La corsa dei prezzi sta erodendo il potere d'acquisto di
milioni di famiglie italiane, che così
continuano a ridurre i loro consumi. Anche perché molte già da tempo stanno intaccando i loro risparmi, ma non potranno farlo ancora a lungo. L'unica soluzione è continuare a stringere la cinghia.
Il crollo dei consumi
Secondo una indagine di
Confesercenti, si prevede che
nel secondo semestre di quest'anno ci sarà un
calo dei consumi per 3,7 miliardi rispetto ai primi sei mesi dell'anno. Le previsioni elaborate dal Centro Europa Ricerche evidenziano che nel caso si concretizzasse questo scenario,
alla fine del 2023 la crescita complessiva della spesa delle famiglie dovrebbe attestarsi sul +0,8%, contro il +4,6% dello scorso anno.
La quota complessiva dei
consumi sul Pil dovrebbe attestarsi al 59,3%, dal 59,8% dello scorso anno, ma al netto dell'inflazione darebbe un contributo reale del 58,4%, il più basso dall'inizio del secolo (nel 2000 era il 59,9%).
Il primo fattore critico: l'inflazione
E' chiaro che
sul comportamento delle famiglie sta incidendo in modo pesante questo
lunghissimo periodo di alta inflazione. La corsa dei prezzi infatti, non essendo allineata a quella degli stipendi,
finisce per ridurre il potere di acquisto degli italiani.
Il fatto poi che l'inflazione non stia scendendo così velocemente come si sperava aggrava ulteriormente il problema (l'aumento anno su anno dei prezzi ad agosto è stato del 5,4%).
Meno risparmi e problema dei tassi
Oltre a perdere potere d'acquisto,
le famiglie italiane vedono ridursi anche i loro risparmi, che sono stati intaccati nella prima fase dell'aumento dei prezzi per mantenere i livelli dei consumi che avevano in precedenza. Ma
dopo quasi due anni di corsa dei prezzi, il margine di manovra ormai è ridotto al lumicino.
Un effetto frenante sui consumi ce l'hanno anche le
decisioni di politica monetaria della Bce. La
Eurotower ha effettuato il decimo rialzo consecutivo dei tassi, ma questo rappresenta una
mazzata per quelle famiglie gravate da un mutuo a tasso variabile.