Costretti a rendere noto,la diffamazione,il prelievo dei nostri Alias-oppure noti come nick-per lasciarsi delle note moleste su post di un iscritto in questa Comunità più volte segnalato e oscurato come persona molesta.
Abbiamo segnalato cosa avviene al gestore di libero,mentre i nick dei nostri amici aumentano su quel blog,con note diffamatorie e non idonee al nostro pensiero di anni ospiti su internet vissuti con correttezza e Giustizia
Quel blog stranamente è ancora presente in questa Comunità addirittura in 3 copie con diverse immagini.
Ci hanno risposto che ?
Noi invece Vi ricordiamo che?
Se i nostri nick possono essere prelevati da chiunque,c’e un sistema tecnico informatico a cui dovete provvedere a rendere più sicuro per i nostri dati-il nostro nick ci rappresenta nel web in molti casi è il nostro documento per farci riconoscere,qualcuno deve ????
QUALI AZIONI COMPIERE NEI CONFRONTI DI UN PROFILO FALSO ?Il gestore di un sito web risponde per i contributi diffamatori pubblicati da altri, anche non anonimi, purché ne sia a conoscenza. Così sembra aver stabilito la quinta sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 54946 depositata il 27 dicembre 2016.
In breve, la vicenda, per quanto si riesce a comprendere dalla sintesi che ne fa la Corte: nell’agosto del 2009 un lettore pubblicava su un sito internet un commento offensivo nei confronti di un soggetto che stava per ricoprire una carica importante a livello nazionale e ne allegava il certificato penale. A distanza di pochi giorni, lo stesso lettore inviava per e-mail lo stesso certificato penale al gestore del sito. Quest’ultimo – a quanto pare – si limitava a non cancellare il giudizio offensivo, fino a quando non veniva disposto il sequestro preventivo della pagina. La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, condannava il gestore per concorso nel reato di diffamazione a mezzo internet, riconoscendo altresì un elevato risarcimento. L’imputato proponeva ricorso per cassazione, rilevando tra l’altro di non aver contribuito alla pubblicazione e di aver avuto conoscenza della sua presenza in rete solo con l’applicazione della misura cautelare.
Nel rigettare l’impugnazione, la Cassazione individua in capo al gestore una responsabilità a titolo di concorso in diffamazione per il sol fatto che egli avrebbe «mantenuto consapevolmente l’articolo sul sito, consentendo che lo stesso esercitasse l’efficacia diffamatoria» fino a quando non è stato coattivamente rimosso. A tale conclusione, se si è ben compreso, la Corte giunge valorizzando due accadimenti: la ricezione della e-mail dall’autore del commento “incriminato” e la pubblicazione di un altro articolo, questa volta a firma dell’imputato, ove vi era un espresso riferimento al precedente scritto a firma del lettore.
In sostanza, il principio che sembra esprimere la Corte è che il titolare di un sito web può essere ritenuto direttamente responsabile di diffamazione se non si attiva per impedire che uno scritto diffamatorio, pubblicato e firmato da un soggetto terzo, permanga online in quanto, così facendo, consente l’aggravamento delle conseguenze del reato.
Per quanto riguarda la strada penale, il reato ipotizzabile è quello di sostituzione di persona, punito dall’articolo 494 del codice penale con la reclusione fino ad un anno, procedibile d’ufficio. La giurisprudenza ha ammesso che il reato possa commettersi a mezzo internet, attribuendosi falsamente le generalità di un altro soggetto, inducendo in errore gli altri fruitori della rete, procurandosi i vantaggi derivanti dall’attribuzione di una diversa identità, anche semplicemente l’intrattenimento di rapporti con altre persone o anche il soddisfacimento della propria vanità, ledendo così l’immagine della persona offesa. Accanto a questo reato, che è contro la fede pubblica, ci possono essere anche altri illeciti penali che si intersecano, come frodi informatiche (l’art. 640 ter recentemente introdotto nel nostro ordinamento indica espressamente “il furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti”).