La musica nel cuore

“PAGLIACCIO DI GHIACCIO”: IL NUOVO ALBUM DI UNA “RESTAURATRICE DI EMOZIONI”….


Micol Carli non cerca le solite etichette che stabiliscono già una linea di confine su ciò che si è, come presentazione preferisce descrivere il suo lato artistico come “voce e corde”, ovvero come la più semplice e diretta esigenza espressiva del suo mondo interiore.

Per conoscere più da vicino Micol possiamo aggiungere che inizia come batterista all'etá di 15 anni, suonando in varie band dal carattere perlopiù grunge e punk /rock, sound che rimangono comunque impressi nel suo timbro e nelle sonorità delle sue successive composizioni.

In seguito Micol prende in mano “una vecchia chitarra classica un po’scordata” per cominciare a suonare da autodidatta e questo le permetterà di tradurre i suoi pensieri in musica. Micol ha così la possibilità di pubblicare in autoproduzione il suo primo album dal titolo “non so che farmene di me”.

Successivamente firma un contratto  con la casa discografica PMS studio, sotto la quale esce a Febbraio 2019 l'album "Pagliaccio di ghiaccio”.

L’album presenta un titolo emblematico, in quanto fa da cornice e da sfondo ad ogni brano: è da quel lato di Sè che spesso vive in contrasto con la nostra volontà e che Micol impersonifica con un “ pagliaccio di ghiaccio” da cui scaturisce tutto quel mondo dove le intenzioni vengono paralizzate per sentirci poi disarmati.

E’ questo lo stato d’animo che Micol vuole catturare e far uscire allo scoperto: il non riuscire a controllare le proprie intenzioni, il coesistere di una doppia anima in contrasto che vive dentro di noi e Micol cerca di affrontare questo tema attraverso una sorta d’introspezione analitica con cui fa nascere le sue canzoni, nelle quali, come lei stessa ha dichiarato: “viene descritto il mio vissuto quotidiano e radiografato ogni minimo stato emotivo”.

Questa ‘dicotomia’ dell’Essere viene rappresentato anche mediante la copertina del disco, in cui viene raffigurata Micol di profilo posta di fonte se stessa.

Lo stile intimista di Micol crea un album in cui ogni brano risulta come la parte di uno stesso quadro realizzato con tonalità differenti, dove si possono intravedere diversi riflessi di un unico tramonto, perché quelle canzoni sono parti di Micol nel suo essere interiore contrastante.

Un album che fa quindi da specchio alla parte più intima, una narrazione del proprio sé lacerato, un album che è come un autoritratto, dove ogni riga di testo è come una ruga del suo volto,come un’ emozione della propria anima.

Sono canzoni nella quali traspare un'esistenza spesso accompagnata da inquietudini e da un forte senso di inadeguatezza, come in ‘Fragili parole’ e ‘Non so che farmene di me’. Nella prima viene descritta una coppia in crisi, in un contesto quotidiano: è l’ora di cena, sono posti l’uno di fronte all’altra ma non riescono a comunicare, anche se sono semplici le parole e fragili come possiamo essere noi. Viene così narrato come l’ incomunicabilità possa insinuarsi tra le mura della propria casa, la donna che viene tradita ed è stanca di preparare tutte le sere la cena come una stupida routine consapevole che tra loro le cose non sono più come prima e vorrebbe che lui si esprimesse,che provasse a comprenderla, invece lui sbatte la porta e lei ancora una volta lo guarda andarsene, ancora una volta senza dirsi niente.

In ‘Non so che farmene di me’ Micol canta “manchi ora che sono sola

/non so che farmene di me ora che mi manchi te”. Si passa dal deserto di parole ad un deserto d’ identità: l’aridità di una personalità svuotata sopraffatta dal senso di inutilità.

Quando diamo tutto, perfino noi stessi per la persona che amiamo, quando la nostra intera quotidianità gira intorno ad essa, quando poi questa persona se ne va, sopraggiunge il vuoto e non sappiamo nemmeno più che farcene persino di noi stessi, troppo ci siamo aggrappati, fino a perdere la propria identità e allora ci si ritrova spezzati.

Con il brano ‘Le siepi nelle scarpe’ Micol rivive la sua storia d’amore attraverso i ricordi più dolci.

Pagliaccio di ghiaccio” è un album in cui sembrano susseguirsi tutte le sfumature del dolore che si può arrivare a provare quando una storia d’amore finisce, quando bisogna dire addio ad una persona per cui ancora si prova del sentimento e con essa si devono accartocciare momenti che ora vanno definiti solo come dei ricordi.

Micol è una restauratrice di emozioni , come lei stessa si definisce e questo profondo ed intenso percorso analitico e musicale lo ha affrontato per ritrovare e riscoprire se stessa. Una scoperta che l’ha messa del tutto a nudo, fin dentro la sua anima.

Ed ecco venir catturati dal brano Tango nell’anima’ , un’accorata poesia d’amore accompagnata da una dolcissima fisarmonica.

Nell’anima scorri ,nell’anima vivi ,nell’’anima bruci/Oltre il tuo corpo perché/

Nell’anima uccidi/E intanto ti nutri di me”.

Micol dopo essersi specchiata, dopo aver raccolto i vari riflessi di se stessa e aver riordinato i cocci del suo tormento, riesce a riconoscersi e così a distinguersi:“Ora so guardarti in faccia e dirti quel che provo e rimango io, con i miei difetti che spesso non approvo”.

Ritrovando se stessa, ritrovando il suo essere, ha ritrovato la sua esistenza:

Ed ora sto in punta di piedi dentro questa vita /Capisco che /Basta esserci per chiudere quella ferita.”

Nel corso dell’album si passa poi a sonorità più rockeggianti per addentrarci in contesti di denuncia e protesta nei confronti della società.

Da questo contesto intimo e quotidiano delle mura di casa e dei lembi dell’anima avviene un ulteriore passaggio, ovvero dal rispecchiarsi al riconoscersi fino ad arrivare all’ambito esterno della società, dall’individuale per poi abbracciare l’universale: dall’Io all’essere umano.

Si realizza questo passaggio con i brani "Abito migliore","in cima a questa nuvola" e "Molesta", dove si avvolge in un filo conduttore una denuncia sociale contro il sistema insito nell'essere umano.

Micol infatti non vuole riconoscersi nelle istituzioni che spesso s’ impongono come uno specchio comune in cui ci sentiamo costretti (“molesta con un punto di vista diverso in uno Stato represso nel suo regresso”).

Nella società vive e si vive uno stato tormentato di sé ,frammentato, contorto, in contrasto spesso con i propri valori individuali ma differenziarsi o allontanarsene non è facile, in quanto è una strada che può portare alla solitudine e facendo ciò si può arrivare a perdere quel senso di appartenenza che per noi esseri umani è disarmante e fonte di smarrimento.

Con l’ultima traccia del disco “Pagliaccio di ghiaccio” si giunge alla conclusione d

i questo intenso viaggio di emozioni e si raggiunge la piena coscienza di Sé: ci si riconosce anche nei propri limiti e difetti poiché si comprende che fanno parte essi stessi di noi e della nostra umanità.

Il pagliaccio di ghiaccio si arrampica spesso ai confini del sé/ Lui è libero libero libero

 

/ Il pagliaccio di ghiaccio si nutre dentro me/ Prende la parola al posto mio e non so perché ma lui c’è/ Il pagliaccio di ghiaccio sono io/ Mi paralizzo ad ogni ostacolo e non so trovar ragione”.

Alice Bellin