05\03\2019

Racchiudo infinite cose del cielo e della terra,parole e ricordi ,giorni andati e futuri che non saprò mai,certezza che un altro cielo non mi sarà dato possedere.Questa persona è la belva ,la cosa selvaggia ,la natura intoccabile che non ha nome.Parlo di cose terribili ma non basta ,tu mi ascolti come è giusto e se vai per le strade sai che la terra è tutta piena di divino e di terribile,ma tutto ciò non vale il veleno che sgorga dai tuoi occhi,laghi in cui la mia anima trema specchiandovisi rovesciata.I miei sogni accorrono a dissetarsi a quesgli amari abissi.Dodici mesi come le dodici note di un piano e proprio come quelle divisi in bianco e nero secondo la durata. E’ inutile cercare di orientarsi nel labirinto armonico dei giorni,tutto questo non vale il terribile prodigio della tua saliva che morde,che sprofonda nell’oblio la mia anima senza rimorso,e trasportando la vertigine,la rotola,estinta,alle rive della morte.D’estate o al principio dell’autunno nei giardini si trovano pezzi di giornale cotti dal sole ,secchi e fragili come foglie morte.Altri foglietti d’inverno sono pestati e sminuzzati,tornano alla terra.Tutto mi piace di questa terra piovosa ,le frange di bruma sui fianchi delle colline,il vento scarmigliante selvatico e furtivo.Interrogo le volute di fumo,le scintille che scoppiettano improvvise ,le fragili architetture degli arbusti in fiamme .La terra impania i miei pensieri che si torcono e vanno ad appiattirsi nel fondo dell’anima.Io non sono più libero,non posso fare più quello che voglio .Gli oggetti sono cose che non dovrebbero commuovere poichè non sono vive ,ci se ne serve ,le si rimette a posto,si vive in mezzo a esse:sono utili,niente di più.Cupe sfilate di vinti preannunciano la mia morte sotto un limpido cielo,un passaggio asciutto e dorato,poi la neve rimpiazzerà la sabbia:la morte dilania la vita.

03\03\2019

Ero nel bosco e ho aspettato la notte,chi doveva venire ha molti nomi.Io so cos’è l’orrore del bosco quando vi si apre una radura notturna,quando ripenso nottetempo alla radura che ho veduto e traversato di giorno dove c’è un fiore che oscilla al vento e questo fiore è una cosa selvaggia,intoccabile,mortale,un fiore che è come una belva a cui guardare con spavento.Il linguaggio ha ,innanzitutti,lo scopo di nascondere,da dove nasce un tradimento simile? Forse sono cavie queste parole che scrivo,concepite per qualche esperimento che non so,non so perchè si formano .Le parole sanno rivestire il più sordido tugurio d’un lusso miracoloso e innalzano portici favolosi nell’oro del loro rosso vapore,come un tramonto in un cielo annuvolato.Le parole ingrandiscono le cose che già non hanno limite,allungano l’infinito e approfondiscono il tempo,scavano nell’anima e la riempiono.Sulla finestra s’agita un raggio di luce e si fa sempre più debole,così s’affollano le tenebre e si fa notte dentro di me :so perchè sto sveglio.Un tesoro salirà di sottoterra e il cielo arde di tante stelle:lascia perdere il giorno!

02\03\2019

Quando vorrò mi fermerò nel paese che ho scelto ma adesso cammino e non ho nulla se non la mia sorte.Vado per le strade all’alba ,mi piace essere sveglio tra le cose quando escono appena dal buio e nessuno le ha ancora toccate.Vedo il monte che ho salito tante volte di notte ,quando era più nero,e ho atteso l’alba tra i suoi faggi,eppure mi pare di non averlo toccato mai.Così arrivo al nodo,alla vertigine come attrazione del vuoto,incomprensibile amore per la paura.Bisogna sempre pensare alle mani che serrano spasmodicamente il loro appiglio,sta a loro dire quanto costi caro lo sforzo di trattenersi.Vi sono profumi acuti per i quali ogni materia è porosa:si direbbe che attraversino il vetro.L’armadio è pieno dell’acre odore del tempo ,nero e polveroso;mille pensieri assopiti,funebri crisalidi,frementi dolcemente nella greve oscurità,liberano l’ala e prendono slancio tingendosi d’azzurro,lucendo di rosa ,laminandosi d’oro.Volgi,clemente,il tuo sguardo alla mia pena.Chi può sentire come il dolore mi fruga nelle ossa?Di che il mio povero cuore si angoscia,di che trema e sospira?Splendeva il primo sole chiaro nella mia stanza,io m’alzavo dal letto con tutto il mio strazio:la morte ci salva dalla vergogna d’essere vivi.Penso a volte che siamo come il vento che trascorre impalpabile,o come i sogni e nel sogno accade che vai per le strade ,ascolti lo stormire del vento,il ronzio degli insetti e la voce dell’acqua,così non pare,dormendo,di essere mai solo.Se la prima condizione della felicità sta nel bisogno di essere strappati a noi stessi,”portami via con te” vuol dire allora :”toglimi via da me”.Un ricordo inebriante volteggia nell’aria turbata,la vertigine si impadronisce dell’anima che,sconfitta,è spinta a due mani verso un abisso oscuro da miasmi umani.Dal mio letto tendo l’udito e sto pronto a balzare e ho questi occhi come di chi fissa nel buio:mi pare d’essere sempre vissuto così.C’è da strapparsi i capelli,da dar di capo al muro,ma dovrò stare quieto,sudare freddo come un acttivo pagatore,ogni parola è detta a caso:così fa notte dentro di me.Ma c’è un divieto,il desiderio d’essere sradicati da sè fino a confondersi con la creatura amata.Mi scontro con la forza di gravità che mi governa,cado in un abisso secolare in cui come Lazzaro che si straccia il sudario fa risvegliare il cadavere spettrale d’un vecchio amore irrancidito,affascinante e sepolcrale.Così quando sarò perduto nella memoria degli uomini,buttato come un rifiuto desolato,polveroso,sudicio,abietto,vischioso,incrinato,sarò diventato un’amabile pestilenza.L’io si agguanta al suo io e non si lascia andare,da qui la nostalgia per la persona con cui non potrò mai ricongiungermi sul fondo incantato del non-io.