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Il vino del futuro lo deciderà il clima e non più il mercato


- ROMA, 16 GIU - "Dovremo avere una viticoltura mirata all'adattamento climatico e non più al mercato e alle mode, che sappia mantenere le risorse e utilizzarle in modo efficiente.

Sarà imperativo quindi scegliere la varietà giusta per il microclima giusto". A tracciare il futuro del settore è Aaron Fait professore della Ben Gurion University del Negev (Israele), intervenuto al convegno "L'agricoltura nel XXI secolo tra Italia, Usa e Israele", organizzato dal magistrato Stefano Amore, in collaborazione con l'Accademia nazionale di Agricoltura e il Cufa dell'Arma dei Carabinieri, dove ha partecipato, tra gli altri il ministro per gli Affari economici e scientifici Ambasciata di Israele, Raphael Singer e il presidente del Crea Carlo Gaudio.

"Da anni portiamo avanti un grosso progetto di viticoltura nel deserto israeliano del Negev, formidabile laboratorio in cui testare sulla vite gli effetti che i cambiamenti climatici hanno o potranno avere sui vigneti di zone non desertiche dove preservare la qualità delle uve sta diventando difficile - spiega Fait - sperimentazioni che permettono di ottenere modelli per anticipare quella che sarà la condizione in Europa tra 20 o 30 anni. A oggi, ad esempio, osserviamo una riduzione di rese, in particolare su alcune varietà, che ci porta a prevedere la perdita fino al 60% della produzione a fronte di un incremento di temperatura di 2° C". Nel corso del progetto si stanno valutando gli effetti di temperature dei grappoli anche oltre i 45°C su una trentina di 30 varietà diffuse in tutto il mondo, dal Cabernet al Merlot a vari Moscati, per valutare la risposta a condizioni climatiche estreme. "Tra le evidenze è emerso che le varietà a bacca bianca si adattano meglio all'aumento delle temperature per la loro maturazione più veloce rispetto a quelle a bacca rossa", fa sapere il professore, nel precisare che "sarà inevitabile l'utilizzo dell'acqua riciclata per l'agricoltura, che in Israele è pari all'80%, al 40% in Spagna mentre in Italia è quasi zero. Tra l'Italie e Israele - conclude - si sta aprendo uno dei tanti ponti per la ricerca scientifica soprattutto per i cambiamenti climatici, due paesi molto simili come struttura del terreno e del clima; d'altra parte Israele ha un'esperienza di decenni nell'efficienza dell'agricoltura e nello specifico della viticoltura" .