Le sanzioni statunitensi contro il Venezuela e l'Iran hanno dato una
spinta ai prezzi del greggio Brent, che hanno raggiunto i loro massimi dall'inizio dell'anno.
Lo sprint del greggio Brent sui mercati
Il Brent ha avuto una
performance settimanale del 5,93%, e gli analisti dei
migliori siti trading autorizzati Consob hanno puntato tutti sull'oro nero. Va detto che oltre ai su citati fattori rialzisti, hanno inciso anche l’annuncio della sospensione a marzo delle operazioni da un
grosso giacimento offshore dell’Arabia Saudita, nonché le
riduzioni all’offerta concordate dall’Opec e dai grandi esportatori non allineati e dai progressi nei negoziati Usa-Cina sul commercio.
Tornando alla questione venezuelana, l'annuncio di Washington di
sanzioni contro la compagnia petrolifera statale PDVSA, ha un duplice effetto. Da una parte infatti riduce l'offerta del greggio pesante a livello globale, provocando quindi un
aumento del prezzo. Dall'altra però provoca anche un
declino nella qualità del prodotto stesso, dal momento che il greggio venezuelano è uno della migliore qualità (per via del contenuto ridotto di zolfo).
Le controindicazioni per gli USA
Va detto che ad
essere danneggiati potrebbero essere gli stessi USA, che sono grandi fruitori di petrolio pesante. Nel corso dei primi 10 mesi del 2018, le importazioni di petrolio venezuelano negli States hanno toccato i 150 milioni di barili. Grazie ad esso hanno lavorato sodo soprattutto le
raffinerie del Texas e della Louisiana, ovvero le più importanti raffinerie sulla costa del Golfo. Qui infatti il venezuelano viene miscelato con il petrolio leggero estratto negli USA, per ottenere carburanti. Per questo motivo le sanzioni contro Caracas potrebbero diventare un boomerang per gli Stati Uniti.
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Chi potrebbe trarne beneficio è l'
Iran, altro paese sottoposto a sanzioni. La penuria di greggio pesante infatti potrebbe portare a un nuovo ciclo di esenzioni nelle misure restrittive degli Stati Uniti contro il petrolio iraniano.