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Intelligenza artificiale, spettro delle macchine sul cinema


di Daniela Uva Mentre negli Stati Uniti gli attori di Hollywood hanno scioperato per mesi, in Italia si inizia a discutere dei pericoli dell'intelligenza artificiale nel settore audiovisivo. La nuova tecnologia viene in parte già usata, soprattutto nel campo degli effetti speciali, ma ci sono lavori intellettuali, come quello degli attori, dei doppiatori e degli sceneggiatori, che temono un crollo dei livelli occupazionali e della qualità. Se ne è discusso questa mattina nel corso della giornata conclusiva di Ade, Apulia digital experience 2023, la conferenza internazionale made-in-Italy dedicata all'innovazione digitale nelle industrie creative, in programma all'Apulia film house di Bari e organizzata da Apulia film commission e Rai Com.
    "C'è grande preoccupazione - conferma Massimo Giuliani, attore e doppiatore -. E questo non solo nel nostro settore".
    Giuliani parla di una "geniale macchina a orologeria che può creare danni micidiali". Soprattutto nel cinema, nel quale a soffrire potrebbero essere lavori propriamente intellettuali, ma anche quello dei montatori. "Temiamo ricadute occupazionali - spiega Giuliani - ma anche culturali, che sarebbero più gravi.
    Una macchina non è in grado di dare emozione perché non ha un'anima". Per questo ora più che mai bisogna "puntare tutto sulla qualità e sull'arte".
    Fra i settori considerati in pericolo c'è quello della sceneggiatura, anche se gli addetti ai lavori per ora ritengono che il loro lavoro sia al sicuro, perché impossibile da replicare con un algoritmo. Come sindacato della categoria - chiarisce Giorgio Glaviano, presidente di Writers guild Italia - stiamo studiando il fenomeno e ci siamo resi conto che al momento la resa dell'intelligenza artificiale è poco più che piatta". Il risultato è, quindi, abbastanza banale perché, evidenzia, "non si tratta di un'intelligenza generativa, ma solo combinatoria". Quanto ai timori sul prossimo futuro, "in pericolo c'è la catena dei diritti d'autore - conclude - ma un computer non può raccontare ciò che fa emozionare, perché il calore di un'emozione o di un ricordo non può essere codificato.
    Da questo punto di vista quindi il nostro lavoro non è immediatamente in pericolo".