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Teatro: oltre il Bardo è Cechov l'autore generazionale


- ROMA, 07 MAR - Una volta, ogni generazione di attori, e ovviamente di pubblico, aveva il suo Amleto, personaggio esemplare con cui misurarsi. Ormai da molto tempo questo non accade più e a diventare generazionale, questa volta su iniziativa dei registi, è stato Cechov, con Zio Vanja in particolare, ma con tutti i suoi testi, compreso Il gabbiano di cui Leonardo Lidi offre quest'anno un nuovo allestimento particolare, prima parte di una trilogia, cui seguiranno le prossime stagioni un Giardino dei ciliegi e uno Zio Vanja.
    Il lavoro, produzione dello Stabile dell'Umbria con quello di Torino e l'Ert Emilia e Romagna, è in replica a Roma al Teatro Vascello, e poi in tournée in Umbria (tappe principali a Terni 7/9 marzo, Todi il 17 e Gubbio il 19), quindi Cremona il 22, Pordenone il 24 e 25, infine Reggio Emilia dal 31 marzo al 2 aprile e il Piccolo di Milano dall'11 al 16 aprile. Per i giovani è più facile oggi riconoscersi in Cechov, nel suo raccontare il bisogno di illudersi sul futuro, con progetti e speranze che vengono poi sempre disilluse, più che nella difficile crescita, le trame, i dubbi del principe danese di Shakespeare, di cui pure in Cechov c'è l'ombra.
    In palcoscenico nulla a distrarre, niente arredi e fondali veristici, solo delle sedie dietro, come a intendere la villa in fondo al parco, dove gli attori via via siedono, sempre presenti in scena, e avanti una panchina vicino o sulla quale si recano quando tocca a loro, ai loro personaggi agire. Tutto quindi diventa naturalmente più netto, assoluto, ma anche meno mimetico, quasi un effetto straniante, come si trattasse di una prova e non di una recita, e ciò che dicono acquista una verità letteraria, e allora esemplare. Il gruppo particolare di attori, che sarebbero tutti da citare per impegno e qualità, in questo contesto, riesce con apparente naturalezza a rendere anche un aspetto quasi parodistico dei drammi personali dei personaggi, riuscendo a far ridere la platea, rendendo viva l'intenzione di Cechov di scrivere testi dal sapore di vaudeville (e ci sono anche due momenti di danze e canzoni), in cui tragico e comico finissero per fondersi e dare un senso di vanità esistenziale.
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