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305. divagazioni su Nettuno e Bologna, in un centro storico improvvisamente al buio


Nettuno emerge dal buio della notte a dominare le onde in una piazza senza onde e senza mare, ma in una città piena di canali d'acqua che, improvvisi, appaiono come torrenti le cui sponde sono case, o che rimangono sotterranei e di essi si sente solo la voce che scorre liquida e invisibile e invitante. Nel centro storico di questa città, si susseguono spazi bellissimi, piazze delimitate da eleganti palazzi e grandi chiese: le loro facciate si innalzano al cielo nel sovrapporsi di file di mattoni di cotto rosso. Da una piazza a un'altra, magie del dispiegarsi, dell'aprirsi, del rincorrersi architettonico di forme e di stili le cui mescolanze dimostrano la bellezza delle diversità che convivono. Forse è il buio inaspettato di questo centro storico stasera, un buio dovuto al fatto che poco più in là viene proiettato un film a cielo aperto, a cielo scoperto, a cielo incantato dalla sua luna, da cui si lascia attraversare come amante arreso e disteso, ma proteso e mai stanco. Forse perché l'unica luce rimasta accesa proietta su un palazzo l'ombra della statua del dio Nettuno, possente e potente; e quel buio in cui è immerso sembra la profondità del suo mare, del suo regno liquido così diverso dalla staticità dei mattoncini rossi da cui è circondato. No, non va vista di giorno questa statua, né illuminata. Il dio Nettuno va visto al buio come stasera, in questa piazza e dovunque: lui , il signore delle profondità degli abissi, con quella mano protesa al dominio, come ad arrestare onde tempeste navi draghi. Lui solo, in questa posa regale, mi sembra adesso, in questo buio, e per la prima volta per me, l'unico ad essere autorizzato a dire dove sia l" "hic" di quell"hic sunt leones" che noi umani spostiamo a piacimento delle nostre scoperte. Forse è l' "hic" di cui solo Nettuno può sapere, quello che cerco ogni volta che penso al "limes" che diventa "limen", un hic di possente fluidità, nelle profondità di un'anima, della psiche, di un archetipo, non so dove; ma stasera quell'ombra di Nettuno, la sua mano capace di fermare guidare far procedere nei flutti in superficie o negli abissi, stasera qui in questo buio inatteso davanti a questa ombra ancor più inattesa, ho conferma ancora una volta che "hic sunt leones" è qualcosa di cui può dire solo una divinità; e che per noi umani è solo una convinzione, una convenzione geografica nata dal timore e non dalla curiosità. E molti umani disegnano quel confine su un barcone che trasporta esseri altrettanto umani: la rotta di quel barcone traccia la linea oltre la quale non si vogliono avventurare quegli umani che disegnano ogni attimo confini, ignari forse che si arrogano un compito di esclusiva competenza del divino. Ah Nettuno, chiunque tu sia, Poseidone o Nettuno o perfino ipostasi di me stessa, tu stasera con il tuo braccio proteso fermavi l'arroganza che fa ignorare i veri confini, tu signore del segreto di un "hic" che per essere fermo sa scorrere e per scorrere sa essere fermo. I leones sono gli umani che divorano le vite degli altri umani, sono quelli che di altri umani dicono 'lasciateli morire in mezzo al mare". Stasera, mentre nel buio si levavano voci in tante lingue; mentre mi smarrivo e trovavo nello stesso istante, flutti e mattoni, onde e facciate di palazzi. E tu Nettuno lo sai e lo so anch'io che se possiamo narrare il passato e il futuro è sempre e solo perché il limes si è fatto limen, e il nostro umano "hic sunt leones" può spostarsi solo se si avvicina all"hic" che tu conosci, a quell'essere e divenire di cui siamo chiamati ad avere consapevolezza, alla responsabilità che ne deriva.