31\01\2019

Dio delle baraccopoli,Gesù dei clandestini,creatura della notte,amato dai reietti,scintilla nelle tenebre,abisso degli eletti: benvenuti al monte buono il paese dove il torchio non ha olive da pressare.Questi sciami di parole che si posano sui fogli sono api e danno miele,sono vermi e danno fiele.Scorre inchiostro invece che olio come un soffio d’acquerello.Questi neri tatuaggi possono essere poesia dentro un paesaggio d’orrore.La mia paura è la mia essenza e,probabilmente,la parte migliore di me,ma senza importanza collettiva sono soltanto un individuo.La cosa migliore sarebbe scrivere gli avvenimenti giorno per giorno,non lasciare sfuggire le sfumature,i piccoli fatti anche se non sembrano avere alcuna importanza e soprattutto classificarli.Non bisogna mettere dello strano dove non c’è nulla ,è questo il pericolo:si esagera tutto,si sta in agguato,si forza continuamente la verità.Da una finestra aperta non entra soltanto la luce ma anche lo schifo di un animale che vola in mezzo alle cose di casa.

30\01\2019

Oratore d’un dolore e di una felicità indicibile,da terrazze e torri m’avvicino agli astri,davanti alle tombe non ho pianto mai abbastanza.Il verde dei fondi marini,la porosità delle carni,l’umore non è mai cupo a sufficienza,ogni pietra rappresenta il conglomerato d’una volontà,d’una memoria,a volte di una sfida.Alveari umani si sono moltiplicati quanto più possibile,luoghi di culto sono dedicati a un dio qualsiasi, essi si scontrano con la mia esistenza d’uomo.Un torrente coronato di spuma è uno dei luoghi della terra che desidero più ardentemente di vedere e archiviare nel catalogo segreto dei miei ricordi.Sono ingombro di pensieri,rimpinzato di ricordi,ma questa abbondanza è illusoria,non facciamo che riprodurre all’infinito sempre gli stessi ricordi,gli stessi pensieri,ansiosi di vivere tra queste melodie della mente.

27\01\2019

Fatto è che così com’ero ispiravo una fiducia paradossale ,forse ero da compiangere ma in ogni caso ero sicuramente grottesco.Vedevo molto bene la strada ,i grandi voluni delle case coi muri imbiancati di luna  come grossi ineguali pezzi di ghiaccio;tutto era silenzio:sarebbe qui la fine di tutto?Il mio cuore è un coniglio dentro la gabbietta delle costole,agitato,rannicchiato,ottuso.Volevo aggrapparmi allo spazio ,avevo tutto solo per me:ero finalmente proprietario della luna e di una paura tremenda rinchiusa nel fondo dell’ombra.Poi ho sentito una brezza che gonfiava il mattino e mi permise di vedere il mare che era così limpido che una nave si rifletteva capovolta,poi il sole mi accecò gli occhi. La nave prese il vento,io cominciai a tremare,la nave si piegò al sole e incominciò a volare.C’è una verginità delle cose che fa paura più del rischio,penso all’orrore delle vette dei monti ,penso all’eco.Era bello partire senza pensare al domani :i giorni come chiare mattine ,le notti di tenebra spessa  dove tutto poteva succedere .Gli uomini erano mostri,ogni approdo era un lutto .Ogni mattina il mare era più bello ,era più vergine.Le giornate passavano nell’attesa ,poi vennero le piogge ,vennero nebbie e schiume nere.Il lungo cammino mi aveva cresciuto,ero più forte e staccato da tutto,guardavo la sorte con rancore:volevo vivere e morivo come gli altri.

20\gennaio\2019

Guarda quel viso in cui la fatuità si muove estatica,guarda quel lungo sguardo sornione e irridente,o bestemmia dell’arte o sorpresa fatale.Tutto non è che una maschera ,un ornamento ingannatore ,questo volto è rischiarato da una smorfia squisita.Guarda, ecco atrocemente contratta,la vera testa e l’autentica faccia rovesciata dietro la faccia mentitrice.Il magnifico fiume del tuo pianto finisce nel mio cuore turbato;la tua menzogna m’inebria e la mia anima s’abbevera ai flutti che il dolore fa sgorgare dai tuoi occhi.Perchè piange lei,la bellezza perfetta che terrebbe sotto i piedi la vinta umanità?Quale male misterioso divora  il suo fianco d’atleta?Lei piange ,insensata,perchè ha vissuto e perchè vive.Ma quello che ella soprattutto deplora e la fa fremere fino ai ginocchi è il fatto che domani bisognerà che viva ancora,domani e domani ancora e sempre,come noi! Un pettine d’acciaio fila le note così sfila una musica dolce  di zucchero filato.Un incantatore di serpenti mi ipnptizza e denti di ferro come uncini strappano la mia carne e il mio cuore sbranato sta in ascolto.Qui suona il mio cuore ,rotto l’involucro il carillon si arresta;un violino mi chiama ,io sono quel mostro musicale  condannato alla sua nostalgia che scioglie e disfa,ma perchè sciogliersi se io sono il nodo,un intreccio di paure.Un treno-cometa,come un fiammifero stregato stride nella notte.Parole contratte che con sforzo escono e volano via come un’elica ruotante con elastico e,a malincuore, decolla frullando via nei secoli verso un futuro incerto.Scavo nella coscienza ma non so dove sbucherò,molto probabilmente in campo nemico.Nel corpo avverto lo scintillio delle ossa,candide e lucidate,abbaglianti,luce sepolta.Un oggetto di cuoio lavorato è un feticcio che conservo gelosamente,mi protegge da chi zappetta nell’orto della mia carne,tra le zolle delle mie povere mandibole  appese ad asciugare come strofinacci.La testa conservata nella teca comincia a perdere un succo catramoso,una sua qualche resina,secrezione inattesa come un ripensamento.Ho un buco all’altezza dello stomaco con un gufo nascosto dentro:parlo da quella bocca della verita,è in questo modo che arriverà l’inverno.

16\01\2019

Una serpe indugia al chiaro di luna e mi bisbiglia cose eterne all’orecchio, qui ci sono già stato,per questa orrida via ci tornerò in eterno.Nella profonda mezzanotte anche i cani credono agli spettri ,la luna piena è già salita sul tetto della casa.Tutto ritorna, il Bene e il Male,non ci si può sottrarre a questa eterna malinconia.Inevitabilmente si muore quindi non voglio una vita migliore ma sempre identica a se stessa così da non perdere niente.Vince sempre acuto sentimento della morte allora è sciocco dire sì alla vita,creare nuovi valori ,l’atteggiamento nei confronti degli eventi è sempre ossequiante:la volontà eternamente rimbomba in uno spazio vuoto .L’avvento del nuovo è l’illusione delle illusioni e l’uomo non è altro che un cane invecchiato alla catena che con malcelata gioia avverte il passare del tempo distruttore che lo conduce alla fine del supplizio della vita ,alla fine dell’esserci presente quotidiano.L’uomo gode della caducità di tutte le cose e non sopporta chi vuole dispiegare nella ruota del tempo tutti i suoi molteplici ego.L’uomo del risentimento secerne il suo declino e lo desidera come punizione destinata a tutti.Si può solo rendere veemente questo declino e non intralciarlo o arginarlo.Tale decadenza umana emana una fosforescenza che illumina l’esistenza.Non si può curvare la parabola del destino e trasformarla in cerchio,così l’esistenza non diventa incerta ed inadeguata ma si fa consapevole della sua natura ondeggiante e pericolante così l’uomo non si fa essere evanescente ma solido come la morte.Tutto comincia dal cos e dalla mancanza di senso ,l’uomo agisce per costruire un ordine e per darsi un senso .La maggior parte del tempo viviamo esteriormente a noi stessi e per il mondo esteriore ,ne scaturisce un’unità multipla o una molteplicità unica cioè esperiamo noi stessi come una continuità.L’essere immobile è una astrazione ,appartiene a una temporalità astratta .Dalla coincidenza del nostro io con se stesso nasce la vita della coscienza ,la creazione di sè da parte di sè.Un impulso unico permea la vita che procede sempre impetuosamente in avanti in uno zampillare costante di nuova imprevedibile spontaneità.Nel corso della vita noi scegliamo incessantemente e incessantemente abbandoniamo molte cose;la strada che percorriamo nel tempo è coperta dalle macerie di tutto ciò che cominciavamo a essere ,di tutto ciò che avremmo voluto essere o potevamo diventare cioè il passato ci segue come un’ombra con il reale che è e sarà sempre più ampio dell’attuale.

12gennaio2019

Ascolto il digrignar di denti del destino e l’esistenza si pervade della mestizia più solitaria.Una volontà impotente contro il male che assiste allo spettacolo di un mondo ignominioso.La volontà non riesce ad infrangere la voracità del tempo.Il tempo non può camminare a ritroso:ciò che fu è il rovello,il macigno che la volontà non sa smuovere.L’esistenza terrena è rimpianto se non è pervasa dalla malinconia della meditatio mortis,così si espunge la terribilità del vivere:ogni cosa è un frammento,un enigma,una orrida casualità.Il mondo riceverebbe un nuovo ordine se la volontà riuscisse a trasformare il “così è” in “così voglio che sia”,atto indispensabile per dare un senso alla realtà,per colmare il vuoto di senso del mondo,dando agli uomini,orfani di senso,una fede,un ideale che riempia la loro esistenza senza cadere nell’autofagia della vita:un’esistenza che divora se stessa per sopportare la vita.Rinunciamo ad un dono di valore più alto di quello che meritano i nostri atti,accettiamo la nostra caducità trasfigurante e la resa eterna al tempo:è impossibile imprimere al divenire il carattere dell’essere ,questa sarebbe la suprema volontà di potenza :non rinfaccio all’esistenza il suo essere cattiva e dolorosa ma spero anzi che un giorno diventi più cattiva e più dolorosa di quanto sia mai stata finoraaverso le asprezze dell’esistenza l’uomo dimentica il proprio fantastico ego,si eleva così ad una altezza tale da essere più facilmente raggiunto dal fulmine del Nulla.Il divenire,l’incessante mutamento,determina la perpetua ripetizione dei valori affermativi della vita e consacra l’esistenza umana alla propria fugacità ,ribadisce i valori negativi dell’esistenza :ci sono per non-essere ,si realizza così il precetto di Pindaro: “Diventa quel che sei”(NULLA). L’autocoscienza si congiunge con se stessa ,l’individuo non può sottrarsi alla negazione della vita ,l’individuo non può che negare il dover-essere e accettare il dover-non-essere;con questa consapevolezza,l’individuo,non può che ripudiare l’infinità del desiderio:volre qualcosa,aspirare a qualcosa,essere qualcosa ,avere un fine.Guardo al mio futuro come a un mare liscio:nessun deiderio lo increspa ,non voglio che qualcosa sia diverso da come è.Il pensiero ruota incessantemente attorno all’asse del divenire ,tutto si curva e perisce.Percorrere come una freccia la linea retta della irreversibilità verso la morte in un circolo formalmente sempre uguale dei giorni e degli anni.Danziamo nel mondo coi ceppi ai piedi ,la memoria percorre un percorso luttuoso e non abbiamo più la forza di capovolgere la clessidra del tempo.E’ l’oblio ,più che la memoria,indispensabile alla vita,è la capacità di dimenticare il vero motore dell’agire,così non ci si strugge nel desiderio di vivere vite diverse e parallele ,vogliamo solo “non alia sed haec vita sempiterna”. Il tempo instaurato da questo pensiero salva e redime ogni attimo rendendolo significativo,dice di sì all’esistenza.

8gennaio2019

Una giornata di nuvole,sono in giro in cerca di parole,chiedo ma nessuno sa cosa indichino eppure quel nome brilla nel fitto groviglio consonantico che lancia brevi vocali luminose come l’arma di un uomo in agguato nel bosco.Il panorama si squaderna tra alberi e acque;la linea sinuosa del fiume mi induce a lasciare la macchina e iniziare a camminare.Foglie morte ,una luce mobile,l’aria gelata, io sono una vita che si s-vita ,nient’altro. Eppure qui sta il segno,qui si strozza la terra in mezzo a falde freatiche e bacini artificiali,la pace e la guerra sono la stessa cosa,la notte ed il giorno sono la stessa cosa ,la morte e la vita sono la stessa cosa: niente! Penso agli uomini che attendono perplessi il giorno mosso dall’elica del denaro che sblocca ogni chiusa;inizia l’emorragia del tempo che divarica i tratti del volto mentre sfreccio nello spazio e tu dormi accanto a me,allora mi avvicino come lo stoppino al fuoco e prendo fuoco,si brucia così una natura fossile ,arde la preistoria e la cameretta diventa un nido riscaldato. Esco da questa città stritolata e claustrofobica fatta di gorghi di strade di sobborghi indistinti che danno sgomento.Piombo in un reticolo di vie,villette e prati,la facoltà d’orientamento si annichilisce e svanisce il paesaggio circostante.Un cataclisma ha generato enormi aree informi,una campagna sintetica e spettrale catena di nomi che cinge la città in un abbraccio funebre.Una distesa di sangue battuto e arato,prati di pelle e grasso,bucce di morto,passi nel fango.Le zone che circondano la città stanno in agguato,sbucano fuori insegne tristi e afflitte.Superato un dosso il mare sbuca all’improvviso,lo spazio qui è vastissimo,il cielo nuvoloso,il fiume è come la lingua di un fedele che riceva l’ostia.In lontananza un quadretto paesano stremato e dolcissimo,aria rustica e parlare sgraziato.La natura si è ritirata  in buon ordine ,il suolo è pieno di cicatrici ,rimarginato e spento tuttavia vivente,Il vento s’infila all’improvviso in questa conca ,si avverte un sibilo che piega un’inquietudine che cerco di nascondere agganciata ad un fragile filo di brezza:sto a perpendicolo sul mondo ,la mia esistenza oscilla come una chiave appesa al portachiavi.

4gennaio2019

Stanco di queste empie farse le mie unghie sapranno farsi strada fino al cuore.Simile a un uccellino che palpita e trema strapperò il cuore e lo getterò al mio animale preferito.Leverò lo sguardo verso il lucido cielo precludendomi alla vista di popoli inferociti: sii benedetto mio Dio che concedi la sofferenza come rimedio alle nostre vergogne.So che il dolore è la sola nobiltà cui mai potranno mordere e terra e inferno.Attingerò la luce daraggi primigeni ,ogni occhio mortale non è che uno specchio oscuro e lagrimoso avvezzo alle tempeste e agli abissi amari;rido dell’arciere e del principe delle nubi ,sono esiliato su questa terra e non so avanzare d’un passo.Il mio spirito vola al di sopra degli stagni,al di sopra delle valli,delle montagne,dei boschi,delle nubi,dei mari,oltre il sole e l’etere,al di là dei confini delle sfere stellate,poi sparisce in profonde immensità.Fuggo lontano da questi miasmi pestiferi e vado a purificarmi nell’aria superiore,bevo un fuoco che riempie limpidi spazi.Felice d’aver lasciato alle spalle gli affanni e i dolori che pesano con il loro carico sulla nebbiosa esistenza,mi slancio verso campi luminosi e sereni.I miei pensieri saettano verso il cielo del mattino,volo sulla vita e comprendo il linguaggio delle cose mute.L anatura è un tempio ove pilastri viventi lasciano sfuggire a tratti confuse parole;l’uomo vi attraversa foreste di simboli che l’osservano con sguardi familiari.Come lunghi echi che da lontano si confondono in una tenebrosa e profonda unità,vasta come la notte e il chiarore del giorno,profumi,colori e suoni si ripsondono.Vi sono profumi che posseggono il respiro delle cose infinite e cantano i moti dell’anima.Sento calare sull’anima un freddo tenebroso e sto dinanzi a un quadro nero,spaventoso.Mostruosità piangono il proprio destino,tronchi ridicoli,torsi degni di maschere.Magri corpi torti,ventruti e flaccidi  che Dio implacabilmente strinse  fin dalla nascita nelle sue fasce bronzee.Donne pallide come ceri che il vizio insieme consuma e nutre trascinano tutte le brutture che porta la fecondità.Visi smangiati dalle cancrene del cuore,bellezze sfiorite dalla spossatezza.Solo razze malsane renderanno omaggio alla vita,alla santa vita dell’aria semplice,dall’occhio limpido e chiaro come acqua corrente,come l’azzurro del cielo,all’esile vita che sparge su tutto i suoi profumi e il suo dolce calore.