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125. il mondo vegetale


"Solo questo domando: esserti sempre, per quanto tu mi sei cara, leggero." Giovanni Raboni

  E’ difficile spiegare gli amori, e per certi amori è ancora più difficile trovare le parole per dirli. Gli amori dei bambini, per esempio. E non intendo l’innamoramento per un’altra persona, intendo invece gli amori come passioni, interesse per qualcosa. Sono manifestazioni di un seme che diventerà pianta, espressioni della singolarità di quella persona venuta da poco a stare nel mondo e che, con quelle sue particolarità, lo arricchirà, lo diversificherà, lo pluralizzerà. E’ compito degli adulti osservare quegli interessi, aiutare la piccola persona a manifestarli, approfondirli, allenarli. Invece spesso non accade così, spesso gli adulti soffocano o deviano queste particolarità, indirizzando il bambino o la bambina verso altre strade che essi ritengono più consone, più accettate socialmente, più gestibili e controllabili. Che meraviglia, invece, le passioni dei bambini! Che bellezza seguirle, assecondarle, farle fiorire. Ecco, se penso a qualcosa che possa descrivere l’amore, penso proprio e sempre a “far fiorire”, come splendidamente Pablo Neruda ha già detto: “Quieto hacer contigo / lo que la primavera hace con lo cerezos.” ( e consiglio di leggerla tutta la poesia di cui questi sono i due versi finali … ma insomma, tutto Pablo Neruda, compreso il suo meraviglioso diario “Confesso che ho vissuto”). Al di là di tante parole, si vede se circola amore tra le persone, perché “fioriscono” e, di conseguenza, poi fanno meravigliosi frutti. E uno degli elementi necessari sia per far fiorire che per fiorire è l’ascolto, l’osservazione, la mano tesa: guardare con gli occhi luccicanti di bene  questi piccoli esseri ancora per buona parte intatti, serissimi nei loro interessi.   Ho ricordi netti di miei interessi precisi da bimba piccola piccola, dilaganti come fresca sorgente non saprei dire da dove, e così “edificanti” di quello che sentivo che io fossi: edificanti, cioè come mattoncini che avrebbero costruito ciò che si sarebbe sviluppato e composto col tempo. Uno di questi miei amori erano (lo sono ancora) le piante, tutto il mondo verde che io percepivo vitalissimo di una vita che ero costantemente curiosa di conoscere: percepivo tutto il mondo verde come un mondo amico, dal più piccolo filo d’erba agli alberi più grandi. Sono stata certamente facilitata in questo mio amore per le piante dall’essere nata in un minuscolo paesino –poco più grande del Rio Bo descritto da Aldo Palazzeschi- immerso nel verde, ma sicuramente in me vi era già un seme  in questo senso, e me lo confermano altri miei grandi amori di bimba, amori e passioni che non avevano nulla a che vedere con l’ambiente in cui sono nata. Passavo – e ho passato e passo - molto tempo a osservare i fiori, le foglie, le molteplici forme diversificate attraverso le quali la natura e la vita si esprimevano. Mi ha sempre interessato il punto in cui un filo d'erba un fiore un albero esce dalla terra, il luogo d’incontro tra le radici nascoste e il tronco visibile, un punto che a me non è mai sembrato scontato e banale. A lungo, da piccola, soffrii di non sapere il nome delle piante, mi sembrava una forma di maleducazione non poterle chiamare per nome: sapevo benissimo che erano nomi dati loro da noi esseri umani, ma intanto mi sembrava una buona cosa conoscere almeno quelli. Così da adolescente ebbi due modi di soddisfare questo bisogno: il libro di scienze del primo anno delle scuole superiori conteneva una classificazione completa delle piante e quindi anche tanti tanti loro nomi; acquistai il libro “Segreti e virtù delle piante medicinali”, pubblicato da Selezione dal Reader’s Digest, perché nel frattempo, le piante che sentivo come molto amiche da bimba, erano diventate per me anche portatrici indiscusse di salute e di medicine, “basta studiarle”, pensavo. C’è un grande studioso italiano che si occupa di piante in modo da farle fiorire, cioè da far fiorire ai nostri occhi i loro significati, le loro vite vissute in modo così diverso dalle nostre vite umane, e così colme di altrettanta importanza. Lo scienziato, di prestigio mondiale, si chiama Stefano Mancuso, è uno dei fondatori della neurobiologia vegetale, è professore all’ Università di Firenze, dirige il LINV-Laboratorio Internazionale di Biologia Vegetale e per saperne di più sulle cose meravigliose che fa basta navigare in rete. Ha scritto interessantissimi libri divulgativi (come dovrebbe essere la divulgazione, cioè una cosa seria fatta da espertissimi).   Ci sono bimbi e bimbe che, però, non fioriscono: nessuno li ascolta e osserva; i loro semi rimangono sepolti. Bimbi e bimbe che, da adulti e adulte, non vivono appieno perché non seguono e sviluppano i loro doni e che rimangono con l’attesa di qualcosa: attesa di essere loro stessi qualcos’altro, attesa di qualcosa che arrivi … e spesso questo qualcosa si incarna in qualcuno di cui si innamorano e che non è mai la persona che potrebbe amarli e amarle, perché la premessa di questo sentimento è “sbagliata”, è compensativa e non apre all'amore. Però, anche senza essere per qualcuno colui o colei che fa fiorire, si può essere per gli altri, per tutti quelli che incontriamo, fonte e seme di un sorriso, di gentilezza, di attenzione e rispetto. Specialmente di questi tempi. In questo nostro tempo in cui viviamo e di cui siamo co-creatori. Non è difficile, è più difficile odiare, fare dispetti, sostenere l’egoismo. E’ semplice voler bene ed essere gentili, davvero. Si può imparare da un bosco, da un prato. Si può imparare dalle singolarità ben disegnate con cui i bambini e le bambine vengono in questo mondo.

"Se doveste ancora sentire il banale luogo comune secondo cui in natura vige la legge del più forte, sappiate che si tratta di sciocchezze: in natura, prendere decisioni condivise è la miglior garanzia di risolvere correttamente problemi complessi." (Stefano Mancuso)

https://it.wikipedia.org/wiki/Selezione_dal_Reader%27s_Digest A. von Humboldt, Distribuzione delle piante in America equanoziale secondo l'elevazione sopra il livello del mare, 1839, disegno e incisione di George Aikman