(di Francesco Gallo) – ROMA, 20 APR – Nanni Moretti, uscito di scena solo un po’ con Tre piani, film del 2021 per la prima volta nato da una sceneggiatura non sua, con Il Sol dell’Avvenire torna a schermo pieno con una valanga dei suoi tic, considerazioni, moralismi, chiusure, rivisitazioni della storia, fellinismi e con un finale poi tra Dolce vita e Quarto Stato. Ovvero con il regista in marcia, come nei suoi storici girotondi, insieme a cast e amici (si vedono tra gli altri Corrado Augias, Lina Sastri, Anna Bonaiuto, Renato Carpentieri, Fabio Traversa e Alba Rohrwacher) verso quel ‘sol dell’avvenire’ il più lontano possibile dal presente: l’oggi è il vero nemico di questa sua opera.
Moretti è Giovanni, un cineasta che sta girando un film su un giornalista dell’Unità, Ennio (Silvio Orlando), uomo iscritto al Partito Comunista Italiano (PCI) del tutto integralista e impreparato all’invasione dell’Unione Sovietica dell’Ungheria.
Siamo infatti nel 1956 e le rigidità del giornalista fedele solo al suo partito anche quando ‘sbaglia’, (“È Togliatti che deve dare la linea” dice ogni volta che ha un dubbio), non sono molto diverse da quelle del regista Giovanni altrettanto integralista come può essere solo un autarchico.
Sposato con Paola (Margherita Buy), che è anche la sua produttrice, insieme allo svalvolato Pierre (Mathieu Amalric), e con tanto di figlia, Emma (Valentina Romani), impegnata con un uomo troppo grande, sta per essere lasciato dalla moglie che lo trova impossibile, “pesante”.
E mentre sul set del suo film arriva il circo da Budapest, il Budavari, con acrobati ed elefanti, e il suo protagonista Silvio Orlando si sta lentamente legando all’attrice (Barbora Bobulova) che interpreta la sartina Vera, Giovanni, che sta pensando di girare un film pieno di canzoni italiane, è iconoclasta con tutti: attori, moglie, figlia, tecnici e anche contro se stesso.
Si scaglia contro un giovane regista che sta per filmare un’esecuzione a sangue freddo («La scena che stai girando fa male al cinema!»), si scaglia poi contro l’attrice che indossa i sabot (“Non sono scarpe serie, al massimo pantofole. Dietro i sabot c’è una tragica visione del mondo. Se si coprono le dita non si può lasciare scoperto il calcagno”).
Se la prende, manco a dirlo, con Netflix che rifiuta il suo film parlando di slow burner, arco narrativo e what-the fuck e rivendicando a più non posso che la piattaforma è forte di 190 paesi.
Insomma un Nanni Moretti in piena forma, amaro verso quel passato che non c’è più, ancora più convinto che le sue manie siano il vero in cui si rifugia e a cui, come capita al personaggio di Giovanni, nessuno si può rivolgere senza il timore di essere smentito, un po’ come capita anche nelle interviste difficili all’autore di Ecce Bombo! E Cannes, dove il film è in concorso? Calcolando la grande passione che hanno i francesi per il morettismo doc, Il Sol dell’Avvenire, che arriva in sala il 20 aprile con 01 in un’uscita monstre di 500 copie, ha più di una chance di entrare di diritto e, per le molte corde toccate, nel Palmares. Fosse anche solo per quella tirata su Netflix che avrà riempito di gioia Thierry Fremaux da sempre acerrimo nemico della piattaforma statunitense. .
Con Il Sol dell’Avvenire è tornato il morettismo
Con Il Sol dell’Avvenire è tornato il morettismoultima modifica: 2023-04-20T08:42:00+02:00da