Si cosa una persona in molti modi. Userò 'cosifica' da 'cosificare' al posto di 'cosa' da 'cosare' per una certa maggior dimestichezza che sembra darci cosifica, ma io, comunque, preferisco il mio 'cosare' :-) Quindi, si cosifica una persona in molti modi. Una, per esempio, è proprio in ambito lavorativo (Marx e figli direbbero 'reificare'); oggi è la Festa del Lavoro, nata da una tragica cosificazione dei lavoratori che volevano abbassare a 8 il numero delle ore lavorative giornaliere. https://www.ilpost.it/2020/05/01/1-maggio-festa-lavoro-storia/ In ambito lavorativo si cosificano ancora le persone, tanto, in tutte le parti del mondo e nei modi più diversificati. Un antidoto? Chiedersi l'origine e il fine e la fine del nostro lavoro: dove comincia? in base a quali criteri e valori? come si realizza ciò che passa per le nostre mani? noi come lo realizziamo, quando tocca a noi? qual è l'esito, la fine del nostro lavoro? in che mani va? cosa fa in quelle vite in cui va? Un altro ambito in cui si cosificano le persone è quello famigliare. I genitori verso i figli e le figlie: l* vogliono a loro immagine e somiglianza, profondendosi in una certa confusione con il Creatore; l* annullano seguendo inconsci -ma non meno dannosi- percorsi che nulla hanno a che fare con la genitorialità, intesa secondo le più amorevoli e autorevoli definizioni finora maturate. Figli e figlie verso i genitori: li vogliono al pari di un Dio creatore per poi pretendere che non lo siano, accarezzando l'idea di una disubbidienza che superi per portata quella dei Primi Due nel giardino Terrestre. Un antidoto? Prendere qualche foto e guardare - i genitori guardano i figlie e le figlie, e quest* i genitori-, guardare bene, guardare distratti, guardare intensamente, l'importante guardare senza i filtri della conoscenza, o meglio senza i filtri dell'interpretazione che scambiamo per conoscenza. Cosa vediamo? Chi vediamo? Ma ... quella espressione è davvero la sua? non l'avevo mai vista sul suo viso, nei suoi occhi! ... :-) Un altro ambito in cui si cosificano le persone è quello delle relazioni sociali (a vario titolo) e quello pesudo-amicale. I modi sono i più svariati. Vanno dall'usa-e-getta ormai così di moda in ogni campo, al tradimento, all'invidia, all'odio, al copiare, al denigrare. Un antidoto? Beh, farsi delle domande aiuta sempre. Purtroppo chi si trova a navigare in acque emotive e sentimentali tanto torbide non eccelle (non eccelliamo, eh, mica parlo dal pulpito!) in splendore e consapevolezza. Possono esserci degli aiuti. Dalle splendide domande dell'esame di coscienza di stampo cattolico, alle domande di più specifica matrice psicologica; dagli insegnamenti zen alla lettura-rilettura-rilettura del Tao, alle domande sparse nella Bibbia tramite i suoi vari personaggi ... Necessita all'inizio soltanto una certa disponibilità a farsi delle domande, ecco, sembra una cosa da poco, ma non lo è ... speriamo bene! :-) Un altro ambito in cui si cosificano le persone è quello definito-percepito amoroso-di-coppia, ma che amoroso non è, altrimenti non si cosificherebbero le persone. Lo scenario include quanto detto sopra per le pseudo-amicizie, con l'aggiunta di altre amene sottigliezze particolarmente comprensibili in un contesto propriamente psichiatrico. Ci sono quell* che arrivano nelle vite altrui per farsi una passeggiata, vedere come va, illudere, parlare d'amore senza pensarlo minimamente, mentire per arrivare ai loro scopi. E poi ci sono, dall'altra parte, quell* che ci credono ... e sono guai, dolori, vite interrotte, annullate, disperazioni. Ho un ricordo personale, per alleggerire con un sorriso un argomento che, certo, non va alleggerito, ma a cui trovai una specie di risposta in una strepitosa vignetta dei Peanuts del mitico Schulz. Ricordo personale. Ho un'educazione cattolica e ho studiato in un istituto di suore, la religione e i suoi termini caratterizzanti erano le parole della mia quotidianità, l'espressione verbale di concetti radicati e praticati. Avevo anche dubbi e confusioni a cui trovavo risposte tra sacerdoti, suore, frati, monaci, catechisti, ritiri spirituali, gite performanti presso santuari famosi. In quest'ambito, quale termine più diffuso-usato- meditato- pronunciato-reso-carne di quello di 'amore' e delle sue varianti-personificazioni 'amante' e 'amato'? E quale altro termine poteva circolare intensamente se non 'libertà', con il suo postulato-corollario di 'scelta'? E così, in un intreccio teologico-mistico che negli anni dell'adolescenza si arricchì anche del 'carnale' - non solo in me, in tutto il gruppo :-) - provocando una certa confusione su quale posizione mettersi -l'amato? l'amante? e come scegliere? l'amore di certo! :-) -; e sentendomi ripetere che l'amante lascia libero l'amato perché solo così ama -e quindi "niente reciprocità, non ci si deve aspettare niente in cambio, ragazz*": a noi che ormonizzavamo di baci e abbracci, dove la reciprocità è tra i fondamentali :-) -, un giorno non ce la feci più e, timidamente, chiesi al parroco se per caso non si poteva considerare che amato e amante potessero configurarsi in una stessa persona e se, per favore, poteva aiutarmi a sciogliere questo dicotomico enigma amoroso: amante e amato non sono due atti-momenti della stessa persona? Così come mi viene detto e spiegato colgo una dicotomia che non risolvo, aggiunsi. E, proseguii, in più, mi provoca una certa antipatia per questo 'amato' che se ne va per i fatti suoi e fa quello che vuole, mentre l'amante lascia fare-andare (in una posa fisica che io immaginavo tra l'aulico e l'ottocentesco, una specie di statua con un fazzoletto in mano, a sventolarlo per dire addio a questo amato sbarazzino che era autorizzato ad andare dovunque). La risposta religiosa la possiamo trovare in Sant'Agostino nel suo 'De Trinitate', ma lì appunto si parla di Dio. La risposta per amore amante amato più umani la trovo ancora più complicata del mistero trinitario, specialmente se tolgo la reciprocità dinamica che invece nel mistero trinitario deve per forza sussistere tra le tre Persone. Ma no, mi si diceva, 'dobbiamo' amare senza aspettarci nulla in cambio, nemmeno dal compagno o dalla compagna; però contemporaneamente mi si diceva che 'dobbiamo' progettare il futuro di coppia, 'dobbiamo' avere la responsabilità dell'altro, e chi lo diceva - che si identificava con l'amato praticamente sempre- non era certo scevr* da progettualità e attesa di un contraccambio, non fosse stato altro che proprio quella libertà, proprio quel dare da parte dell'amante senza aspettarsi nulla in cambio. Dico così, almeno per dare una parvenza di possesso di pensiero logico a quello snaturato dell'amato :-) Insomma, l'amante non deve aspettarsi nulla, mentre l'amato deve aspettarsi la libertà? e se io sono amante e amato contemporaneamente, come d'altronde sono, cosa succede? .... oddio! Anche perché, io pensavo e penso ancora, l'amore non può non aver risposta, contraccambio e reciprocità per il fatto stesso che viene dato. E se il problema è non aspettarsi nulla, va bene; ma non può non rispondere all'amore chi è toccato dall'amore perché la risposta è un effetto dell'amore, e quindi non può non rispondere all'amato chi è toccato dall'amato (amore vero, specifichiamo secondo il brutto uso comune di aggiungere vero a qualcosa che se non è vera nemmeno è). Mi è rimasto sempre il dubbio che ci fosse un filino di interesse extra-trinitario ed extra-amoroso in certe affermazioni, almeno per come e da chi venivano affermate; vedevo una certa secolarità e temporalità affacciarsi dentro la fitta trama teologico-spirituale-dottrinale. Qualcosa di carino è nella vignetta di Schulz.
185. per un nuovo mondo: antidoti al "cosare" le persone
Si cosa una persona in molti modi. Userò 'cosifica' da 'cosificare' al posto di 'cosa' da 'cosare' per una certa maggior dimestichezza che sembra darci cosifica, ma io, comunque, preferisco il mio 'cosare' :-) Quindi, si cosifica una persona in molti modi. Una, per esempio, è proprio in ambito lavorativo (Marx e figli direbbero 'reificare'); oggi è la Festa del Lavoro, nata da una tragica cosificazione dei lavoratori che volevano abbassare a 8 il numero delle ore lavorative giornaliere. https://www.ilpost.it/2020/05/01/1-maggio-festa-lavoro-storia/ In ambito lavorativo si cosificano ancora le persone, tanto, in tutte le parti del mondo e nei modi più diversificati. Un antidoto? Chiedersi l'origine e il fine e la fine del nostro lavoro: dove comincia? in base a quali criteri e valori? come si realizza ciò che passa per le nostre mani? noi come lo realizziamo, quando tocca a noi? qual è l'esito, la fine del nostro lavoro? in che mani va? cosa fa in quelle vite in cui va? Un altro ambito in cui si cosificano le persone è quello famigliare. I genitori verso i figli e le figlie: l* vogliono a loro immagine e somiglianza, profondendosi in una certa confusione con il Creatore; l* annullano seguendo inconsci -ma non meno dannosi- percorsi che nulla hanno a che fare con la genitorialità, intesa secondo le più amorevoli e autorevoli definizioni finora maturate. Figli e figlie verso i genitori: li vogliono al pari di un Dio creatore per poi pretendere che non lo siano, accarezzando l'idea di una disubbidienza che superi per portata quella dei Primi Due nel giardino Terrestre. Un antidoto? Prendere qualche foto e guardare - i genitori guardano i figlie e le figlie, e quest* i genitori-, guardare bene, guardare distratti, guardare intensamente, l'importante guardare senza i filtri della conoscenza, o meglio senza i filtri dell'interpretazione che scambiamo per conoscenza. Cosa vediamo? Chi vediamo? Ma ... quella espressione è davvero la sua? non l'avevo mai vista sul suo viso, nei suoi occhi! ... :-) Un altro ambito in cui si cosificano le persone è quello delle relazioni sociali (a vario titolo) e quello pesudo-amicale. I modi sono i più svariati. Vanno dall'usa-e-getta ormai così di moda in ogni campo, al tradimento, all'invidia, all'odio, al copiare, al denigrare. Un antidoto? Beh, farsi delle domande aiuta sempre. Purtroppo chi si trova a navigare in acque emotive e sentimentali tanto torbide non eccelle (non eccelliamo, eh, mica parlo dal pulpito!) in splendore e consapevolezza. Possono esserci degli aiuti. Dalle splendide domande dell'esame di coscienza di stampo cattolico, alle domande di più specifica matrice psicologica; dagli insegnamenti zen alla lettura-rilettura-rilettura del Tao, alle domande sparse nella Bibbia tramite i suoi vari personaggi ... Necessita all'inizio soltanto una certa disponibilità a farsi delle domande, ecco, sembra una cosa da poco, ma non lo è ... speriamo bene! :-) Un altro ambito in cui si cosificano le persone è quello definito-percepito amoroso-di-coppia, ma che amoroso non è, altrimenti non si cosificherebbero le persone. Lo scenario include quanto detto sopra per le pseudo-amicizie, con l'aggiunta di altre amene sottigliezze particolarmente comprensibili in un contesto propriamente psichiatrico. Ci sono quell* che arrivano nelle vite altrui per farsi una passeggiata, vedere come va, illudere, parlare d'amore senza pensarlo minimamente, mentire per arrivare ai loro scopi. E poi ci sono, dall'altra parte, quell* che ci credono ... e sono guai, dolori, vite interrotte, annullate, disperazioni. Ho un ricordo personale, per alleggerire con un sorriso un argomento che, certo, non va alleggerito, ma a cui trovai una specie di risposta in una strepitosa vignetta dei Peanuts del mitico Schulz. Ricordo personale. Ho un'educazione cattolica e ho studiato in un istituto di suore, la religione e i suoi termini caratterizzanti erano le parole della mia quotidianità, l'espressione verbale di concetti radicati e praticati. Avevo anche dubbi e confusioni a cui trovavo risposte tra sacerdoti, suore, frati, monaci, catechisti, ritiri spirituali, gite performanti presso santuari famosi. In quest'ambito, quale termine più diffuso-usato- meditato- pronunciato-reso-carne di quello di 'amore' e delle sue varianti-personificazioni 'amante' e 'amato'? E quale altro termine poteva circolare intensamente se non 'libertà', con il suo postulato-corollario di 'scelta'? E così, in un intreccio teologico-mistico che negli anni dell'adolescenza si arricchì anche del 'carnale' - non solo in me, in tutto il gruppo :-) - provocando una certa confusione su quale posizione mettersi -l'amato? l'amante? e come scegliere? l'amore di certo! :-) -; e sentendomi ripetere che l'amante lascia libero l'amato perché solo così ama -e quindi "niente reciprocità, non ci si deve aspettare niente in cambio, ragazz*": a noi che ormonizzavamo di baci e abbracci, dove la reciprocità è tra i fondamentali :-) -, un giorno non ce la feci più e, timidamente, chiesi al parroco se per caso non si poteva considerare che amato e amante potessero configurarsi in una stessa persona e se, per favore, poteva aiutarmi a sciogliere questo dicotomico enigma amoroso: amante e amato non sono due atti-momenti della stessa persona? Così come mi viene detto e spiegato colgo una dicotomia che non risolvo, aggiunsi. E, proseguii, in più, mi provoca una certa antipatia per questo 'amato' che se ne va per i fatti suoi e fa quello che vuole, mentre l'amante lascia fare-andare (in una posa fisica che io immaginavo tra l'aulico e l'ottocentesco, una specie di statua con un fazzoletto in mano, a sventolarlo per dire addio a questo amato sbarazzino che era autorizzato ad andare dovunque). La risposta religiosa la possiamo trovare in Sant'Agostino nel suo 'De Trinitate', ma lì appunto si parla di Dio. La risposta per amore amante amato più umani la trovo ancora più complicata del mistero trinitario, specialmente se tolgo la reciprocità dinamica che invece nel mistero trinitario deve per forza sussistere tra le tre Persone. Ma no, mi si diceva, 'dobbiamo' amare senza aspettarci nulla in cambio, nemmeno dal compagno o dalla compagna; però contemporaneamente mi si diceva che 'dobbiamo' progettare il futuro di coppia, 'dobbiamo' avere la responsabilità dell'altro, e chi lo diceva - che si identificava con l'amato praticamente sempre- non era certo scevr* da progettualità e attesa di un contraccambio, non fosse stato altro che proprio quella libertà, proprio quel dare da parte dell'amante senza aspettarsi nulla in cambio. Dico così, almeno per dare una parvenza di possesso di pensiero logico a quello snaturato dell'amato :-) Insomma, l'amante non deve aspettarsi nulla, mentre l'amato deve aspettarsi la libertà? e se io sono amante e amato contemporaneamente, come d'altronde sono, cosa succede? .... oddio! Anche perché, io pensavo e penso ancora, l'amore non può non aver risposta, contraccambio e reciprocità per il fatto stesso che viene dato. E se il problema è non aspettarsi nulla, va bene; ma non può non rispondere all'amore chi è toccato dall'amore perché la risposta è un effetto dell'amore, e quindi non può non rispondere all'amato chi è toccato dall'amato (amore vero, specifichiamo secondo il brutto uso comune di aggiungere vero a qualcosa che se non è vera nemmeno è). Mi è rimasto sempre il dubbio che ci fosse un filino di interesse extra-trinitario ed extra-amoroso in certe affermazioni, almeno per come e da chi venivano affermate; vedevo una certa secolarità e temporalità affacciarsi dentro la fitta trama teologico-spirituale-dottrinale. Qualcosa di carino è nella vignetta di Schulz.