Il risparmio gestito attira sempre di meno gli investitori italiani. I dati resi noti da
Assogestioni sono evidenti. Nel secondo semestre del 2016 i fondi di investimento e le
gestioni patrimoniali hanno raccolto molto meno di quanto hanno fatto nella prima parte dell'anno. Le cifre:
935 milioni di euro contro 27,5 miliardi. Un crollo verticale.
I numeri del risparmio gestito
La colpa è principalmente dei
fondi, che hanno vissuto una vera e propria emorragia di
capitali. Circa un miliardo tra aprile e giugno. I 935 milioni di euro dell'ultimo periodo sono il risultato peggiore dalla fine del 2012. All'epoca si registrò addirittura un saldo negativo.
I dati testimoniano che gli
investitori trovano sempre più complicato individuare dei rendimenti interessanti nelle forme tradizionali d'impiego. Cercano altro, più remunerativo. Del resto le
Banche centrali di mezzo mondo hanno
ridotto i loro tassi fino a spingerli in territorio negativo, preoccupati di dare slancio all'economia e ai prezzi. E poco conta se alla fine viene penalizzata l'industria del
risparmio gestito.
In generale, il calo della
raccolta è il riflesso del clima incerto dei mercati finanziari. Se esaminiamo il dettaglio dei flussi, vediamo infatti che gli investitori sono letteralmente fuggiti dagli
strumenti azionari (-2,7 miliardi) indirizzandosi verso le forme di
investimento flessibili (+4,6 miliardi) e
obbligazionarie (+3,7 miliardi). Il motivo è che si tratta di una tipologia di impiego che promettono ritorni al riparo di burrasche che possono verificarsi nella
piazze di Borsa.
Le eccezioni positive
In un quadro così a tinte fosche, c'è comunque chi ha registrato dei dati positivi. Ci sono infatti alcuni Gruppi che mostrano saldi positivi tra sottoscrizioni e riscatti. Sono
Intesa Sanpaolo (3,4 miliardi),
Ubi Banca (1,5 miliardi) e
Amundi Group (981 milioni). Il dato peggiore invece è quello del Gruppo Generali, che è in deficit per 9,1 miliardi (-7,8 dai fondi).