Fusione Nucleare

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Fusione Nucleare,
Arriva Una Ricerca Italiana – Avanti

Fusione nucleare, arriva una ricerca italiana
Cronaca
La questione energetica è molto importante e sempre più urgente per il futuro sociale ed economico in tutto il mondo. La Rappresentanza d’Italia per le O.I. sugli studi su fusione (e senza scorie) ha ospitato un Webinar a cui hanno partecipato Enea e Nea sul tema: “Oggi non è un’opzione ma il futuro non si può prevedere”.
Non si tratta di un ritorno al passato ma di uno sguardo al futuro, alle tecnologie di nuova generazione e soprattutto all’attività di ricerca svolta dall’Italia nel contesto internazionale. Questo è stato l’argomento discusso al webinar organizzato dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni internazionali a Parigi insieme ad Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e la Nea, l’Agenzia per l’Energia Nucleare dell’Ocse.
Il dibattito è stato aperto dai saluti dell’ambasciatore Antonio Bernardini, del direttore generale della Nea William Magwood e del presidente Enea Gilberto Dialuce.
Il tema del nucleare “green” è tornato attuale dopo la spinta arrivata dalle organizzazioni politiche internazionali, in primis dalla Commissione Europea, a velocizzare i processi di transizione verde per raggiungere, prima che sia troppo tardi, il taglio delle emissioni di CO2 a livello globale e contenere il riscaldamento climatico. In questi giorni Bruxelles, dovrà decidere se inserire il nucleare nella tassonomia green, che serve a stabilire quali attività possono ambire ad essere definite sostenibili e in quali condizioni.
L’attenzione da tempo si è soffermata su due tecnologie, i reattori di piccola taglia e soprattutto il nucleare di IV generazione, considerato come il nucleare del futuro, pulito, sicuro e senza scorie. O ancora, guardando più avanti, la fusione, la cui dimostrazione è la sfida dei prossimi decenni.
Senza entrare nel merito delle questioni legate all’opportunità di adottare le nuove tecnologie, che hanno davanti ancora diversi anni di studio e sperimentazione, il dibattito si è focalizzato piuttosto sull’attività di ricerca svolta dall’Italia. Questione posta di recente anche dal ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ha detto: “Supponiamo che fra 10 anni si scopra che questi reattori sono convenienti e sicuri, credo se ne debba parlare. Il progetto di lungo termine è di arrivare alla fusione nucleare, che sarà probabilmente la vera energia del futuro completamente verde. Ma se non investiamo adesso in conoscenza, ricerca, sviluppo e innovazione, guarderemo nel buco della serratura quello che faranno i Paesi che guardano al futuro con più lungimiranza di noi”.
Nel corso del webinar sono stati illustrati alcuni dei progetti a cui lavora l’Enea, presentati da Giacomo Grasso, ricercatore che da quindici anni lavora al progetto di nocciolo e di azioni a supporto dell’implementazione di programmi per reattori innovativi, e da Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nazionale.
Giacomo Grasso ha detto: “Nello scenario internazionale, è viva la discussione sul ruolo che l’energia nucleare del futuro può avere nel contrasto alle emissioni climalteranti e per questo si moltiplicano gli studi sui nuovi concetti di reattori. In Italia esistono indiscusse competenze riconosciute a livello internazionale”.
Le attività di ricerca svolte dall’Enea riguardano l’Italia, che com’è noto è sprovvista di una industria per la produzione di energia nucleare, molto più da vicino di quanto si pensi perché contribuiscono allo sviluppo di nuovi standard di sicurezza in impianti esistenti in Paesi vicini.
Alessandro Dodaro ha spiegato: “Noi non facciamo attività per la realizzazione di reattori nucleari, naturalmente, però, riusciamo a mettere a fattor comune tutte le competenze presenti in Italia, per dare supporto a un sistema che deve sviluppare energia nucleare per il futuro. Non guardiamo quindi all’applicazione nel nostro Paese ma collaboriamo con quelli in cui il nucleare è utilizzato perché una maggiore sicurezza nelle loro centrali contribuisce ad accrescere anche il nostro livello di sicurezza. Non solo, l’attività di ricerca in continuo divenire serve anche a non disperdere un patrimonio di conoscenze e competenze acquisite nel corso degli anni. Non possiamo prevedere il futuro, oggi il nucleare non è una opzione per il nostro Paese, perché ci sono stati dei referendum, ma non è detto che in futuro le cose non cambino, di pari passo con l’evoluzione nella ricerca”.
Roberto Adinolfi, presidente di Ansaldo Nucleare spa, ha detto: “Sappiamo tutti che, una delle maggiori motivazioni addotta contro il nucleare, è la lentezza con la quale vengono portate avanti soluzioni definitive allo smantellamento degli impianti di vecchia generazione. Perciò, nello sviluppo del nucleare pulito, serve dare una risposta efficace e rapida a questo bisogno. Per quanto riguarda i reattori di piccola taglia, possono nel medio termine integrarsi con le energie rinnovabili per rendere la transizione energetica più economica e facile. Nel lungo termine invece bisogna continuare gli sforzi per rendere la fusione una fonte di energia illimitata per il futuro”.
I ricercatori della Nea Gabriele Grassi, Davide Costa e Daniela Foligno hanno illustrato poi il ruolo svolto dall’Italia nell’ambito della Nea, l’Agenzia per l’Energia Nucleare dell’Ocse.
Gabriele Grassi ha spiegato: “Il nostro lavoro è strutturato in otto comitati permanenti oltre a diversi gruppi di lavoro e di esperti, che coprono l’insieme delle varie sfaccettature dell’energia nucleare, oltre a progetti congiunti”.
Davide Costa ha illustrato il ruolo della scienza dei materiali, affermando: “Ruolo di una certa importanza essendo la tenuta delle componenti uno dei pilastri su cui poggia la sicurezza”.
Infine, Daniela Foligno ha spiegato il funzionamento dei gruppi di lavoro incentrati sulla valutazione dei dati nucleari, sostenendo che: “Hanno l’obiettivo di migliorare la qualità e la completezza delle biblioteche dei dati nucleari, di promuovere lo scambio di dati e metodi e teorie e di facilitare la cooperazione tra i vari progetti che si occupazioni di valutazione di dati”.
Il professor Marco Ricotti, ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano e presidente del Consorzio interuniversitario Cirten, ha detto: “I giovani sono interessati alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie, come i reattori di piccola taglia e soprattutto alla fusione, ma sono interessati anche al contributo del nucleare alla lotta ai cambiamenti climatici, all’esplorazione spaziale, all’applicazione nel campo medicale e ambientale. La notizia è che il numero di studenti sta aumentando e questa tendenza ha sorpreso anche noi”.
Quando in Italia si discute di questi temi, l’accoglienza dell’opinione pubblica non è delle migliori. I due referendum, nel 1987 e nel 2011, hanno chiuso definitivamente l’esperienza italiana nell’energia nucleare di vecchia generazione. Ci sono tuttavia molte sfide per lo sviluppo di nuove tecnologie pulite, neutrali sia sul piano climatico che ambientale, sia tra le rinnovabili sia nel campo del nucleare. L’Italia, ad esempio, partecipa al progetto Iter, finanziato dalla Commissione Europea, che mira a costruire la macchina per la fusione più grande al mondo. I tempi sono lunghi, si parla del 2050 prima che il progetto Ue abbia risvolti concreti e pratici. Ciò non toglie che nel campo della ricerca, per definizione, ogni sforzo non può mai essere considerato vano.
La polemica è nata subito dopo l’affondo contro l’ambientalismo “radical chic”. Tuttavia, un’altra affermazione del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha da subito attirato l’attenzione per l’apertura di un membro del Governo Draghi all’energia nucleare di nuova generazione. Sulla questione, recentemente, Cingolani ha detto: “Si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Ci sono Paesi che stanno investendo su questa tecnologia, non è matura, ma è prossima a essere matura. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia”.
Il ministro ha anche aggiunto: “Non bisogna farne una questione ideologica.  Nell’interesse dei nostri figli è vietato ideologizzare qualsiasi tipo di tecnologia. Stiamo ai numeri, quando saranno disponibili prenderemo le decisioni”. Parole che a settembre scorso hanno sollevato un acceso dibattito e le proteste dei 5 stelle, con Giuseppe Conte che ha chiesto un incontro al ministro per un chiarimento.
Secondo l’Associazione Italiana Nucleare, i reattori nucleari di piccola taglia (Small Modular Reactors) possono essere impiegati in vari ambiti: produzione di calore, elettricità o di entrambe. L’idea non è nuova, visto che i piccoli reattori vengono già impiegati nelle imbarcazioni a propulsione nucleare, come nelle rompighiaccio russe nel Mar glaciale Artico. I sostenitori delle nuove tecnologie credono che questa nuova tecnologia possa essere replicata su scala industriale. Alcuni di questi mini-reattori sono già operativi: uno, ad esempio, in Siberia, nella regione di Chukotka, capace di produrre una potenza complessiva di 70 MWe per 26000 ore (circa tre anni) continuative senza rifornimento di combustibile.
In Argentina c’è già un altro progetto in questo senso: si chiama Carem, un reattore ad acqua leggera, e altri simili sono in fase di progettazione o già operativi anche in Cina e Russia.
Mettendo per un attimo da parte le potenziali criticità dal punto di vista ambientale, i dubbi di alcuni vertono anche sulla possibilità di replicare questi modelli su larga scala. Di recente un progetto italiano per lo sviluppo di una nuova tecnologia per l’energia nucleare pulita e sicura ha ottenuto un finanziamento di cento milioni di euro. La società Newcleo con sede a Londra, guidata dal fisico Stefano Buono, punta “a cambiare gli schemi nel settore dell’energia nucleare e si basa sull’applicazione innovativa di tecnologie preesistenti e già sviluppate, tra cui i Lead Fast Reactor (Lfr) che utilizzano il piombo come refrigerante al posto dell’acqua o del sodio e gli Accelerator driven system (Ads), che si basano sulla combinazione di un reattore subcritico con un acceleratore di particelle e l’utilizzo del torio come carburante naturale”. L’obiettivo è quello di ridurre drasticamente il volume di rifiuti radioattivi prodotti ed evitare gli incidenti nucleari grazie al mantenimento del reattore costantemente in stato sottocritico. Newcleo, che ha ricevuto il sostegno del premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, mira inizialmente a sviluppare piccoli reattori da 20 megaWatt rivolti ad esempio ai trasporti marini. Entro un decennio, è l’idea di fondo, si punta a versioni da 200 megaWatt capaci di alimentare le reti elettriche nazionali.
In Italia, com’è noto, quando si parla di nucleare, il dibattito si accende. Per quanto riguarda la fusione nucleare, il direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, in un intervento sul Manifesto, ha ricordato: ”E’ ancora allo stadio di ricerca e per la Commissione Europea, che finanzia il progetto Iter, non ci si aspetta alcuna produzione commerciale prima del 2050, mentre per quanto riguarda i mini-reattori, per decenni, si è cercato di tagliare i costi del nucleare alzando la potenza dei reattori, che si riesca miniaturizzandoli appare un nonsense”.
Per Greenpeace, lo sviluppo di impianti di terza generazione a fissione sta già subendo ritardi e intoppi, ragione per cui appare attualmente azzardato discutere di quarta generazione, soprattutto in Italia dove in seguito ai referendum per l’abbandono del nucleare, la filiera è stata gradualmente smantellata.
Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana sul Nucleare, ha dichiarato all’Ansa: “Tuttavia, c’è da sorprendersi per le polemiche. Le iniziative di cui ha parlato il ministro, i mini-reattori di ultima generazione, sono cose che vanno avanti da tempo nell’economia internazionale. Nel mondo ci sono una ventina di questi impianti in fase di completamento, e che diventeranno operativi entro il 2026, una nuova tecnologia, diversa dalle centrali tradizioni. Sono piccoli reattori avanzati a fissione, che non producono scorie radioattive ad alto decadimento, perché i prodotti di risulta diventano nuovo combustibile. Poi questi impianti non hanno pompe ed elementi manuali, e questo elimina fattori di criticità”.
Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente, intervistato da AdnKronos, ha detto: “Cingolani ha semplicemente affermato che, anche, a fronte dei nuovi sviluppi tecnologici che puntano a reattori nucleari più piccoli, meno costosi, più sicuri e con meno produzione di scorie, sarebbe illogico non tenere in considerazione questa opzione. La stessa tesi esposta, fra gli altri, da Bill Gates in un suo recente libro. Vedere Greenpeace preoccuparsi dei costi di questa soluzione induce al sorriso ironico. Soprattutto di fronte alle gigantesche quantità di quattrini immesse nel sostegno alle rinnovabili con insufficienti risultati (ad oggi le rinnovabili pesano per qualche punto percentuale sul totale dei consumi di energia e non intaccano il dominio dei fossili) e di fronte, secondo loro stessi, ad un cataclisma prossimo futuro da sconfiggere con ogni mezzo, senza se e senza ma”.
Non la pensa così Angelo Bonelli di Europa Verde che ad HuffPost ha detto: “In Europa il Paese più avanzato sul nucleare è la Francia che sta cercando di sviluppare reattori di generazione III+, ma per ora i risultati sono stati molto deludenti. I lavori per il nuovo reattore nella centrale nucleare di Flamanville iniziarono nel 2007 e sarebbero dovuti costare tre miliardi e mezzo, da progetto iniziale. Ora i costi sono lievitati, si è arrivati oltre gli undici miliardi e ancora non è stato ultimato. Potrebbe diventare operativo nel 2022: ci sono voluti quindici anni”.
Secondo Bonelli: “L’esempio francese fotografa quanto sia stato fuori luogo l’intervento a favore del nucleare. Noi siamo nel pieno della più grande sfida per invertire la rotta del cambiamento climatico. L’Unione Europea ci ha detto che dobbiamo ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. Con i ritardi che abbiamo sul fronte delle rinnovabili e viste tutte le criticità emerse con i reattori di terza generazione plus, il ministro parla di impianti quarta generazione che non si sa se, come e quando potrebbero essere operativi? Forse non è chiaro che non abbiamo tempo, senza tralasciare che anche i reattori di quarta generazione genererebbero scorie. Di meno, certamente, ma le scorie resterebbero e la sicurezza intrinseca tanto decantata di questi ipotetici impianti non esiste. Quanto al peso del nucleare di vecchia generazione sui consumi mondiali di energia, oggi contribuisce a meno del 2%, molto meno del fotovoltaico e dell’idroelettrico. È sulle rinnovabili che si deve continuare a spingere, non su progetti ancora in fase di sperimentazione che non si sa quando termineranno, e con quali risultati”.
La ricerca sulla fusione nucleare è iniziata più di cinquanta anni fa e la produzione avverrà nel lungo periodo. Nel frattempo, per il medio e breve periodo, si dovranno ottimizzare le scelte energetiche per ridurre l’emissione di anidride carbonica.

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Fusione Nucleareultima modifica: 2021-11-19T10:28:10+01:00da SensoAstratto
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