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Santambrogio, racconto Cuba lontano dagli stereotipi


Un Cuba in bianco e nero, attuale e universale, tra un difficile presente e un ingombrante passato, riflessa dalle strade e i luoghi sospesi di San Antonio de los Banos. La attraversano protagonisti di tre generazioni, tutti alle prese con una possibile separazione: i due teatranti 30enni Alex (Alexander Diego) e Edith (Edith Ybarra Clara), prossima a una partenza; i bambini Frank (Frank Ernesto Lam) e Alain (Alain Alfonso Gonzalez) che sognano gli Usa e un futuro da giocatori di baseball, e l'anziana Milagros (Milagros Llanes Martinez), sempre legata a un amore passato che non è tornato da una guerra. Sono gli elementi di Gli Oceani Sono I Veri Continenti, l'opera prima di Tommaso Santambrogio, film d'apertura in concorso nelle Giornate degli Autori alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e in sala dal 31 agosto con Fandango. Il cineasta, che ha collaborato con autori come Werner Herzog e Lav Diaz, aveva già realizzato un corto omonimo, in gara al Lido, alla Settimana della Critica nel 2019: "Il corto, è stato propedeutico al lungometraggio - spiega Santambrogio all' - lì avevo affrontato in chiave ridotta, solo la storia di Alex e Edith. Nel film c'è un racconto più vasto rispetto alla contemporaneità e la società cubana anche attraverso le tre età che racconto". E' un film (producono Marica Stocchi e Gianluca Arcopinto per Rosamont con Rai Cinema) "che nasce molto dagli stessi personaggi (al loro esordio). Il regista, classe 1992, ha visitato per la prima volta Cuba a otto anni "in un viaggio con i miei genitori" e per le storie del film ha passato lunghi periodi sull'isola. "Volevo riuscire a rispettare la cultura e l'identità cubana, dando voce ai personaggi, al loro sentire, le loro problematiche. Serviva un contatto vero e forte con la realtà del luogo". Attraverso il bianco e nero "c'era la volontà di andare a levare tutta la patina, andare all'osso del racconto e dell'immaginario, mostrare la realtà cubana com'è oggi, allontanandosi dal Malecon, le macchine d'epoca, il mojito, i colori e la visione più turistica e colonialista del luogo, andando a sparigliare lo sguardo".