superiore aveva approvato per me. Ha interpretato quella parte, esprimendo esattamente ciò che mi serviva in quell’esclusivo tempo.

È difficile per noi, dal mondo dei nomi e delle forme, concentrarci sul “nulla”, sull’indifferenziato, su un Se superiore che non sappiamo, in questo piano illusorio che spinge alle smemoratezze, che tipo di fattezza possa effettivamente assumere.

Egli ne ha preso una per tutti – tutti quelli che così hanno scelto. Così, tutto sembrava, almeno per un qualche lampo, avere un senso.

Che era poi il senso di chi aveva intrapreso la via del ritorno.

Forse, solo forse, quando rivedrò Baba in Prema Sai, proverò un qualche tipo di angoscia. Perché il ricordo di Sai Baba, della sua forma, nell’illusione, mi farà rimpiangere per un momento il contatto con i suoi passati tratti, seppur intimamente conserverò l’imperativa certezza della sua sempiterna presenza.

Che poi è accaduto un po’ anche con lo stesso Baba, quando una parte di me rivoleva Shirdi, seppur la memoria fosse meno nitida.

Sono tranquillo però, perché tutto, sono sicuro, svanirà in un attimo, nel momento in cui il vortice dell’emozione fonderà il tutto in un’unica soluzione.

Sarà tutto diverso, certo. Ma il contatto con l’Essenza conserva sempre la delicata bontà della pienezza. Pur nell’illusione. Namasté.

 

Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita].

Marius L.

Il privilegio dell’Equilibrio…

Già da quelle prime avvisaglie di consapevolezza ed energia in questo spazio, che tale allora neanche era,  dopo che quell’Essere che era Uno decise di diventare Molti, coprendo in qualche modo di illusione una realtà approssimativamente di base, quando ancora il cammino era verso le opportunità e le possibilità, praticamente infinite, di sperimentazione, il germe del “rimpatrio” cominciò ad insinuarsi nei cuori di ognuno.

Da una parte quindi, l’Essere che tutto È, e le sue derivazioni e varianti, si apre alle indagini e capacità di conoscenza, dall’altra ogni evento è “contaminato” dall’aspirazione di rientro all’Origine, alla Fonte di ciò che non si è mai smesso di essere.

È un po’ il paradosso della Creazione, che è insieme esplorazione infinita e struggimento per l’illusoria separazione, per quelle parti, pur minuscole o infinitesimali, che ne testimoniano il gioco.

L’esigenza di “ritornare a casa” è quindi una costante del processo di esperienza, oltre che della ricerca, assumendo ovviamente una miriade indefinita di forme e sostanze.

Cerchiamo di ritornare a casa da questo pianeta, se conserviamo la sensazione, di non essere esattamente dei “nativi” o dei veri “terrestri”. E lo faremo probabilmente in ogni realtà sperimentata, perché ogni dimensione ce ne prospetterà un’altra più affine alle nostre nuove aspirazioni sempre in costante ascesa.

In realtà, la nostra casa è l’Universo intero, e qualsiasi spazio oggetto di indagine, seppur ne incarneremo, ai fini di conoscenza, una parte sempre in qualche modo in conflitto con altra. Almeno fino alla comprensione totale, quando il reintegro sarà completo, e il processo potrà ricominciare.

Per questo la grazia è mantenersi in equilibrio. Ad ogni istante, in ogni momento, ad ogni accenno di vita e ad ogni movenza. Trovare sempre un centro che ci garantisca il riferimento. E l’obiettivo è cercarlo in ogni cosa, perché non potrà non esserci.

Per qualcuno è l’Amore, almeno per chi è orientato positivamente, per altri la Luce. Ma può essere un Dio, o un maestro, o un insegnamento.

È qualcosa sul quale sederci e riposare. E trovare conforto, anche. E ispirazione.

E centralità. Che poi è il termine giusto, perché è il centro di noi stessi, e di ciò che sempre siamo.  Namasté.

 

Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita].

Marius L.

Nell’Amore della Libertà.

Spesso abbiamo difficoltà ad accettare la realtà che ci circonda. Perché abbiamo dei ricordi. Anzi, quasi certezze. Sappiamo che molte cose non sono necessarie. Il dolore, la malattia, la scarsità. Sappiamo che possiamo manifestare tutto ciò che vogliamo in un attimo. Che basta un piccolo vortice nel vuoto, e l’energia/materia diventa ciò intendiamo.

Eppure siamo preda della confusione, che è una legge potente di questo piano. Dell’illusione.

È questo uno spazio di libertà. Di libero arbitrio. Ma non da tutti viene inteso allo stesso modo. E chi lo intende in tutta la sua estensione, e magnificenza, se condivide lo stesso spazio con altri che esprimono idee diverse, rischia di soccombere.

È come se ci muovessimo su una terra di serpenti velenosi. Chi ama e apprezza la libertà, chi ha scelto gli “Altri” più che se stesso, accetta la piena libertà di espressione di tutti. Perfino nella loro scelta di fare agli altri del male. Forse spera, e fino alla fine, che riuscirà a fare cambiare loro idea, ad essere se stessi ma senza paura, e senza più desiderio di tirannia, di dominio, di offesa, nei confronti degli altri.

Chi invece vede solo se stesso, e interpreta tutto in termini di potere, supremazia, conquista, non può, per conformazione mentale, accettare lo stesso per gli altri. Perché andrebbe contro la propria libertà di possederli, di conquistarli, di dominarli.

Così, alla fine, non ci si intende. E qualora si dovesse scegliere di condividere lo stesso spazio, occorrerebbero delle regole molto complesse, che non è detto, per quanto già espresso, che funzionino perfettamente.

Perché si creerebbe una situazione problematica da gestire, che genererebbe a sua volta un equilibrio altamente instabile.

Quindi, con molta probabilità, uno dei due gruppi, dovrebbe fare spazio all’altro. E adeguarsi, se è suo desiderio sopravvivere [in quello spazio]. Ovvero, scegliere una nuova area di sperimentazione.

Il dilemma di questa parte di universo, in queste frequenze che stiamo sperimentando, è soprattutto questo.

Amare la libertà, è qualcosa di tendenzialmente totalitario. L’Amore è già qualcosa di estremamente assolutistico. Qualcosa che per la sua stessa intrinseca e primaria natura, è destinato ad includere ogni cosa, pena la sua “corruzione” e il suo allontanamento dall’innocenza originaria.

Amare la libertà e desiderarla per se stessi, e non per gli altri, è senso di una visione equivoca delle cose.

Chi ama veramente la libertà, lo fa percependo quest’ultima nella sua genuinità e nel suo incorrotto splendore. E il suo Cuore rischia di spezzarsi ad ogni negazione, perfino a stento accennata, di questa essenzialità.

Per questo è così difficile far coesistere le differenti visioni. Perché le intrinseche nature di entrambi gli estremi protendono, pena la loro stessa sopravvivenza, verso questo intento globalizzante.

Perciò, alla fine, si potrà solo scegliere l’una o l’altra.

Almeno fino a quando sarà necessario, visto che ad un certo punto delle frequenze la dualità non sarà più ammessa, e tutto sarà liberato in un’unica soluzione. Namasté.

 

Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita].

Marius L.