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Vendite online, da oggi diciamo addio ai "blocchi geografici"


Da oggi 3 dicembre entra ufficialmente in vigore il regolamento sulle vendite online UE, il cui fulcro è il divieto di "geoblocking". In sostanza non sono più ammesse quelle restrizioni e barriere che impediscono ad un utente di acquistare prodotti online sullo stesso portale ma in un altro paese europeo, o di effettuare il pagamento con una carta bancaria straniera. Il motivo è che si tratta di pratiche discriminatorie, repressive della libertà di shopping online dei cittadini europei.

Le vendite online diventano senza barriere

Finora queste pratiche venivano concretizzate in diversi modi. Dal blocco totale della compravendita, all'esclusione di uno e più paesi come possibili destinatari della vendita online, passando anche per l'applicazione di sovrapprezzi per i consumatori stranieri. I siti che hanno più versioni a seconda del Paese, non potranno quindi più reindirizzare i clienti né rifiutarsi di vendere le offerte promozionali presenti su una delle loro pagine nazionali a persone che si collegano da altri Paesi. La Commissione fa l’esempio di una famiglia italiana in visita a un parco tematico francese: se ci sono degli sconti online, devono essere disponibili a prescindere dal paese di provenienza. Si tratta di pratiche enormemente diffuse, che nel settore della rivendita di hardware addirittura arriva al 79%, mentre nel e-commerce per abbigliamento e calzature si arriva al 65%. Gli effetti sono stati messi in luce da Bruxelles, che evidenzia come appena il 19% dei consumatori fa acquisti da un altro paese Ue, mentre soltanto il 9% delle aziende fa vendite oltre i suoi confini.

Pratiche lecite e illecite

Non tutte le pratiche di geoblocking sono vietate. Viene riconosciuto come legittimo nel caso in cui ci siano ostacoli oggettivi, come i costi extra che possono derivare da consegne o l’applicazione di regole previste all’estero. In sostanza se in un paese un oggetto è vietato e in un altro no, è lecito impedire che possa essere venduto online in quest'ultimo paese. La pratica invece è assolutamente illecita se posta in essere al solo scopo di segmentare il mercato per aumentare i profitti a scapito del consumatore. Le norme non si applicano neppure ai prodotti audiovisivi e in generale coperti da copyright (e-book, musica, videogiochi e software), già assoggettate dallo scorso aprile a nuove regole sulla portabilità dei contenuti. Il tema è quanto mai caldo, dal momento che il mercato dell’e-commerce europeo dovrebbe raggiungere entro il 2018 un giro d’affari da 602 miliardi di euro, con un incremento del 13% rispetto allo scorso anno. Per questo motivo la Commissione produrrà un report sull’impatto delle nuove regole, mentre sono in rampa di lancio altre sulla protezione dei consumatori (2020) e sull’Iva per i prodotti online (2021).