Ha scritto fino all’ultimo giorno: il suo nuovo libro, atteso a breve per Rizzoli, sarà dedicato alla genitorialità e alla famiglia, esperienza che lei, madre d’anima, ha vissuto fuori dai canoni della tradizione e ha plasmato in nome della libertà di scegliere chi si ama. Un atto politico, ancora una volta, a suggellare idealmente una vita in cui Michela Murgia, morta a 51 anni, non ha mai rinunciato a prendere posizione per la tutela dei diritti, a far sentire la sua voce contro il potere, a rivendicare la scelta di non piacere a tutti.
E un atto politico sarà anche il suo funerale, oggi alle 15.30 nella Chiesa degli Artisti a Roma: “un incontro di tutti coloro che l’hanno letta, voluta bene, difesa, sostenuta. Una celebrazione della strada percorsa insieme”, spiega l’amico Roberto Saviano. “Questo funerale non ha nulla di privato, per tutti è stato il suo scrivere, per tutti è stato il suo dire, per tutti il suo lottare e per tutti sarà questo saluto”. Una lotta non contro la malattia, quel carcinoma che l’aveva aggredita al rene, estendendosi poi ai polmoni, alle ossa e al cervello, come aveva rivelato il 6 maggio al Corriere della Sera (“non chiamatemi guerriera, odio i militari”, avrebbe spiegato poi). Ma per “arrivare viva fino alla morte”, condividendo, in una sorta di diario sui social, gesti quotidiani di dolore, gioia, sollievo, protesta.