“Come segno di vicinanza ai tanti pazienti italiani affetti da Alzheimer e alle loro famiglia, e come segnale di vicinanza istituzionale ai tanti medici e ricercatori che ogni giorno lottano contro questo male abbiamo chiesto di illuminare la facciata dei palazzi istituzionali nella serata del 21 settembre di viola, colore del ‘non ti scordar di me’, fiore simbolo della malattia”. Lo hanno annunciato la senatrice Beatrice Lorenzin e l’onorevole Annarita Patriarca, presidenti dell’intergruppo Parlamentare Alzheimer e Neuroscienze, alla vigilia della Giornata mondiale dedicata alla malattia che si celebra il 21 settembre.
La malattia di Alzheimer è la più comune forma di demenza. Insorge più frequentemente dopo i 65 anni di età e colpisce più spesso le donne. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza e si stima il numero possa raggiungere i 78 milioni entro il 2030. In Italia, secondo stime dell’Istituto Superiore di Sanità, circa un milione e 100 mila persone soffrono di demenza; tra essi, 600mila sono malati di Alzheimer.
Nel campo dell’Alzheimer “cominciamo a intravedere una qualche soluzione, ma i problemi restano ancora grandi. Mentre cerchiamo di risolverli, quest’anno per la Giornata Mondiale ci focalizziamo sulla riduzione del rischio. Ci sono nuovi dati, infatti, che suggeriscono che ci potrebbe essere un rallentamento o addirittura una diminuzione dei casi del 40%. Se pensiamo che nel 2050 raggiungeremo i 139 milioni di casi nel mondo, ciò equivale a una riduzione di 55 milioni di casi”, ha affermato Paola Barbarino, Ceo Alzheimer Disease International, la federazione internazionale delle associazioni per l’Alzheimer e la demenza di tutto il mondo, durante una conferenza stampa al Senato, promossa dall’intergruppo Parlamentare Alzheimer e Neuroscienze. È possibile ottenere questo risultato, ha affermato Barbarino, intervenendo su 12 fattori di rischio. “Per alcuni di essi è necessario agire come società, per esempio la mancanza di istruzione o l’inquinamento. Il resto possiamo farlo noi: mangiando meglio, non fumare, bere con moderazione, fare esercizio”. Resta tuttavia il problema della consapevolezza: “Troppo pochi sanno che usare l’apparecchio per l’udito o evitare di isolarsi continuando a socializzare anche da anziani sono strategie efficaci per ridurre il rischio di Alzheimer. Inoltre, nel nostro rapporto mondiale del 2019 abbiamo scoperto che il 62% degli operatori della salute nel mondo pensano che demenza e l’Alzheimer non siamo malattie, ma conseguenze dell’invecchiamento. È un grande problema su cui dobbiamo lavorare”, ha concluso Barbarino.