La musica nel cuore

Victus amor¿ , il nuovo lavoro di Boskovic


Victus amor¿ è l’ultimo album in studio di Boskovic, nome d’arte di Luca Boskovic Bonini, cantautore vicentino che all’età di 12 anni intuisce quanto la musica possa essere il canale comunicativo più diretto e più spontaneo per esprimere se stesso; acquista infatti un disco dei Beatles è da lì, Luca viene colpito  dal  turbinio dei primordi del Brit Pop, e dalle radici del Rock ‘n’Roll che diventano in breve, parte del proprio sé musicale.  Non a caso, in poco tempo, si compra una chitarra che impara a suonare da autodidatta, entra a far parte di varie band dove anche canta, quindi inizia a comporre le sue prime canzoni. Nel 1995 fonda i Fourback, una tribut band ispirata a John Lennon e Paul McCartney, con cui  l’artista ha modo di esibirsi live in varie occasioni, tra i quali sono annoverati anche eventi nazionali. Il 2012 è l’anno in cui  Boskovic decide di pubblicare le sue canzoni attraverso l’album “A temporary lapse of heaven”, un esordio entusiasmante dove sono raccolte alcune delle sue canzoni più significative. Nel 2016 è tempo di live tour, dopodichè, della pubblicazione di  “Loss heaven live!” Un disco  dal vivo, in cui sono presenti i brani tratti dall’album “A temporary lapse of heaven”, e qualche cover di brani degli anni ’70. Da sottolineare poi, il fatto che, , sia l’album di studio che il live, hanno ottenuto numerosi riconoscimenti  presso Akademia Music a Los Angeles (USA), e che,  i singoli “Just in Town” e “Look and fly” sono attualmente in streaming a rotazione su numerosissime radio in america e nel mondo. E’ di quest’anno invece la pubblicazione di “Victus amor¿, un album che consta di 13 brani, di cui tre strumentali, dove Luca appare come compositore, vocalist, produttore e anche arrangiatore. La testimonianza di chi crea con le proprie mani un prodotto a partire da un’idea, e che ne persegue tutta la sua evoluzione, cogliendone peculiarità ,contrasti e sfumature. Numerosi, nonché di grande talento e perizia tecnica, i musicisti che hanno collaborato al progetto, senza dimenticare poi il contributo fondamentale di Marco Pivato che ha curato tutti i testi, eccetto “SILeA”, a cura dello stesso Boskovic Ma addentriamoci meglio in quello che è il mondo di “Victus amor¿…. “Sorrow” fa da intro ad un album  che è un compendio di forze tra di loro in contrasto che però la musica fa percepire in perfetta armonia fra di loro. Da una struggente chitarra elettrica che frappone alle sue corde, spazi indeterminati tra i quali sognare e pensare di arrivare ovunque con la sola forza del pensiero, si passa a “The artist with no pen” dove i rimandi beatlesiani sono tracciati da una penna che sembra appunto magica, perché ad ogni segno lasciato, emerge una figura nuova, i cui contorni sono delineati da quel retroterra musicale di un band che, in pochissimi album lascia ancora le sue tracce, ma dove i disegni musicali prendono la forma di chi vuole conferire alla alle parole uno senso confidenziale e i cui tratti musicali, trovano il loro avamposto in  diversi gruppi del panorama indipendente anglosassone, cui BosKovic è capace di riprendere quella che un tempo era denominata psichedelia, rappresentando forse il primo esempio di crossover. In “I need you” il rimando punk dei Ramones, fa un balzo in avanti avvinghiandosi nelle terre del power metal europeo, ravvisabile dall’uso stesso della voce, non più soffusa, adagiata, bensì svincolata da ogni piega tonale, intenta a perseguire soltanto  il vigore musicale. “She came in through the bathroom window”  è una sferzata di energia solare che si tuffa nel mare dei Beach Boys, dove però, in mezzo sostrato marino, avvertiamo  un richiamo di ottoni che legano il pezzo alla traccia successiva, nella quale, ancora immersi tra le onde, ci avvinghiamo agli scogli di quel sound anni ’60 di cui  Brian Wilson fu rappresentate e per certi versi promotore. In “My little woman”, infatti, John Lennon e Brian Wilson sembrano dialogare fra di loro, trovando un punto di accordo musicale, intervallati da note dissonanti, in un’armonia dicotomica e chissà se poi, era nell’idea di BosKovic, che qualche canale sotterraneo ci potesse  anche condurre ad una dylianata “Just like a woman. Ed ecco poi cosa succede quando la  psichedelia pinkfloydiana incrocia le tracce disseminate dal sax, le quali si rincorrono a perdifiato tra il vortice di sonorità impermeabili ma che penetrano loro stesse qualsiasi suono introno a sé; inutile dire che la lezione della E Street Band di Springsteen, in questa “Dance with the wind”  ha saputo ben raccordare atmosfere meste con un sound etereo, come ghiaccio sul fuoco Boskovic ha unito i contrasti, creando qualcosa di nuovo, facendo percepire le scalfitture di ogni distorsione di chitarra. “Dance with the wind” è l’imperversare della notte, dove però per mezzo delle  sue ali trascinate dalla psichedelia,  avvertiamo non solo parole ipnotiche, ma una danza di sguardi tra questi sussurri nel vento. “On the turning away” dei Pink floyd sembra riecheggiare a più voci, fra le quali distinguiamo quella di un intramotabile John Denver; sembra impossibile che il country possa legarsi al rock progressive e psichedelico, ma la straordinaria versatilità vocale di Boskovic, quanto il suo insinuarsi tra una piega musicale e l’atra, riesce a ricollegare mondi distanti ma comunicanti. Chi ha detto che, a discapito del titolo, l’intramontabile “Here come the sun” non poteva avere un lato più oscuro e cerchi concentrici dove tra un colpo di batteria e l’altro, si inserisce una chitarra elettrica sfoderante ogni nostra premura?E se l’estate è troppo luminosa per intonare il nostro stato d’animo, ecco sopraggiungere le ritorsioni di quella “Wake me up when september ends “ che ha segnato una rivoluzione nell’universo musicale dei Green Day. E di rivoluzioni elettriche Boskovic è un maestro, basta ascoltare “Silea”, per pensare di inseguire un vortice, quando ci ha già catapultato in voli pindarici, dove  tra una corda e l’altra, non sappiamo dove aggrapparci: gli assoli si aggrovigliano tra di loro, mentre il saettare della batteria cerca di rincorrerli in un segmentare di tratti sonori, designando strutture amorfe ma indistinguibili. Che dire poi dell’incursione educata e discreta della chitarra nella traccia che dà il titolo all’album? Forse memore di una “Brothers in arms” che non fa posto solo ad un richiamo all’amore fraterno, ma soprattutto al substrato melodico che il rock inglese dei Dire Straits, ha lasciato scorrere ai margini di un blues riproposto in chiave elettronica. E ritorna  ad affacciarsi il sole..”Un altro sole” e con lui tutto lo splendore e il vigore di quell’andamento che percorre di nuovo, le strade parallele al power metal,  mentre la batteria si insinua in territorio esplorati dai Red Hot Chili Peppers e che Boskovic sa ben calibrare con una capacità di ascendenza tonale, che raggiunge vertici altissimi. Le chitarre sono invece squinternate in “Never again”, con una con una copertura vocale sporcata da retroterra musicali inglesi, in cui è ravvisabile fra tutti la timbrica di Morrisey Il brano che chiude l’album, “I got the power”I got the power è un abbraccio vocale a John Lennon che si innalza alto, ampliando ogni orizzonte spazio-tempo spazio tempo e rovistando fra le nuvole, per poter trovare il candore  di un delicato e sincero gesto di riverenza da parte di chi ha saputo  rivestire la musica di sogni e ideali. Sonia Bellin