CRITICAL REVIEWS

Carlo Marchetti
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corniciSpazio  dedicato a scrittori, critici e appassionati di arte  invitati ad elaborare un testo critico per Opera Domus, nell’interezza del percorso espositivo, della modalità virtuale o di uno specifico artista. Sarà realizzata una pubblicazione successiva su Carlo Marchetti  e l’arte che potrà contenere nella prefazione la CRITICAL REVIEW più calzante l’evento.

Apre lo spazio il testo critico inviato da Elio Rumma “Il mistero femminile torna alla Donna” sull’Artista in Transito Stefania Sabatino presente nella Sala1 titolata ad Alessandra di Francesco. Elio Rumma  è promotore d’arte internazionale, critico, film maker e pittore da sempre, fratello del noto Marcello Rumma ricordato come il pioniere del collezionismo contemporaneo e promotore di eventi storici(Basti ricordare il ’68 amalfitano). Nella rewiev dopo una digressione sullo stato dell’arte in Italia tratteggia la figura eminente dell’artista partenopea Sabatino.

Nella pittura di Stefania Sabatino è presente un’umanità sensualmente sempre pronta ad incontrare, meglio “a ricercare – scrive ad Artisti in Transito Sabatino per  Appassionata-mente l’Olio su Tela del 2017visibile in Sala. Col desiderio del trovarsi e ritrovarsi, l’idea dell’incontro in un luogo non luogo, aureo immaginario, la corsa verso l’abbraccio, la moltiplicazione dei corpi delle anime visti nell’istante in cui stanno per concretizzare l’incontro, come se avessero ritrovato un corpo nel quale fondersi riconoscendolo, il corpo diventa quasi evanescente e ne restano i contorni, o i confini, la sagoma, infine solo il ricordo. La storia si ripete, spesso ci cerchiamo, ci sembra di riconoscere qualcosa di noi nell’altro ma al contatto tutto svanisce e ricomincia la ricerca”.

OPERA DOMUS il percorso dalla SALA1

.Elio Rumma

REVIEW
ELIO RUMMA
17 MARZO 2020

Il mistero femminile torna alla Donna

In un periodo in cui le crisi si moltiplicano (economica, sociale, sanitaria, ideologica) l’arte non fa eccezione.
Infatti, è almeno un trentennio che assistiamo alla stucchevole riproposizione, salvo rare eccezioni, di modelli iconico o aniconici già sperimentati da decenni. Quasi tutto è definito neo – qualcosa ma, in realtà, dopo le avanguardie storiche poco si è inventato. La provocazione ha preso il posto della creatività e la critica, in gran parte, è diventata una sorta di juke box in cui infilare la moneta per ascoltare la musica preferita. In Italia, dopo la Transavanguardia, fenomeno più commerciale che artistico, dovuto alla genialità di Achille Bonito Oliva, non abbiamo più assistito a qualcosa di veramente significativo. Certo, vi sono eccezioni: artisti che svolgono una ricerca espressiva seria e riescono a far emergere una personalità, uno stile, che ne fanno apprezzare la qualità insita nelle loro opere.
Più semplicemente fanno emozionare, che è poi il vero fine dell’arte.
Questi artisti, grazie ad un lavoro continuo ed impegnativo, sono riconoscibili a prima vista tra tante deplorevoli imitazioni dei Maestri del passato.
Questa crisi di contenuti ha inciso profondamente anche sul mercato dell’arte e le gallerie che in passato erano centri propulsivi per la scoperta o la proposizione di nuovi talenti oggi, in gran parte, sono diventate botteghe in affitto per presunti artisti un cerca di un po’ di visibilità.
Ciò che si è affermato e diffuso negli ultimi decenni è la ricerca di un cinismo protettivo e di protezione che a breve termine, se non già adesso, rischia di diventare mestiere di sopravvivenza a scapito della libertà di opinione ed espressione. Ormai i market-makers, vere e proprie multinazionali dell’arte, preferiscono privilegiare, spesso anche attraverso aste fasulle, artisti di scarse qualità ma proni al dio denaro/successo mediatico. Sono, tuttavia, spregiudicati nel provocare dibattiti di lana caprina, grazie ai loro potenti sponsor, tra i ” cosiddetti” addetti ai lavori.
Tanto per fare un solo esempio italiano, e me ne assumo la responsabilità, basti pensare a personaggi come Cattelan che, personalmente, non capisco perché sia considerato un artista internazionalmente riconosciuto. A mio avviso un provocatore di mestiere protetto e sostenuto dai “poteri forti” dell’arte.
In questo quadro, ahimè desolante, emergono per fortuna, anche qui in Italia, alcuni artisti che fanno una seria ricerca, sia stilistica che di contenuti, non lasciandosi influenzare dalle mode effimere né da un marketing tipo promozione di detersivi.
Una di queste eccezioni è, appunto, Stefania Sabatino, il cui lavoro, raffinato e stilisticamente particolare, esprime un linguaggio di forte impatto visivo ed emotivo.

Nelle sue opere il mistero femminile, da sempre usurpato dagli uomini e manipolato in infinite fantasie sempre lontane da una realtà insondabile, è tornato al suo vero padrone, la Donna.
La Sabatino, eccezione che conferma la regola, infrange una consuetudine dell’arte contemporanea e non solo e cioè la donna vista e raffigurata da artisti uomini anche per storici e risaputo motivi di potere.
Di conseguenza, la donna nell’arte è stata la donna dell’uomo, la costola di cui riappropriarsi: un insondabile alter-ego oggetto di più o meno oscuri desideri e bisogni.
Il soggetto femminile nelle opere di Stefania Sabatino è sempre riportato con forme indefinite ma con segni chiari, netti e trasparenti, un non – finito di michelangiolesca memoria addolcito dalla sinuosità delle figure e dall’opulenza carnale delle donne, direi quasi autoritratti, come appunto in molti artisti del Rinascimento e del Barocco.
Il disegno è sempre ben definito con mano sicura e padronanza di una tecnica non comune e i colori che fanno trasparire l’anima sensuale e mediterranea dell’artista.
Ma la Sabatino non si limita ad essere solo, seppur brava, una pittrice. La sua creatività si esprime in altri modi altrettanto validi: installazioni, performance, body art.
Il suo percorso, negli ultimi anni è andato arricchendosi ed evolvendo verso un’arte totale e totalizzante: le sue figure e composizioni non sono più solo al femminile ma sono diventati “esseri” la cui forza si esalta nella scomposizione e ricomposizione di segmenti corporei che nella frammentarietà riescono a suggerire chiaramente la totalità, l’unicità dell’essere in quanto tale.
Dissoltasi, quindi, la storia in tante storie così come le rappresentazioni dominanti nella realtà del quotidiano disciolta in una presa diretta che rifiuta le ideologie frammentandole in intuizioni, pensieri ed ipotesi di nuovi orizzonti, la nostra artista s’incammina su sentieri innovativi che, specialmente nelle sue performance di body art, trovano la trasparenza del colore e la forza di una creatività artistica in continuo movimento.
In definitiva, Stefania Sabatino è un’artista universale, fuori dalle convenzioni modaiole del momento, non provoca ma emoziona con una potenza evocativa e una maestria tecnica che, a mio avviso, ne fanno una figura eminente nel panorama delle arti plastiche italiano.

Elio Rumma

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CRITICAL REVIEWSultima modifica: 2020-04-06T13:45:06+02:00da Dizzly
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