Saggi sulla sinistra hegeliana. Enrico Rambaldi – Karl Marx ed Heinrich Heine; da: “Le origini della sinistra hegeliana. H. Heine, F. Strauss, L. Feuerbach, B. Bauer” (APPENDICE VII), pp. 323-328, 1966.

Karl Marx ed Heinrich Heine

La famiglia Marx insieme a Heine
La famiglia Marx insieme a Heine

ENRICO RAMBALDI

Marx ed Heine si conobbero alla fine dicembre del 1843, dopo il ritorno del poeta dal breve viaggio in Germania dal quale sarebbe poi nato il componimento H. Heine, Deutschland. Ein Wintermärchen (in Sämtliche Werke, II, pp. 423-494), annunciato in una lettera all’editore Campe del 20 febbraio 1844 (H. HEINE, Briefe, II, pp. 501-502), e che si inserisce in una fase di nuova radicalizzazione del nostro (che il 17 aprile 1844 riscriveva a Campe chiedendogli che Deutschland. Ein Wintermärchen venisse pubblicata senza censura; ibid., pp. 505-508). Il radicalismo di quel periodo è documentato anche da H. Heine, Briefe über Deutschland, pagine di prosa che vennero originariamente scritte per accompagnare la poesia, e poi soppresse da Heine per non dar motivo alla censura di intervenire sulla pubblicazione dei versi (cfr. lettera a Campe del 5 aprile 1844, ibid., pp. 515-519). Sulle evidenti e profonde influenze marxiana e feuerbachiana presenti in queste pagine di prosa, ci siamo già soffermati. Da notare tuttavia che in esse c’è il richiamo al Feuerbach de L’essenza del cristianesimo, non a quello delle Tesi o dei Principi; c’è il richiamo all’ateismo, non alla critica della speculazione hegeliana in quanto tale, in quanto processo di predicazione illusorio, irreale. Heine sembra aver recepito gli aspetti più politici e di ateismo «generico» (cioè non indissolubilmente legato alla critica della predicazione speculativa, come è invece per Marx e per Feuerbach) anche dai saggi di K. Marx, Zur Judenfrage e Zur Kritik der hegelschen Rechtsphilosophie. Einleitung (entrambi apparsi sugli «Annali franco tedeschi » nel febbraio 1844, ed ora in MEGA, I, I 1 , rispettivamente alle pp. 576-606 e 607-721; recenti traduzioni italiane in L. Firpo, ed. cit., pp. 355-393 e pp. 394-412; R. PANZIERI, ed. cit., pp. 43-86 e 87-108, e nella traduzione degli «Annali franco tedeschi» a cura di G. M. Bravo).

Copertina della prima edizione di Deutschland ein wintermaerchen

La valutazione che nelle Briefe über Deutschland si dà di Hegel è infatti, seppur radicalizzata, ancora quella di Zur Geschichte…, tanto che Heine, come si è detto, rivendica una continuità tra la propria opera del 1834 e le critiche di Feuerbach e Marx, e presenta anche il comunismo come lo sbocco logico e necessario di quello sviluppo culturale iniziato con la riforma quale egli aveva esposto ai francesi. La soglia che anche allora separerà Marx (come pure il Feuerbach delle Tesi e dei Principi) da Heine, sarà squisitamente filosofica: questi non intese la portata antihegeliana della critica alla predicazione speculativa, non intese il valore né le implicazioni filosofiche del «rovesciamento» — come allora si diceva — della dialettica hegeliana, nonostante avesse, come si è visto, chiara coscienza delle implicazioni politiche (necessità di passare «dalla dottrina all’azione») ed ateistiche della posizione di hegelismo radicale (che tale per lui rimaneva la posizione di Feuerbach e dei comunisti) del 1843-1844, e partecipasse dell’avversione di Marx (ecco un altro chiaro elemento d’influenza culturale di questi sul poeta) per i «liberi» della «critica critica». Si legge infatti in Briefe über Deutschland:

«io non ho fatto altro che annunciare prima (corsivo mio) ciò che più tardi tanto ognuno doveva apprendere, e ciò che allora risuonò tanto strano, ora oltre Reno viene predicato su tutti i tetti. Ed in che fanatico tono vengono spesso tenute le prediche antireligiose! Noi ora abbiamo monaci dell’ateismo, che arrostirebbero vivo il signor Voltaire perché è un deista incallito» (ed. cit., p. 535).

feuerbach-coloriQuesti «fanatici monaci dell’ateismo» sono probabilmente Bruno Bauer e consorti. Che Heine non interpretasse questo momento culturale come rottura con l’hegelismo, appare chiaramente anche dal passo che segue:

«Devo confessarlo, questa musica non mi piace (giudizio che anticipa quel certo ribrezzo per la “rozza plebe ” che Heine più tardi tanto spesso manifestò), ma nemmeno mi spaventa, poiché sono stato in piedi dietro il maestro (italiano nel testo; espressione che in tedesco designa sia il direttore d’orchestra, sia l’autore di capolavori nel campo delle belle arti) quando la compose, certo in segni molto poco chiari e pieni di ghirigori, di modo che non tutti potessero decifrarla — spesso vidi come si guardava attorno spaventato, per timore che qualcuno lo capisse. Mi amava molto, poiché era sicuro che io non lo tradissi; io allora lo consideravo persino servile. Una volta che ero corrucciato per l’espressione: “tutto ciò che è, è razionale”, egli sorrise stranamente ed osservò: “Si potrebbe anche dire: ‘tutto ciò che è razionale, deve essere'” » (p. 535).

Bruno Bauer
Bruno Bauer

Certamente questo colloquio è, almeno in questa forma, frutto della fantasia del poeta, ma il suo significato culturale — distinguere un insegnamento esoterico da uno essoterico nel filosofo della Prussia ufficiale della fine degli anni venti — non cambia per questo. Qualche cosa di vero ci deve essere stato, del resto, dal momento che molti anni più tardi, in un’altra versione altrettanto fantastica (cfr. H. Heine, Geständnisse, ed. cit., pp. 46-50; Hegel questa volta viene paragonato ad una chioccia che cova le uova dell’ateismo e del comunismo) ritroviamo un elemento costante: che al colloquio abbia assistito anche Heinrich Beer (cfr. p. 47 dei Geständnisse e p. 535 delle Briefe über Deutschland). Anche nelle pagine del 1854 Heine comunque sarà dell’opinione che tra comunismo ed hegelismo non vi sia sostanziale soluzione di continuità; ben presto fui costretto a convenire — scriverà allora il vecchio poeta «ravveduto», parlando del comunismo — «che a tutte queste cose da senza Dio la filosofia hegeliana aveva dato il più spaventevole impulso» (H. Heine, Geständnisse, p. 48. Una terza versione di questo colloquio di Heine con Hegel ci è stata lasciata da Ferdinand Lassalle, Gesprdche über Hegels Sinnesänderung, sta nella rivista di C. L. Michelet, «Der Gedanke», 1861, anno II, fase. 1, pp. 77, ora anche in H. H. Houben, Gespräche mit Heine, ed. cit., pp. 525-526). Qualunque sia la verità o meno di questi colloqui con Hegel, certo è che Heine, sia nel 1834, in Zur Geschichte…, sia nel 1843-1844, in Briefe Uber Deutschland ed in Deutschland. Ein Wintermärchen, come pure nel 1854, in Gestàndnisse, fu sempre convinto che tra Hegel, ateismo e comunismo vi fosse una linea ininterrotta, senza bruschi sbalzi (quale sarebbe stata ad es. la critica radicale della speculazione hegeliana). Così ad es. per tornare al testo di Briefe über Deutschland, egli attribuisce direttamente ad Hegel la teorizzazione, per quanto attorniata di mille «ghirigori», dell’ateismo, ed all’ateismo salda la determinazione delle masse di farla finita con l’oppressione sociale. Tutto questo, senza sentire la necessità di rivedere dalle fondamenta — cioè dal rapporto di predicazione — il metodo speculativo hegeliano. Gli bastava insistere sulla razionalità anziché sulla realtà, sull’insegnamento esoterico — da gridarsi sui tetti, non da tenersi nascosto — anziché sulla lettera dell’insegnamento essoterico. Egli scrive che

«L’annientamento della fede nel cielo ha un’importanza non solo morale, ma anche politica: le masse non portano più con pazienza cristiana la loro miseria terrena, e aspirano ardentemente ad una beatitudine sulla terra. Il comunismo è una conseguenza naturale di questa, mutata, visione del mondo, e si estende per tutta la Germania. Una manifestazione altrettanto naturale è che i proletari nella loro lotta contro lo stato di cose esistente, abbiano come guide gli spiriti più avanzati, i filosofi della grande scuola (della filosofia tedesca in generale, ed hegeliana in particolare); questi trapassano dalla dottrina all’azione, scopo ultimo di ogni pensare» (H. Heine, Briefe über Deutschland, p. 535).

David Friedrich Strauss
David Friedrich Strauss

Il riferimento ai citati saggi marxiani, che collegano il radicalismo filosofico con la rivoluzione radicale del proletariato, è evidente. E certo è in primo luogo a Marx che si riferisce l’espressione di «filosofo avanzato». Manca tuttavia, come si vede, il senso del «rovesciamento» del metodo hegeliano, come appare anche dalla poesia «Doktrin», in H. Heine, Zeitgedichte: Sämtliche Werke, I:

«Batti il tamburo e non aver timore / e bacia la cantiniera! / Questa è tutta la scienza, / questo è il più profondo senso dei libri. / Sveglia con il tamburo la gente dal sonno, / batti la sveglia con forza giovanile, / marcia sempre in testa battendo il tamburo, / questa è tutta la scienza. / Questa è la filosofia hegeliana / questo è il più profondo senso dei libri! / Io l’ho capita perché sono intelligente, / e perché sono un buon tamburino». (La poesia apparve su «Vorwärts!» il 20 luglio 1844; ora in Sämtliche Werke, I, p. 301).

Heinrcih Heine
Heinrcih Heine

Il contatto di Heine con Marx è tuttavia profondo: Deutschland. Ein Wintermärchen venne infatti pubblicata per la prima volta su «Vorwärts!» il 19 ottobre 1844, e chi ne curò la pubblicazione fu proprio Marx (cfr. H. Heine, Briefe…, II, pp. 541-543, lettera del 21 settembre 1844 a Marx). Chiari influssi socialisti e marxiani sono presenti anche nella prefazione al componimento poetico (datata 17 settembre 1844, Sämtliche Werke, pp. 427-430), e soprattutto nella prefazione all’edizione francese, che registra qualche variante (ibid., p. 540). Di Deutschand. Ein Wintermärchen, G. Lukàcs, Heine et la révolution de 1848 (sta in «Europe», anno XXXIV, fascicolo doppio 125-126, maggio-giugno 1956, pp. 47-66), scrive che è il capolavoro politico dell’autore, al quale, come Engels, riconosce il merito di essere stato il primo a svelare il significato rivoluzionario ascoso nella filosofia hegeliana, e di aver respinto il romanticismo (pp. 47-49). Per Lukàcs, la posizione «ideologica» di Heine è quella di un «partigiano d’una rivoluzione borghese portata fino in fondo» (p. 53), al quale questo radicalismo, che tuttavia resta borghese, consentì di simpatizzare attivamente con il socialismo, anche se socialista o comunista non divenne mai. Che Heine non sia mai divenuto socialista, è vero. Ma Deutschland. Ein Wintermärchen, rappresentando il culmine dell’influenza marxiana, vi è molto vicina. Sia nei versi come nella prefazione Heine parla della necessità del socialismo, e della funzione che in ciò spetta alla Germania. Respingendo infatti l’accusa di essere nemico della propria patria perché s’oppone alle pretese dei nazionalisti tedeschi sull’Alsazia e la Lorena, il poeta dichiara che il suo patriottismo non consiste nella conquista di territori, ma nell’auspicio e nell’opera perché la Germania, forte della propria rivoluzione filosofica (che è poi sempre ancora quella esposta in Zur Geschichte…) porti a compimento anche la rivoluzione sociale, iniziata ma non compiuta dalla Francia del 1789, e realizzi l’ateismo, salvando nel contempo l’umanità dalla miseria (ibid., pp. 429-430). All’ambiente degli «Annali franco tedeschi» si riferisce anche la poesia Lebensfahrt (maggio 1843; in H. Heine, Zeitgedichte, ora in Sämtliche Werke, I, p. 308).

Per gli «Annali franco tedeschi» il poeta scrisse anche una satira di Luigi di Baviera, Lobgesänge auf König Ludwig (1844; ora in H. Heine, Nacblese zu den Zeitgedichten, in Sämtliche Werke, II, pp. 169-173). Tra i due redattori degli «Annali», Marx e Ruge, Heine fu di gran lunga più legato a Marx, di cui frequentava regolarmente la casa (cfr. A. Cornu, K. Marx et F. Engels…, III, pp. 27-35). Anche nella cit. poesia sulla sollevazione dei tessitori della Slesia, il poeta fece propria una tesi più vicina a quella di Marx che a quella di Ruge: cioè che si trattasse di una manifestazione di maturità politica, non di un soprassalto disperato, ed avente un’importanza esclusivamente locale, dovuto all’arretratezza tedesca (cfr. ibid., pp. 69 sgg.). Per l’influenza di Marx sull’attività letteraria del poeta, cfr. anche: H. Kaufmann, Politisches Gedicht und klassische Dichtung. Heinrich Heine, Deutschland. Ein Wintermärchen, Berlin, 1958; cfr. anche l’antologia di passi politici Genius der Freiheit. Heinrich Heines politische Schriften (a cura di W. Drews), Baden Baden, s. d., come pure Heinrich Heine und der Sozialismus (a cura di H. Wendel), Berlin, 1919. Sul pensiero politico di Heine, si veda anche il citato numero doppio di «Europe», che contiene una serie di collaborazioni sul problema, tra cui le più notevoli sono le segg.: P. Abraham, Pourquoi Heine?, pp. 3-11; E. Vermeil, Henri Heine, pp. 12-32; Victor Walter, Heine et Marx a Paris, pp. 12-11; Gilbert Badia, Heine Journaliste, pp. 78-91. Si veda anche: N. Bernikow, Heinrich Heine – der grosse Dichter der deutschen revolutionären Demokratie, sta in «Neue Welt», 1952, fasc. 2-3; Holzhausen, Heinrich Heine und Napoleon der erste, Frankfurt a M., 1903; R. Laagel, Contribution à l’étude de la pensée politique de Henri Heine, Paris, 1954; G. Lukòcs, Heine e la preparazione ideologica della rivoluzione del Quarantotto, in «Società», 1956, n. 2, pp. 225 sgg.; G. Lukacs, «Heinrich Heine als nationaler Dichter», in Deutsche Realisten des XIX Jahrhunderts, Berlin, 1951; F. Mehring, «Heine-Biographie» in Beiträge zur Literaturgeschichte, Berlin, 1948, pp. 143-181; G. Cogniot, introduzione a H. Heine, Pages choisies, Paris, 1956; J. Müller, Marx und Heine, Berlin, 1953; W. Rose William, Heinrich Heine, two studies of his thought and feeling, Oxford, 1956; G. SCHWEIG, Die politische Dichtung Heinrich Heines im franzosischen Urtheil, Saarbrücken, s. d.; E. Vermeil, Henri Heine. Ses vues sur l’Allemagne et les révolutions européennes, Paris, 1939; L. Basso, Heine e Marx, in «Belfagor», XI, 1956, n. 2, pp. 121-136; T. W. Adorno, Die Wunde Heine, in Noten zur Literatur, Berlin-Frankfurt a. M., 1958, pp. 144-152; W. Harich, Heinrich Heine und das Schulgeheimniss der deutschen Philosophie, in «Sinn und Form», VIII, 1956, n. 1, pp. 27-59. Sui contatti tra Heine e Marx e sulla complessità dei motivi ispiratori di Heine si è più volte intrattenuto anche P. Chiarini, Dolore e grandezza di Heinrich Heine, in «Belfagor», XIII, 1958, n. 2, pp. 21-40; Per una biografia spirituale di Heine, in Letteratura e società. Studi sulla cultura tedesca da Lessing a Heine, Bari, 1959, pp. 165-188; Heinrich Heine fra decadentismo e marxismo, in «Società», XVI, 1960, n. 3, pp. 383-404. Una limpida pagina sui rapporti tra Heine e Marx ha scritto D. Cantimori, Note heiniane, apparse in «II Nuovo Corriere», 17 febbraio 1956 in occasione del centenario della morte del poeta, ed ora in Studi storici, Torino, 1959, pp. 779-781, ove si legge tra l’altro:

«Certo, c’era una base comune hegeliana nel rapporto tra Marx e Heine (non credo ci sia dubbio che le poesie o esercitazioni poetiche di Marx siano di imitazione heiniana): oltre l’interessamento continuo e attivo di Heine per il comunismo utopistico francese, oltre il collegamento da lui posto fra «romanticismo» e «rivoluzione» (rivoluzione sociale), c’è anche l’hegelismo di Heine, il quale aveva anche elaborato una sua esposizione della filosofia hegeliana, poi distrutta. Ma questa notizia ha solo valore simbolico e indicativo, perché tutta l’opera letteraria e pubblicistica di Heine è permeata di spiriti hegeliani (di hegelismo di sinistra o rivoluzionario); e bisogna riconoscere che gran parte della terminologia e dello stile di Marx si ricollega all’opera di Heine».

Cantimori conclude poi con un’osservazione che penso riassuma ottimamente la sostanza dei rapporti tra Heine e Marx:

« I rapporti politici tra i due si attenuarono rapidamente dopo che Heine ebbe lasciato Parigi. Il nuovo interesse di Heine per il comunismo tedesco (hegeliano, in via di divenire marxista) era generico e soggettivo, l’interesse di Marx per la storia positiva delle forze produttive finì col prevalere: ma il contatto fra i due grandi tedeschi rimase fecondo».

[A cura di Massimo Cardellini]