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80 anni dall'8 settembre, in un libro la guerra in Appennino


STEFANO ARDITO, 'GUERRA IN APPENNINO, 1943-1945, LOTTA PER LA LIBERTÀ' (Corbaccio, pp 220, 19,60 euro) Ottant'anni fa, l'8 settembre 1943, la storia della Seconda Guerra Mondiale cambia. Fino ad allora i militari italiani hanno combattuto e sofferto in terre lontane come la Grecia, il Nordafrica e la Russia. Da quella data, con sempre maggiore violenza, il conflitto si sposta nella Penisola. Nei venti mesi seguenti, fino alla Liberazione della primavera del 1945, soffrono le città bombardate dall'aviazione alleata e le valli alpine teatro di azioni partigiane e rappresaglie naziste. Il vero campo di battaglia, però, sono le valli, i borghi e i crinali dell'Appennino. Tra il 1943 e il 1944 si combatte sulla Linea Gustav, tra Montecassino, la Maiella e la costa di Ortona. Nell'autunno e nell'inverno successivi gli scontri si spostano sulla Linea Gotica, che si allunga dalla Versilia verso i monti della Toscana e dell'Emilia, e scende all'Adriatico tra la Romagna e le Marche.
    In "Guerra in Appennino. 1943-1945, lotta per la libertà" Stefano Ardito, giornalista, scrittore e documentarista romano, racconta sedici momenti di quei mesi dolorosi, dalle battaglie aeree dell'estate 1943 fino alla liberazione di Genova e della Liguria alla fine di aprile del 1945. Nel libro compaiono momenti famosi come la liberazione di Benito Mussolini sul Gran Sasso, il bombardamento e le battaglie di Montecassino, le stragi naziste di Sant'Anna di Stazzema e Marzabotto. Hanno uno spazio altrettanto importante, però, episodi meno noti come l'epopea della Brigata Maiella, la guerra partigiana in Sabina, alle porte di Roma, e gli scontri sul Monte Morello che sorveglia il corso dell'Arno e Firenze. Sul Monte Marrone, in Molise, gli alpini che vanno all'assalto superando pareti e canaloni verticali sembrano ricreare la "guerra bianca" combattuta tra il 1915 e il 1918 sulle Alpi. Nella sua ricerca, Ardito racconta dell'arrivo sul fronte italiano di ufficiali e soldati da terre lontane: i polacchi che si sacrificano a Montecassino, e i brasiliani passati dal Tropico alla neve dell'Appennino emiliano. Un capitolo è dedicato ai Goumiers, i militari algerini, tunisini e marocchini dell'esercito francese, che contribuiscono a sfondare la Linea Gustav e poi compiono terribili violenze contro decine di migliaia di donne del Lazio. Una storia che Alberto Moravia, rifugiato sulle alture di Fondi, racconta nel romanzo La Ciociara. "Da decenni, sulle Alpi, la memoria della Grande Guerra è diventata anche un'attrattiva turistica" si legge nell'introduzione del libro. "Dalle Dolomiti all'Adamello, ogni estate, migliaia di escursionisti ripercorrono i sentieri e i percorsi attrezzati che toccano forti, trincee e tunnel, spesso ben restaurati". Per capire quel che è accaduto sull'Appennino tra il 1943 e il 1945, e che ha avuto un ruolo fondamentale nel costruire l'Italia libera e repubblicana di oggi, è utile percorrere le valli e i boschi dalla Liguria e dall'Emilia fino al Molise. Decine di itinerari, spesso poco conosciuti, consentono di esplorare i campi di battaglia delle Apuane e dell'entroterra di Genova, della Val d'Orcia e delle alture di Cassino. Uno dei più interessanti scavalca la catena della Maiella da Sulmona fino alle colline al confine tra l'Abruzzo e il Molise, che all'inizio del 1944 erano già state liberate dagli angloamericani. A percorrerlo per sfuggire alla deportazione in Germania, grazie all'aiuto degli antifascisti abruzzesi, è anche un giovane ufficiale originario di Livorno.
    Si chiama Carlo Azeglio Ciampi.