In Italia l'
economia reale viaggia da un lato, mentre la vita politica viaggia in una direzione tutta sua. Questo scollamento tra chi dovrebbe governare e chi dovrebbe essere governato, finisce per
alimentare i paradossi italiani e frenare la sua crescita. Anzi, la rallenta e ci sta facendo infilare in un preoccupante imbuto.
I paradossi dell'economia reale
Il maggiore paradosso dell'economia reale italiana riguarda la
spesa sociale.
Sia tra i Paesi europei che spendono di più nel welfare. Impegniamo ben 510 miliardi di risorse tra pensioni (234 miliardi), assistenza sociale (144,76 miliardi), sanitaria (123,5 miliardi), welfare degli enti locali e misure di sostegno al reddito.
Tutte queste spese
rappresentano il 54% dell’intera spesa pubblica.
Eppure nonostante questa pratica di elargire denaro a pioggia,
abbiamo il record per l’aumento della povertà assoluta e relativa. E' evidente che quello che si fa, viene fatto male o senza criterio.
Spese pazze malgrado il Debito pubblico
Un altro dato è preoccupante. Abbiamo un
enorme debito pubblico (secondo Eurostat il maggiore
rapporto debito pubblico/Pil è al 155%, siamo battuti solo dalla piccola Grecia), che però si associa ad una
evasione fiscale altissima e
numeri sul lavoro deboli (occupazione e disoccupazione).
E intanto che facciamo?
Alimentiamo il debito per sussidiare una bella fetta di popolazione. Non pensiamo a creare lavoro, pensiamo a dare un sussidio a chi non ce l'ha. Senza porci il problema se abbia o meno intenzione di trovarlo, oppure ne abbia uno in nero.
Dati incongruenti e sospetti
I dati sull'economia reale fanno poi emergere una incongruenza quanto meno sospetta.
In base alle
dichiarazioni dei redditi 2019, più della metà degli italiani vive con meno di 10 mila euro lordi l’anno. Eppure siamo il paese con la maggiore
percentuale di case in proprietà, di auto, di smartphone e spendiamo 120 miliardi nel gioco d’azzardo.
A meno di voler credere all'ipotesi che siano solo quelli con redditi più alti a possedere case, telefoni e giocare d'azzardo,
è chiaro che siamo in presenza di una evasione di massa.
Una pratica che si vorrebbe combattere a parole, ma
nei fatti viene alimentata proprio dalla politica dello Stato che si impegna solo a sussidiare.
E ancora: possiamo mai credere che
su circa 37 milioni di persone in età da lavoro, solo 23 milioni lavorano. E tutti gli altri che fanno?
Ci dicono che oltre 3 milioni lavorano in nero, ma ne mancano all'appello altri 20.