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332. quelli erano i giorni delle farfalle


Guido Gozzano chiamava le farfalle “i fiori senza stelo”. Osservava e incubava farfalle con la stessa cura dell’entomologo. Sull'argomento stava  scrivendo il poema Le farfalle, che rimarrà incompiuto.

Per Gozzano, le farfalle erano simboli perfetti di  fugace bellezza e volle farne dono ad Amalia Guglielminetti, la donna a cui, da circa due anni, era legato da una forte amicizia amorosa e con cui intratteneva in un intenso rapporto epistolare. Così, un giorno, Amalia Guglielminetti vide recapitarsi dei bruchi: Allevo una straordinaria colonia di bruchi. Voglio ritrarne alcune osservazioni e molte belle fotografie a commento di un libro di storia naturale che sogno da tempo: Le farfalle. Vi attenderò dopo il volume di versi: ma comincio ad adunare materiale di testo e d’illustrazioni. Vedrete che cosa nuovissima e bella. Immaginatevi che in una cassetta ho circa trecento crisalidi di tutte le specie, ottenute da bruchi allevati con infinita pazienza, per settimane e settimane; ora si sono quasi tutti appesi al coperchio graticolato e hanno presa la forma strana di crostacei stilizzati pel monile d’una signora. Fra pochi giorni saranno farfalle. Anzi, voglio mandarvi qualche crisalide: non ridete, vi prego. Mi attira il pensiero che si schiuderanno nella vostra camera, tra i vostri nastri e i vostri profumi. Estraetele dalla scatola dove ve le invierò, SENZA TOCCARLE, sollevando PEI LEMBI il COTONE dove sono adagiate e deponetele senza smuoverle dal letto di cotone in una scatola più ampia, dove la farfalla nascitura abbia sufficiente spazio per distendere le ali. E lasciatele in pace, come bimbi che dormono: senza toccarle, né agitarle: fra quindici giorni nasceranno. Mi scriverete e mi descriverete i loro colori; e mi direte che v’hanno detto da parte mia le belle prigioniere, addormentate in questa valle e risvegliate sui colli di un paese lontano, dall’altra parte del Piemonte… E non sorridete tanto di queste cose, più belle e più profonde di molte altre, per consolare la nostra malinconia…” (3 settembre 1908). I  minuziosi suggerimenti sul trattamento delle crisalidi indicano la particolare attenzione alla loro fragile bellezza e anche una devozione. Gozzano era affascinato dalle farfalle fin da piccolo: “Sono creature perfette”, scriveva all’amico Ettore Colla, “non vivono che un giorno di sole, ma la loro vita è tutto un trionfo di bellezza e d’amore; col tramonto è la morte”. Gozzano aveva un doppio interesse verso le farfalle, sia quello poetico che quello scientifico: esse appartengono al suo più intimo mondo interiore.
Le parole spiegano i sentimenti contrastanti tra rinuncia e  sublimazione dell’amore, inserite tra i due invii “devo far violenza a me stesso per sottrarmi alla tentazione d’un passo con Voi, passo imprudente e prematuro, credetelo.” (9 settembre 1908). Pur amandola, le restava a distanza, forse per non trascinarla nel proprio destino, minato dalla tubercolosi, insorta – per ironia della sorte – in concomitanza al loro incontro.
Forse si giunge solo tardi, troppo tardi, a capire che nessuna dote può sostituire ciò che può essere creato in due. Forse perché in due non vince la somma delle unità, ma la dinamica di relazione, il mettersi alla prova in un gioco reciproco: un obiettivo non raggiungibile con finzione, nemmeno dalla mente più brillante. Giungere ad un’inconsolabile solitudine, meno dura da sopportare solo perché non c’è speranza né aspettativa di essere felici, forse può essere la chiave per un’ispirazione magistrale e per la composizione di superiori opere d’arte, ma non quella per misurarsi con la vita e il grande compito dell’amore. Alla fine del carteggio, Guido pare esserne consapevole, ma non è possibile sapere se abbia mai avuto modo di chiarirlo. Qualcosa, di quell’incontro, sfugge alla comprensione e alla testimonianza della memoria, consegnato per sempre alla sacra sfera dell’invisibile. Articolo di Marilena Garis e Riccardo Peratoner, con variazioni mie.

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