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171. kairos, babbo amore


Qualche giorno prima che mio padre morisse -due, tre, non ricordo, non ricordo, perché non ricordo, perché ... Ero seduta accanto al letto d'ospedale di mio padre, era un pomeriggio di gennaio, questo sì, questo lo ricordo. Sapevo che lui stava morendo, sapevo che ci stava lasciando. Ma non lo sapevo fino in fondo, fino ad ammetterlo, fino a fare in pienezza quello che era necessario a quel momento delle nostre vite. Perché. Perché accadde che. All'improvviso mio padre aprì gli occhi; quegli occhi amati che teneva chiusi da giorni e giorni, aprendoli raramente per poco tempo per guardarsi appena intorno, in silenzio, e poi tornare a chiuderli. Aprì gli occhi e mi guardò intensamente, dicendomi: "Ciao", e dopo due secondi di pausa "Ciao", ripeté. Io compresi il senso che lui dava a quel 'ciao', lui che di più non avrebbe detto nemmeno in piena salute. E quello era il Momento Sacro da accogliere e vivere in pienezza. Quello era il Momento di un Grande Dono, da ringraziare e ridonare nella sua profondità immensa che, sebbene insondabile fino in fondo, era però praticabile finché l'Amore mio umano me lo avesse permesso. E invece no. Io misi in campo la paura. Perdonami babbo. Ti risposi fuggendo da quel Momento Sacro in cui mi chiamavi a crescere ancora, tu babbo che mi insegnavi ancora le cose importanti della vita. Io ti risposi alleggerendo il momento, fuggendo, e svilendo la sacralità di quel kairos che tu mi offrivi senza riserve. Un  Tempo di così grande vicinanza, di così grande insegnamento. E io, piccola come nemmeno da piccola sono stata, ti dissi con un sorriso: "Mi dici ciao, babbo? ... Non pensare queste cose." E tu hai richiuso i tuoi occhi stanchi, e chissà se resi ancora più stanchi dalla solitudine in cui ti stavo lasciando, anche se non volendolo. Ecco, lo chiamo ormai con rabbia e tristezza e dolore 'il momento Liala', la trasformazione in romanzo rosa di una Narrazione Sacra. Cosa ci saremmo detti se io avessi accettato con la Forza dell'Amore il Tuo Immenso Dono? Se io fossi stata capace di accettare ciò che comunque comprendevo, se io fossi stata capace di cogliere il Momento Supremo, il Momento Opportuno? E così, per la mia piccolezza, per la mia paura di perderti, in quel momento ti ho perso davvero. Non mi sono avventurata nel Mondo che mi stavi aprendo, tu che sapevi che stavi morendo, che non ne parlavi, che non ti lamentavi. Non sono 'uscita' dalla mia Terra per andare dove tu mi mostravi. E ti ho lasciato solo. Ti ho lasciato solo. Sei rimasto con quel Dono nelle tue mani stanche, fermo sulla Porta che mi avevi aperto, solo. Perdonami. Di tutto questo me ne sono resa conto quando te ne eri già andato, quando il grande Silenzio era sceso a separare per sempre le nostre voci e il nostro tempo comune. Oh, sì, ti accarezzai subito, ti ricoprii di baci, ti dissi ancora per l'ennesima volta "sei bravo", e "sei un esempio per tutti noi" e "sei un babbo" e "grazie". Ma rimasi sulla soglia. Limes. La zona sacra è sacra ed è kairos, il kairos è kairos ed è sacro. Entrarci è fare limen di quel limes ed essere kairos. Che grande opportunità che mi hai offerto, babbo, col tuo "ciao ... ciao" e con quel tuo fissarmi negli occhi. E' questa una Tua Grande Eredità, per me. Ti saprò rispondere, spero. Saprò accettare il Tuo Dono, saprò entrare in quella Terra Sconosciuta e Potente che mi hai offerto. Quando. Anche tra diverse dimensioni ti risponderò. Quando. Ti prendo per mano, babbo, da qui dove sono rimasta a fare un altro pezzetto di strada arricchita dal Tuo Saluto e dal Tuo Regalo. Babbo, insondata anima, paese irraggiunto, amore interrotto e sospeso per un mio limite. Quel tuo saluto sarà in me finché vivrò, come insegnamento d'amore supremo. Non c'è parola per dirti grazie. Mi rimane il nome con cui ti chiamo ancora, 'babbo', a cui tu non rispondi più con la tua voce, ma con quel 'ciao' sospeso nel tempo e nello spazio, guida di un cammino che è arduo soltanto per la sua bellezza. Ciao babbo.